Pur essendo pacifico che l’infermiere è l’operatore sanitario che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, l’atto di opposizione da parte del paziente nei confronti degli stessi non configura il reato di resistenza a pubblico ufficiale. A parte il caso di trattamento sanitario obbligatorio, l’attività medica infermieristica, sia essa svolta in forma privata o espressione di pubblico servizio, non assume caratteri coercitivi e si manifesta in controlli e prescrizioni cui il paziente volontariamente aderisce o meno. Il pubblico servizio medico non comporta un atto autoritativo diretto a sottoporre l’utente al controllo preventivo delle condizioni di salute o all’osservanza di quanto prescritto, ma si svolge in base alla libera determinazione di costui.
Pertanto, non può essere qualificata come resistenza, mancando un atto di ufficio cui il paziente si è opposto, la condotta consistente nell’aggressione all’infermiere che voleva tamponare il sangue uscito dalla flebo che si era staccata, afferrandolo per il camice e cercando di colpirlo più volte.i
n una moderna lettura degli art. 357 e 358 c.p. tutti i professionisti sanitari, medici e infermieri, possono alternativamente ricoprire la qualifica di P.U. e/o incaricati di pubblico servizio: è la specificità dell’attività, realizzata in quel momento e in quel contesto, da cui scaturisce la titolarità.
Ad es. il medico di guardia è un incaricato di pubblico servizio, nel momento in cui compila un certificato esercita funzione di P.U. e lo stesso infermiere, in servizio è un incaricato di pubblico servizio quando compila una scheda di triage riveste la qualifica di P.U.”.
La sentenza.
Tribunale di Trento, Sentenza del 04-12-2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
Il Tribunale, in composizione monocratica, presieduto dal Giudice dr. ENRICO BORRELLIalla pubblica udienza del 27.11.14 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale
CONTRO
C.J.C., nato in N. il (…), residente a P., fraz. V. nr. 96, codice CUI 03GJBTH,
arrestato in data 24. 11. 2014 alle ore 18.15, e detenuto presso le camere di sicurezza CC Borgo;
difeso dall’avv. S.B. del Foro di Trento;
LIBERO ASSENTE- Arrestato 24.11.14 – Scarcerato 27.11.14
imputato
a) delitto dell’art. 337 c.p. perché, mentre era in ospedale per essere curato da una intossicazione acuta da alcool, aggrediva l’infermiere B.M. che voleva tamponare il sangue che stava uscendo da una flebo che l’indagato aveva deciso in autonomia di staccarsi, lo afferrava per il camice, cercando di colpirlo più volte, ed, una volta intervenuta in aiuto del collega l’infermiera B.D., aggrediva anche questa, e le afferrava e stringeva con forza il polso destro per bloccarla provocandole le lesioni descritte di seguito;
b) delitto dell’art. 635, co. 2, n. 1, c.p. perché con il comportamento indicato al capo che precede danneggiava il camice dell’infermiere B.M. che veniva strappato durante l’aggressione;
c) delitto dell’art. 582 c.p. perché, con il comportamento indicato al capo a), cagionava a B.D. lesioni personali (contusioni polso sinistro) da cui derivava una malattia giudicata guaribile in gg. 0 s.c..
In Borgo Valsugana il 24. 11. 2014
Svolgimento del processo
A séguito di richiesta di convalida e di giudizio direttissimo, C.J.C. era tratto in giudizio innanzi al Tribunale di Trento, in composizione monocratica, per rispondere dei reati in rubrica. Convalidato l’arresto ed applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, su richiesta della difesa il processo era differito per l’eventuale risarcimento del danno, con formulazione di istanza di giudizio abbreviato ad opera dell’imputato medesimo.
Alla fissata udienza del 27.11.14, svoltasi nell’assenza dell’imputato – pur espressamente autorizzato a comparire – le parti concludevano come in epigrafe ed il giudice emetteva il dispositivo, letto in udienza.
Motivi della decisione
La condotta dell’imputato, quale descritta in rubrica, è oggetto di sua esplicita ammissione, resa nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Esa è inoltre provata dalla comunicazione di notizia di reato della Compagnia Carabinieri di Borgo Valsugana (TN) – NOR – Aliquota Radiomobile del 24.11.14 (con allegati), da cui si desume: che l’imputato era individuato in stato confusionale dovuto ad abuso di alcool nei giardini pubblici di Pergine Valsugana e, su richiesta, veniva condotto in ambulanza all’Ospedale di Borgo V.na; che, superate le prime fasi dell’accesso al Pronto soccorso, al momento di effettuare il prelievo emtatico previsto con l’ago-cannula, l’imputato aggrediva l’infermiere di turno e strattonava il suo camice danneggiandolo; che, intervenuti i Carabinieri, questi ultimi ottenevano il ristabilimento della situazione.
