L’analisi sui bilanci degli ospedali italiani fatta dall’Agenas ha evidenziato un deficit di 915 milioni di euro, la maggior parte delle perdite è stata registrata nei nosocomi del Lazio, del Piemonte, della Toscana, della Sardegna e della Calabria
di Giovanni Pulvino (REDNEWS)
L’Agenzia per i servizi sanitari regionali ha analizzato i bilancio degli ospedali di 14 regioni, tutte le più importanti tranne Veneto ed Emilia Romagna. Le strutture con i deficit di bilancio più consistenti sono 29 e tutti insieme totalizzano una perdita di 915 milioni di euro. Di questi nove grandi ospedali si trovano nel Lazio, quattro in Toscana, altrettanti in Piemonte e Calabria, due in Liguria, uno ciascuno nelle Marche, in Sardegna e in Campania.
In questa classifica gli ospedali delle regioni meridionali sono tra i più virtuosi, fanno eccezione la Calabria e la Sardegna che registrano rispettivamente una perdita di 40,537 milioni di euro e di 55,790 milioni di euro. Il deficit più alto si registra invece negli ospedali del Lazio, che da soli hanno generato una perdita di 707 milioni di euro.
Per capire le ragioni del disavanzo l’Agenzia ha messo a confronto quattro ospedali. Il San Camillo di Roma che ha subito una perdita di 158 milioni di euro e gli Ospedali Riuniti di Ancona che invece hanno chiuso in leggero attivo. Le due strutture hanno un numero di posti letto simili, circa mille, ma mentre gli addetti nel primo sono 4.148, nel secondo sono 3.461. Inoltre gli ‘amministrativi’ nell’ospedale laziale sono il doppio della media e le spese correnti che ha dovuto sostenere nel corso dell’ultimo esercizio raggiungono gli 80 milioni di euro, mentre in quello di Ancona sono state ‘appena’ 45 milioni di euro. Secondo l’Agenas la ragione principale di questa differenza è che a Roma la maggior parte dei contratti per i servizi ospedalieri sono stati stipulati senza fare gare d’appalto e questo ha determinato un notevole ed ingiustificato incremento dei costi.
L’Agenzia ha poi messo a confronto gli ospedali di Cosenza ed il Cannizzaro di Catania. Il primo ha fatto registrare un deficit di 8,5 milioni di euro, mentre il secondo è in leggero attivo. Anche in questo caso il numero di dipendenti ‘amministrativi’ del nosocomio cosentino è nettamente superiore rispetto a quello catanese.
Insomma, nei nostri ospedali se da un lato mancano infermieri e medici, dall’altro abbondano gli ‘amministrativi’ e nello stesso tempo si ‘esagera’ con le spese correnti, specie quando queste sono affidate ai terzi senza fare gare d’appalto.
Ora il governo intende porre rimedio a queste ‘incongruenze’ e nella legge di stabilità interviene imponendo ai direttori generali dei nosocomi l’obbligo di presentare un piano di rientro in tre anni, che sarà successivamente monitorato dallo stesso ministero della Salute e se il risanamento non si verificherà decadranno