Finalmente in Gazzetta l’attesissimo regolamento previsto dalla spending review del 2012. Operativo il nuovo standard p/l abitante e riclassificati gli ospedali che saranno suddivisi in tre livelli funzionali/strutturali. Soglie minime per volumi ed esiti. Dai nuovi standard attesi 3mila pl in meno, ma per la Cgil saranno almeno 10mila i posti letto in meno con i nuovi parametri. IL TESTO DEL REGOLAMENTO
05 GIU – Approda in Gazzetta il “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, previsto dalla spending review del 2012 (legge 135).
Il testo è frutto di un lavoro di anni, con diversi tira e molla tra Governo e Regioni, ma ora è finalmente operativo.
Ecco una sintesi delle principali misure previste per il riassetto della nostra rete ospedaliera pubblica e privata accreditata.
Con nuovi standard 3.000 letti in meno. Il Regolamento applica il nuovo parametro posti letto abitante previsto dalla spending review del Governo Monti e, come scritto nella relazione tecnica ai nuovi Lea, ci si aspetta una riduzione di 3mila posti letto in base ai nuovi standard del 3 per mille per gli acuti e dello 0,7 per mille per la lungodegenza e riabilitazione.
Tasso occupazione al 160 per mille e degenza media sotto i 7 giorni. Nelle previsioni del regolamento anche il ritocco del tasso di ospedalizzazione che si punta a fissare sulla soglia del 160 per mille di cui il 25% dedicato ai ricoveri in day hospital (indicati anche per disciplina e specialità clinica) e all’indice di occupazione dei posti letto che si dovrà attestare sul valore tendenziale del 90% con una durata di degenza per i ricoveri ordinari inferiore mediamente ai 7 giorni.
Novità anche per le case di cura private. Dal 1 gennaio 2017 non potranno più essere accreditate quelle con meno di 60 letti per acuti, tranne per le monospecialistiche che saranno oggetto di valutazioni delle singole regioni. Un traguardo a cui si arriverà però gradualmente prevedendo una finestra temporale fino a quella data per consentire alle case di cura più piccole della stessa regione di raggrupparsi, così da superare la soglia minima per l’accreditamento. In ogni caso restano fuori dalla partita le case di cura con meno di 40 letti che non potranno essere prese in considerazione per i raggruppamenti e con le quali non si potranno in ogni caso fare più convenzioni a partire dal 1 luglio 2015.
Ma con questo regolamento, al di là di indici e standard è tutta la rete ospedaliera ad essere oggetto di un profondo rinnovamento.
Tre livelli di ospedale. Dalla classificazione degli ospedali per complessità e intensità di cura dividendoli in 3 livelli: di base, con un bacino d’utenza tra gli 80.000 e 150.000 abitanti; di 1° livello tra gli 150.000 e i 300.000 abitanti e di 2° livello tra i 600.000 e 1.200.000 abitanti.
Soglie minime per volumi ed esiti. All’indicazione di “soglie minime” per volumi ed esiti delle cure ospedaliere, sia nel pubblico che nel privato accreditato, quali indicatori cogenti per il processo e la conferma degli accreditamenti e l’eventuale riconversione della rete ospedaliera regionale.
Clinical governance. Vengono poi rimodulati gli standard di qualità per i singoli presidi basati sulla clinical governance, dalla gestione del rischio clinico alla formazione del personale e alla valutazione della qualità delle cure.
Standard e reti. Vengono poi ridefiniti gli standard organizzativi, strutturali e tecnologici generali dei presidi e quelli specifici per le alte specialità.
Nascono le “reti ospedaliere” per le grandi patologie, dall’infarto all’ictus, ma anche per le malattie rare, l’oncologia e la pediatria. In tutto 10 reti ospedaliere dedicate per ottimizzare la risposta terapeutica e assistenziale per altrettante aree terapeutiche.
Infarto, traumi e ictus e il fattore “tempo”. In questa fase ci si è però limitati a indicare alcuni riferimenti precisi solo per le reti cosiddette “tempo dipendenti” ovvero laddove il fattore tempo è fondamentale per la riuscita degli interventi. Ne sono state individuate tre: quella per l’emergenza cardiologica (infarto), quella per i traumi e quella per l’ictus.
Una nuova rete d’emergenza. Vengono poi ridefiniti i criteri per l’intera rete dell’emergenza urgenza, dal 118, ai punti di primo intervento, fino alla definizione dei diversi tipi di Pronto soccorso sia per bacini di utenza che per tipologia geografica del sito prevedendo indicazioni specifiche per le sedi ospedaliere in zone particolarmente disagiate. Individuati i diversi livelli di DEA (1° livello “Spoke” e 2° livello “Hub”) e i rapporti con la continuità assistenziale.
Continuità ospedale-territorio. Ma “la riorganizzazione della rete ospedaliera cui è finalizzato il presente provvedimento sarà insufficiente rispetto all’esigenza di garantire una copertura piena dei bisogni assistenziali che richiedono un trattamento ospedaliero, se, in una logica di continuità assistenziale, non viene affrontato il tema del potenziamento delle strutture territoriali, la cui carenza, o la mancata organizzazione in rete, ha forti ripercussioni sull’utilizzo appropriato dell’ospedale”. Con questo incipit il regolamento dedica un paragrafo al tema della continuità ospedale–territorio sottolineando l’esigenza del collegamento dell’ospedale ad una centrale della continuità o altra strutture equivalente posta sul territorio di riferimento per la dimissione protetta e la presa in carico post ricovero, nonché la promozione della medicina di iniziativa e della Farmacia dei servizi, quale modello assistenziale orientato alla promozione attiva della salute, anche tramite l’educazione della popolazione ai corretti stili di vita, nonché alla assunzione del bisogno di salute prima dell’insorgere della malattia o prima che essa si manifesti o si aggravi, anche tramite una gestione attiva della cronicità, così come previsto dal nuovo Patto per la salute 2014-2016”. Ma non basta nel decreto si parla anche di “assicurare lo sviluppo dell’assistenza domiciliare palliativa specialistica”, attraverso il completamento degli hospice per assicurare “sul territorio l’accesso alle cure palliative domiciliari specialistiche”.
Gli ospedali gestiti dagli infermieri. Ultimo capitolo del regolamento quella sugli ospedali di comunità nell’ambito del processo di integrazione ospedale territorio per garantire la continuità delle cure e dell’assistenza. L’ospedale di comunità, al quale è affidato il compito di “interfacciarsi” con l’ospedale ordinario per la presa in carico di interventi sanitari potenzialmente erogabili a domicilio ma che necessitano del ricovero per impedimenti di varia natura (logistici o familiari) ad essere erogate a casa del paziente. Questi ospedali saranno gestiti dagli infermieri, avranno dai 15 ai 20 posti letto e l’assistenza medica sarà assicurata da medici di medicina generale o pediatri o da altri medici dipendenti o convenzionati con il Ssn secondo modalità scelte localmente. A livello gestionale questi ospedali faranno capo ai distretti sanitari
fonte
Quotidianosanita.it