19 novembre 2015, ore 11:28 Ora si risponde col proprio patrimonio
Una scure si è abbattuta sugli amministratori ‘furbetti’ delle società pubbliche, ovvero partecipate da uno o più Enti locali quali Comuni, Province e Regioni, meglio conosciute come municipalizzate. Con la sentenza n. 279 del 2015, la Corte dei Conti, Tribunale specializzato nell’analisi dei conti degli Enti pubblici, ha stabilito che i dirigenti e i responsabili che fanno parte degli organi interni delle municipalizzate debbono risarcire col proprio patrimonio personale le spese e spesucce sostenute illegittimamente: non solo i soldi indebitamente percepiti, ma anche le somme relative ad appalti e altre spese dell’ente di cui hanno la responsabilità. Per di più questa “responsabilità erariale”, così c’è scritto nella sentenza, potrà essere fatta valere anche nei casi in cui l’esborso non rientri in una “ipotesi perseguibile penalmente”, ma costituisca anche solo un comportamento “caratterizzato da colpevolezza e superficialità”.
I magistrati, si riferiscono ai casi che vengono definiti in gergo tecnico di “chiamata in causa a titolo di sola responsabilità amministrativa”. Detto in parole povere, se c’è stata una spesa “impropria” di soldi pubblici, chi ha firmato l’atto, indipendentemente dal fatto che rischi o meno anche la galera, potrà d’ora in avanti essere condannato comunque a restituire gli importi delle spese non dovute, oltre a interessi e spese legali, sborsando i soldi di tasca propria.
MUNICIPALIZZATE VISTE COME UFFICIO PUBBLICO
Per la prima volta nella storia del diritto italiano la Corte dei Conti si è dichiarata competente non più solo sulle elargizioni “allegre” di sindaci, assessori e funzionari comunali, ma anche su quelle di Amministratori Delegati, Presidenti, dirigenti e degli eventuali Organi interni delle municipalizzate italiane. O, almeno, in tutti casi in cui la società pubblica sia davvero “in house”, ovvero una società pubblica.
Ciò, si realizza quando sussistono contemporaneamente tre criteri, scrivono i magistrati, ovvero che “sia composta, anche solo parzialmente, da Enti pubblici; svolga attività rivolte a favore dei soci; il controllo sulla società corrisponda a quello esercitato dall’Ente pubblico sui propri Uffici”. In questi casi, si legge ancora nella sentenza: “le società in house hanno della società solo la forma esteriore, ma costituiscono in realtà delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi e come tali tenuti al rispetto dell’assoluta trasparenza nella gestione delle spese, conti, appalti e sub-appalti.”
STRANE SPESE E APPALTI FURBI: ORA PAGHI
In particolare, con questa nuova sentenza a finire sotto la lente d’ingrandimento della Corte dei Conti sono tutti i lavori e lavoretti che gli amministratori di una società pubblica affidano a persone o società esterne, appunto “concessioni, appalti e sub appalti.” “Ne consegue – scrivono ancora i magistrati – che i dirigenti ed Organi interni delle municipalizzate, assoggettati come sono a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società private, da rapporti di natura negoziale instaurati con la medesima società. Ma sono legati alla sfera pubblica da un rapporto di servizio, come accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico.”E, come tali, sono tenuti nella gestione di conti, spese, appalti e sub-appalti, al rispetto assoluto dei principi di “imparzialità, terzietà ed efficienza”.
UNA VICENDA CHE PARTE DA LATINA
In particolare, la vicenda giudiziaria che ha portato a questa sentenza ha riguardato l’affidamento in convenzione da parte di una Municipalizzata del Comune di Latina, la Terme di Fogliano spa, ad altra società privata, del compito di realizzare uno stabilimento termale e, successivamente, di due nuovi pozzi per la ricerca sulle acque oligominerali. Uno “strano” appalto che ha comportato la condanna erariale, ma non penale, del Presidente del Consiglio di Amministrazione che ha causato un danno alle casse del Comune di Latina.
Sentenza