Gentile direttore,
in seguito alla sospensione dei medici di Bologna si riaccendono i riflettori sulla questione infermieristica, ed in particolare sulle tanto chiaccherate “competenze avanzate”. A questo proposito vorrei esprimere la mia opinione ritenendo la professione infermieristica il pilastro portante su cui si è poggiato da sempre tutto il sistema sanitario nazionale. Di continuo l’infermiere ha colmato le carenze del personale non solo infermieristico, ma anche di quello di supporto.
Così facendo ha dovuto compiere atti demansionanti, sobbarcandosi di lavoro altrui e svilendo la propria dignità professionale. Sappiamo tutti quanto incide la voce “Personale” sul bilancio aziendale e di tutto l’ apparato sanitario nazionale, ma, purtroppo nel momento in cui si inizia a parlare di ufficializzazione delle “competente avanzate” (che in realtà di avanzato non hanno nulla in quanto vengono svolte dagli infermieri da sempre ma in maniera non riconosciuta,quindi in sordina) si alza un polverone di polemiche da parte di tutta la compagine sanitaria che “teme” una confusione di ruoli.
Da qui tutti a screditare la figura degli infermieri: “mini medici”, “medici bonsai”, “personale discount” e via dicendo. E’ evidente che queste scomode e famigerate “competenze avanzate” non sono richieste dalla categoria infermieristica, come in passato e tutt’oggi non sono state volute le “competenze arretrate”, bensì dallo stesso sistema che, trovandosi continuamente in difficoltà, cerca di ristabilire un ordine attraverso manovre di spending review, così, se da un lato si possono avere infermieri che svolgono il lavoro proprio e di altre figure professionali, con un grande risparmio economico ed in termini di assunzioni, perchè non poter ulteriormente allargare le competenze, gravando ancora una volta lsule spalle degli infermieri, sempre per il principio di economicità?
Inoltre è importante sottolineare che il personale ausiliario specializzato (OSS), carente se non completamente assente in alcune realtà, gestisce a casa pazienti complessi in completa autonomia, senza la supervisione dell’infermiere (vedi delibere di varie regioni).
Alla luce di tutto ciò noi potremmo lamentare confusione di ruoli ed “invasioni di campo”. In questo caso però non possiamo “godere” di un certo risparmio, in quanto, personale non laureato ma formato con corsi regionali incentrati sulla gestione dell’assistenza di base, svolge attività complesse allo stesso “prezzo” del personale altamente formato e specializzato senza averne le competenze.
A questo punto bisognerebbe fermarsi ed interrogarci: c’è realmente un problema negli ingranaggi di quel macchinario complesso che è la sanità?Siamo di fronte ad una reale confusione di ruoli?
Ci ritroviamo su una barca troppo carica solo da un lato, e man mano ci incriniamo sempre di più…e purtroppo andando a navigare così il destino potrà essere solo il naufragio. Il sistema oggi è nettamente sbilanciato, e solo un buon capitano potrà riportare il vascello sulla retta via…così è compito dello Stato, dei collegi e dei sindacati ristabilire un equilibrio ed una base solida sulla quale poter continuare ancora a viaggiare senza pericolo.
Noi non stiamo percorrendo una strada solitaria. Per arrivare a livelli di eccellenza, che portino ad una sanità efficiente ed efficace, dobbiamo anche guardarci intorno, liberandoci da quei paraocchi che non ci consentono di avere una visione ampia e chiara, dobbiamo camminare pari passo con l’Europa che ci richiede di adeguare l’assistenza ai parametri comunitari, facendo spazio e distinzione tra atti sanitari condivisi e atti esclusivi di ogni professione.
Dagli altri paesi, spesso attingiamo linee guida alle quali ci atteniamo rigorosamente, mentre, per altri versi ce ne discostiamo. Ad esempio, altra figura inesistente nel nostro panorama è quella del “paramedico”, non inteso come personale “non-medico”, ma personale che si differenzia sia dal medico che dall’infermiere e che svolge manovre di rianimazione avanzate in maniera autonoma…
Questo è, e sarà il nuovo futuro, il nuovo metodo assistenziale e clinico, e tutti, ma proprio tutti, dovremmo prenderne atto.
Si parla anche di “coevoluzione”, ma questo tipo di evoluzione può assumere forme diverse. Sarebbe più armonica una “coevoluzione” tra “esseri” che hanno alle spalle la stessa storia. In altri casi la “coevoluzione” potrebbe diventare “processo di predazione”.
Noi vogliamo evolvere e migliorarci con il sistema e per il sistema. Se siamo rimasti indietro, non di certo per causa nostra, vogliamo recuperare le tappe.
Per avanzare però, a questo punto, abbiamo bisogno che le altre categorie siano disposte a rallentare il passo per ottenere il bene collettivo della sanità nazionale, dei lavoratori e degli utenti, in quanto passi indietro l’infermiere ne ha fatti parecchi e non si possono più pretendere altri sacrifici da parte di una classe ormai stanca di subire.
Anche l’infermiere ha i suoi diritti! Il diritto principe è quello di svolgere le proprie funzioni e attività per cui è stato formato in maniera tale da poter gestire e pianificare le attività assistenziali in autonomia, ed inoltre coordinare il personale di supporto, che ci deve essere, per salvaguardare al meglio la salute dei cittadini e per poter garantire la continuità assistenziale.
Ma per fare tutto ciò sono necessarie politiche amministrative-sanitarie serie, indirizzate verso la riorganizzazione dei servizi e degli organici, nonchè una riformulazione delle retribuzioni adeguate al grado di formazione, specializzazione e responsabilità.
Alfio Stiro
Infermiere
Quotidiano sanita .it