Prof. Mauro Di Fresco:
Gentile Direttore Nurse24, ha la piena solidarietà dell’A.A.D.I. e non tema nessuna ritorsione o riprensione perché Le garantisco che l’A.A.D.I. è più referenziata del collegio ipasvi del Sig. Lebiu (visto che si ostina a chiamarmi semplicemente Di Fresco) anche perché di alcuni collegi ne potremmo anche fare a meno.
Altri collegi, come quello di Ascoli, si autoreferenziano perché i membri sono preparati, leali, poco sofisticati e altezzosi; affrontano la realtà e non la mistificano.
Se il Sig. Lebiu vuole un giornale di regime, se lo faccia e lasci stare chi non ha paura di alzare la testa.
Le risorse non gli mancano, potrebbe tranquillamente delirare nelle sue pagine private.
Ha il coraggio di dire a noi che siamo autoreferenziati, invece loro che con l’art. 49 del regio decreto ipasvi si sono messi la dignità degli infermieri sotto i piedi, cosa sono? Pensano che chi viene sfruttato per colpa dell’art. 49 pensi a loro come dei salvatori? Come si sono permessi di stilare un codice deontologico senza coinvolgere le rappresentanze degli infermieri e i sindacati?
Non pensavano ai danni che l’art. 49 avrebbe causato sul posto di lavoro?
Pensate a chi stiamo in mano.
Si sono arrogati dei poteri che nessuno gli ha dato. Stanno creando problemi ai colleghi e ai sindacati seri che tentano invano di tamponare uno sfruttamento che l’ipasvi giustifica con un codice nemico oltre che anacronistico.
Se non avesse il timbro ipasvi, giurerei che fosse opera dell’associazione dei direttori generali ospedalieri e dei magnati delle case di cura.
Le cause di cui si vanta non sono farina del suo sacco. Conosco molto bene le infermiere che hanno perorato le cause in Sardegna e una buona parte del contenuto dei loro ricorsi proviene dalle mie slide pubblicate su internet; inoltre gli avvocati sono stati pagati dalle infermiere e non dall’ipasvi.
Per quanto mi riguarda anche se l’ipasvi avesse patrocinato in proprio mille cause, non sarei soddisfatto visto che nel 2015 assistiamo ancora a situazioni da terzo mondo e questo non può che avere un motivo: il passivo menefreghismo dell’ipasvi degli ultimi 40 anni.
Nel 2015 avremmo dovuto parlare del demansionamento come storia della medicina, collocandolo nei musei, invece è un fenomeno attuale che sta dilagando sempre più.
Voglio ricordare che quando nel 1994 fui sospeso per non aver portato una tazza di tè ad un paziente, non solo il Dott. Gennaro Rocco, presidente del collegio di Roma, non mosse un dito per difendermi, ma riuscì a sostenere la nomina del presidente dell’associazione caposala della regione Lazio, Dott. Alberto Prezzolini, all’interno della Commissione di indagine ospedaliera che dopo una farsa, decise di sospendermi.
I documenti parlano chiaro e parlarono ancora meglio quando il T.A.R. Lazio annullò tutto.
Le lettere firmate dall’avv. Salvatore Carruba sulla carta intestata dell’Ipasvi di Roma e dell’avv. Nicola Ferraro della federazione ipasvi, tutte a sostegno delle mie legittime lamentele, sono rimaste carta straccia, anzi, dopo quelle lettere agli avvocati fu tolto il mandato di rispondere autonomamente alle lettere.
Se queste verità vogliono essere celate, continuino a farlo dalle loro riviste (che stampano con i nostri soldi) ma non possono chiudere la bocca alla libertà dell’informazione.
Noi, continueremo a urlare e il futuro ci darà ragione.
Repliche.
http://www.aadi.it/wp-content/uploads/2015/08/Ma-quanto—-delicato-il-dott.-Lebiu.pdf