All’Istituto ortopedico milanese c’è un vero e proprio reparto gestito autonomamente dalle professioni sanitarie in cui si fa clinica e formazione. La parola al direttore del servizio: “Da noi passano ogni anno più di 5mila pazienti e ci sono 75 studenti che fanno tirocinio. Ci sono ampi spazi per allargare le competenze delle professioni sanitarie e non a discapito delle competenze mediche. Ma il punto è che serve una visione illuminata”.
03 LUG – Un vero e proprio reparto di assistenza e docenza all’interno di un Irccs sede del C.di L in Podologia dell’Università Statale di Milano totalmente diretto da un professionista sanitario. Un reparto da cui ogni anno passano più di 5000 pazienti e dove ci sono 75 studenti che fanno il loro tirocinio coordinati da un responsabile e 8 assistenti. Un vero e proprio unicum nel panorama italiano quello del servizio di Podologia del Irccs Galeazzi di Milano che rappresenta anche un esempio concreto e positivo d’implementazione delle competenze e di estensione dell’autonomia professionale. Ma a spiegarci meglio la storia, il funzionamento e anche cosa accade in altri paesi europei è il direttore del servizio e Professore di Podologia Univ. degli Studi di Milano, Antonio Serafin.
Direttore, in anni in cui è in atto un ampio dibattito sull’implementazione delle competenze avanzate delle professioni sanitarie il suo reparto rappresenta un esempio pratico come non se ne trovano. Ci racconta com’è stato possibile.
Ha ragione, mi sento di dire che siamo un’isola felice conoscendo il panorama italiano. Ma tutto ciò è possibile grazie al fatto che tutti gli attori convolti, dall’Irccs all’Università, hanno saputo incontrarsi e dare vita ad un vero e proprio reparto clinico dove assistiamo più di 5000 pazienti l’anno e dove gli studenti svolgono il tirocinio
Quando nasce il servizio?
Il progetto di dar vita ad un servizio specifico specialistico e gestito autonomamente dalla professione nasce nel 2000 e in questi anni si è potenziato anche strutturalmente, perché i reparti non devono essere solo sulla carta ma devono poi avere le attrezzature, le strutture, e il personale adeguato per la gestione del servizio che è sia di analisi dei pazienti, e di prevenzione e ricerca, sia di formazione.
Quanti siete a lavorare nel reparto e con che mezzi?
Nel reparto, oltre a me, lavorano otto assistenti e ci sono ogni anno 75 studenti che fanno il tirocinio. Ma soprattutto abbiamo le strutture, ci sono laboratori ortesiologici e 1 di ricerca biomeccanica con strumentazioni avanzate e sei ambulatori per i trattamenti. In questo contesto, devo dirle che ho mutuato molto dai miei studi all’Ospedale Podologico dell’Università di Barcellona, in Spagna, dove esistono delle vere e proprie cliniche specializzate gestite dai podologi e dove si fa anche prevenzione e lo stesso avviene in Inghilterra. Lì, ma come in altri paesi europei, da questo punto di vista stanno puntando forte in questa direzione
Dal suo punto di vista, mi viene da dire, privilegiato, cosa pensa del dibattito che si è scatenato intorno alle competenze avanzate a partire dal comma 566?
Come le dicevo prima siamo in un’isola felice e di questo devo ringraziare l’Istituto Galeazzi e l’Università di Milano che hanno creduto nelle potenzialità del progetto. Ma è anche grazie ai risultati positivi in termini di prevenzione, cura e formazione che abbiamo registrato, che il reparto ha assunto un ruolo all’interno della struttura. Venendo alla sua domanda. A mio avviso ci sono ampi spazi per allargare le competenze delle professioni sanitarie e non a discapito delle competenze mediche. Ma il punto è che serve una visione illuminata che spesso latita, purtroppo, tranne che in pochi casi.
Luciano Fassari
fonte quotidianosanita.it