di Luisa Perego
Uno studio italiano spiega come prevenire di contrarre il citomegalovirus in gravidanza. Le mamme che seguono alcune norme igieniche come lavarsi frequentemente le mani, non baciare i bambini piccoli sulla bocca o sulla faccia, non condividere stoviglie, biancheria, cibo o bevande, evitano l’infezione responsabile di sordità e ritardo psicomotorio congenito.
Lavarsi frequentemente le mani, non baciare i bambini piccoli sulla bocca o sulla faccia, non condividere stoviglie, biancheria, cibo o bevande. Più in generale, non portare alla bocca qualunque cosa potesse essere stata nella bocca del bambino (ciuccio, manine e piedini inclusi). Queste le norme igieniche da seguire per diminuire il rischio di contrarre il citomegalovirus in gravidanza. Uno studio italiano, realizzato dall’ospedale Sant’Anna di Torino e dal Policlinico San Matteo dell’Università di Pavia, dimostra che una donna incinta ben informata sulle norme igieniche da seguire è in grado di evitare l’infezione.
La scoperta ha avuto un risalto mondiale ed è stata pubblicata sulla rivista internazionale EBioMedicine, una nuova rivista di medicina nata dalle redazioni di The Lancet e Cell Press.
Citomegalovirus: che cosa è
Il citomegalovirus (CMV) è il principale agente infettivo responsabile di sordità e di ritardo psicomotorio congenito. Si stima che ogni anno circa 40.000 bambini negli Stati Uniti, 35.000 in Europa e 2.000 in Italia nascano con l’infezione congenita (cioè contratta durante la gravidanza). Il 10 – 20% di questi bimbi (in Italia circa 200 – 400) viene alla luce già sintomatico o svilupperà sintomi più o meno gravi nei primi anni di vita, un numero analogo a quello dei nati con la molto più nota sindrome di Down.
Per ragioni legate alle caratteristiche del virus, il citomegalovirus è spesso presente nelle urine e nella saliva dei bambini al di sotto dei 3 anni di vita. Infatti una delle frequenti modalità di infezione avviene quando si portano inavvertitamente alla bocca mani o oggetti contaminati. Per questo le donne incinte che hanno frequenti contatti con bimbi piccoli rischiano maggiormente di contrarre la malattia. Circa i due terzi di tutte le infezioni primarie avvengono infatti in donne alla seconda gravidanza o alle successive.
L’obiettivo della ricerca era quello di valutare l’efficacia e l’accettabilità di un intervento basato sull’identificazione, all’inizio della gravidanza, delle donne ad alto rischio di infezione da citomegalovirus (Cmv) e sulla loro informazione.
Lo studio è stato fatto su 9mila gestanti. Mentre nel gruppo di controllo (madri in attesa non informate) 9 donne su 100 hanno contratto l’infezione da Cmv, solo una su 100 l’ha sviluppata nel gruppo che aveva ricevuto informazioni ad hoc. Chiamate ad esprimere un giudizio alla fine dello studio, il 93% delle donne ha ritenuto che l’impegno richiesto per seguire le norme igieniche raccomandate fosse del tutto proponibile alle donne a rischio di infezione.