Capo A (art. 337 c.p.) Come segnalato dalla difesa, un atto di opposizione da parte del paziente nei confronti del medico o del personale infermieristico non configura resistenza, sulla base del principio di diritto espresso in termini dalla VI sezione della Cassazione, secondo cui “a parte il caso di trattamento sanitario obbligatorio, l’attività medica, sia essa svolta in forma privata, sia essa espressione di pubblico servizio, non assume caratteri coercitivi e si manifesta in controlli e prescrizioni, cui il paziente volontariamente aderisce o meno. In altri termini il pubblico servizio medico infermieristico non comporta alcun atto autoritativo diretto a sottoporre l’utente al controllo preventivo delle condizioni di salute o all’osservanza di quanto prescritto, ma si svolge in base alla libera determinazione di costui. (…) Pertanto non può essere qualificata come resistenza, mancando un atto di ufficio cui la ricorrente si è opposta, la condotta consistente nell’ aver usato violenza e minaccia al medico o all’infermiere ospedaliero, rifiutandosi di restare in barella, cosa che il medico le aveva chiesto per procedere ad ulteriori accertamenti. Simile richiesta, per quanto si è detto, non si configura come un ordine cui il paziente è tenuto ad obbedire, ma come un consiglio la cui osservanza è affidata al suo consenso spontaneo. E pertanto le violenze e le minacce alle quali l’imputata si è poi abbandonata si sono verificate una volta che l’atto di ufficio era stato ormai compiuto con la formulazione del consiglio e – sussistendone le condizioni – sono reati punibili autonomamente, ma non elementi costitutivi di quello di cui all’art. 337 c.p.” (Cass. 13.10.10, n. 37473, Padoan).
Si rileva che in giurisprudenza si rinviene anche un orientamento contrario, anch’esso in termini, del seguente tenore: “L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza (…) che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 337 c.p., per la violenza usata, nel corso di un ricovero per assunzione di LSD, nei confronti di E.R., infermiere di turno presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale impedendogli di prestare le cure del caso (…) Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 337 c.p.p. sotto due profili. Da un lato la sentenza impugnata non ha considerato che la figura dell’infermiere va inquadrata nella categoria di cui all’art. 359 c.p. (persone esercenti un servizio di pubblica necessità) e non si è soffermata ne’ sul ruolo dell’infermiere … ne’ sugli atti che stava compiendo nei confronti dell’imputato. Dall’altro lato la pronuncia della Corte di appello non ha messo in dubbio che l’imputato si sia autonomamente recato al Pronto Soccorso e che il rifiuto di cure volontariamente richieste non può essere in sé considero illegittimo (salvo ad essere punibile laddove si esprima in atti violenti alla stregua della norma che punisce il reato di lesioni). Così che la condotta contestata non può essere qualificata come opposizione ad un atto del pubblico servizio. (…) Il Collegio (…) non ricorrendo le condizioni per una pronuncia di annullamento senza rinvio per ragioni di merito rileva che successivamente alla sentenza di condanna impugnata con il ricorso è maturata la prescrizione del reato” (Cass. 26.4.06, D’Amico).
Nel caso in esame si osserva: che, per interpretazione consolidata, è pacifico che l’infermiere è l’operatore sanitario che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio; che l’imputato non era in TSO sicché il suo accesso all’ospedale e la sottoposizione alle cure mediche era da considerare se non volontario, quanto meno non obbligatorio, non sussistendo un T.S.O.
Detti elementi inducono ad escludere che una condotta ostativa e di opposizione sia rilevante ai fini del contestato reato, fermi restando le ulteriori fattispecie di reato, nel caso ricorrenti.
Restanti reati. Dalla richiamata CNR, ed in particolare dalle s.i.t., dalla querela e dalla certificazione medica emerge la commissione dei restanti reati contestati. Sulla sussistenza del reato di lesioni volontarie e non già di percosse va richiamato il tralatizio orientamento giurisprudenziale sul punto da ultimo: “In tema di lesioni personali, integra la malattia di cui all’art. 582 cod. pen. il trauma contusivo, ancorché privo di alterazioni di natura anatomica, purché caratterizzato da alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico, ovvero una apprezzabile compromissione delle funzioni dell’organismo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata nella parte in cui ha desunto la prova della malattia anche dalle dichiarazioni della persona offesa circa il forte dolore avvertito). (Cass. sez. 5, n. 40978 del 06/05/2014 – dep. 02/10/2014, Savarino, Rv. 260488).
Tutti i riferiti elementi determinano la penale responsabilità dell’imputato per i contestati reati.
Ex art. 133 c.p. l’entità della pena è così commisurata: ritenuto più grave il reato di danneggiamento aggravato, pena base mesi 6 di reclusione; aumento per continuazione (per identità di disegno criminoso) per il reato di lesioni personali a mesi 6 gg. 6 di reclusione; riduzione per rito a mesi 4 gg. 4 di reclusione; sostituzione della pena detentiva nella libertà controllata per mesi 8 gg. 8.
L’applicazione di una sanzione sostitutiva comporta la cessazione della misura cautelare in corso, con conseguente immediata liberazione dell’imputato se non ristretto per altra causa.
Il complessivo numero dei processi assunti in decisione dal giudicante induce a fissare in gg. 40 il termine per il deposito della sentenza.
Ex art. 130 c.p.p., nel dispositivo, dove si legge “controllata” si legga in correzione “controllata; spese e tasse”.
P.Q.M.
Visto l’art. 442 c.p.p.
dichiara l’imputato colpevole dei reati sub B e C in continuazione fra loro e lo condanna alla pena di mesi 4 gg. 4 di reclusione; sostituiti in mesi 8 gg. 8 di libertà controllata; spese e tasse;
assolve l’imputato dal reato di cui al capo A perché il fatto non sussiste;
dispone la liberazione dell’imputato se non ristretto per altro;
motivazione gg. 40.
Così deciso in Trento, il 27 novembre 2014.
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2014.
Redazione NurseNews.Eu