molte testate giornalistiche in ambito sanitario infermieristico hanno pubblicato la vicenda giudiziaria di un’infermiera generica,figura di supporto all’assistenza,intitolando gli articoli in maniera faziosa e forviante,inducendo a credere che la vicenda riguardasse un’infermiera laureata,che nulla ha in comune con la figura in questione.leggi l’articolo.
Respinta l’ipotesi avanzata dalla donna: impossibile parlare di demansionamento perché, pur essendo inquadrata come infermiera generica, già svolgeva attività di pulizia, con inserimento nei relativi turni di servizio. Illogico, quindi, il suo ‘no’ all’ordine dato dall’azienda, che può legittimamente licenziarla. Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 9060 del 5 maggio scorso.
Compiti. Contesto della vicenda è una ‘casa di cura’. Reazione durissima, da parte della società che gestisce la struttura, al «rifiuto» della lavoratrice all’attribuzione di «mansioni di pulizia delle scale e dei reparti». La donna, inquadrata come «infermiera generica» (oss) viene licenziata proprio a causa del suo ‘no’ alla richiesta della società.
La condotta della donna è priva di senso anche secondo i giudici di primo e secondo grado, i quali respingono l’ipotesi del «demansionamento». Ciò perché la donna, pur avendo ricevuto la «qualifica di infermiera generica», non aveva svolto quei particolari compiti, bensì era stata impegnata in una «attività esecutiva di natura tecnico-manuale», comprendente anche «mansioni di pulizia».
A sostegno di questa visione, poi, anche i racconti di alcuni testimoni, i quali hanno spiegato di aver visto la donna «provvedere, nel settore cui era stata assegnata» a compiti di «pulizia delle attrezzature, degli strumenti e degli ambienti».
Rifiuto. E la visione tracciata tra Tribunale e Corte d’appello viene condivisa ora dalla Cassazione. Definitivo, di conseguenza, il «licenziamento» della lavoratrice.
Nonostante le osservazioni proposte dal legale della donna, anche per i Magistrati di Cassazione le «mansioni» richieste dalla ‘casa di cura’ non rappresentavano una lesione «così grave e irreparabile alla professionalità della lavoratrice» tale da giustificare il «suo rifiuto».
Sia chiaro, la donna aveva tutto il diritto di «impugnare l’ordine di servizio», ma non poteva rifiutare di sana pianta l’incarico di «svolgere mansioni di pulizia», anche perché, evidenziano i Giudici, ella «già svolgeva un’attività simile, essendo stata inclusa nei relativi turni di servizio».
Tutto ciò conduce a ritenere legittima, e non discutibile, la scelta dell’azienda di cacciare la dipendente.
Fonte:dirittoegiustizia.it