La maggior parte delle donne che partoriscono sono sane, hanno una gravidanza fisiologica, vanno incontro a travaglio spontaneo e danno alla luce un neonato dopo la 37a settimana di gestazione. Tuttavia, come afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «anche in assenza di reali fattori di rischio continuiamo a mantenere modelli organizzativi che medicalizzano gravidanza e parto, a dispetto di evidenze scientifiche che dimostrano che per la maggior parte delle gravidanze fisiologiche non ci sono benefici materni e neonatali per scegliere la sala parto, dove il travaglio è oggi caratterizzato da troppi interventi ostetrico-ginecologici, divenuti routinari, ma spesso inappropriati».
«In particolare – continua Cartabellotta – il Ssn dovrebbe garantire a tutte le donne la libertà di scegliere, nell’area del proprio domicilio o nelle immediate vicinanze, dove partorire in sicurezza: oltre alla sala parto in ospedale pubblico o in struttura privata, anche a casa propria e nei centri nascita a gestione esclusivamente ostetrica, sia fuori (freestanding) che dentro (alongside) l’ospedale. Ovviamente, prevedendo protocolli condivisi per trasferire la donna, quando necessario, verso le Uo di Ostetricia e Ginecologia».
Secondo il “Certificato di assistenza al parto (CeDAP). Analisi dell’evento nascita” del ministero della Salute, i dati rilevati per l’anno 2011 evidenziano che, in Italia, meno dello 0,1% dei parti avviene a domicilio o in altra struttura non ospedaliera, pubblica o privata. Il dato è confermato dal fatto che, a oggi, l’offerta di centri nascita a gestione ostetrica si conta sulle dita di una mano sia per i freestanding che per gli alongside.
«Invece di avviare un confronto multi-professionale sulla riorganizzazione del percorso nascita basata su criteri di appropriatezza clinica e orientato dai reali bisogni della donna – conclude il presidente – il dibattito politico, manageriale, professionale e sociale ripropone continuamente le stesse criticità: la strenua difesa dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, i tassi di parti cesarei che in tutte le Regioni del centro-sud oscillano tra 35% e 65%, nonostante anni di Piano di rientro, dimostrando l’inefficacia di questo strumento nel favorire la riorganizzazione dei servizi e i rischi medico-legali, sicuramente reali, ma inevitabilmente condizionati dall’eccessiva medicalizzazione del parto».
Le migliori evidenze scientifiche recentemente sintetizzate dal National institute of clinical excellence (Nice) oggi consigliano alle donne a basso rischio di partorire, previa disponibilità di un’assistenza ostetrica 1:1, al proprio domicilio o in un centro nascita (esterno all’ospedale, o adiacente alla sala parto), dove la percentuale di interventi ostetrico-ginecologici è più bassa e gli esiti neonatali sono di fatto sovrapponibili a quelli della sala parto. La sintesi in italiano delle linee guida Nice per l’assistenza a partorienti sane e neonati e per la scelta del setting del parto – realizzata dalla Fondazione Gimbe – è disponibile a: www.evidence.it/linee-guida-parto .
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