Ecco il primo documento emerso dalla riunione del 16 giugno su cui le associazioni professionali faranno pervenire le proprie osservazioni per la seconda riunione prevista il 15 luglio. Dalla clinica alla gestione ecco le novità in ballo.
Innovare l’accesso delle professioni sanitarie al Ssn, ridisciplinare la formazione e lo sviluppo di carriera. Ma, soprattutto, mettere in atto lo sviluppo delle competenze avanzate. Queste le linee guida della bozza di lavoro del Tavolo infermieristico svoltosi lo scorso 16 giugno ed ora all’esame delle parti per metterlo a punto definitivamente in vista della prossima convocazione del 15 luglio.
Un documento ancora asciutto che in primis ricorda mutamenti e difficoltà del nostro Ssn e il contesto normativo entro cui si dovrà muovere lo sviluppo delle professioni di infermieri & Co.
In primis nel testo si ribadisce la volontà di “procedere ad innovare l’accesso delle professioni sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale, nonché a ridisciplinare la formazione di base, specialistica e lo sviluppo professionale di carriera con l’introduzione di misure volte ad assicurare una maggiore flessibilità nei processi di gestione delle attività professionali e nell’utilizzo del personale nell’ambito dell’organizzazione aziendale”.
Ma il tema caldo è quello delle competenze avanzate e del famigerato e inattuato comma 566 della Stabilità 2015.
Nel testo si richiama allo sviluppo di “competenze cliniche “perfezionate”, “esperte” e “specialistiche””.
Questi quindi gli assi su cui disegnare le nuove professionalità: “Quello della clinica, che rappresenta la linea del governo dei processi assistenziali, e quello della gestione, che rappresenta il governo dei processi organizzativi e delle risorse”.
“I nuovi modelli formativi – si legge nella bozza di lavoro – corrispondono ad un approfondimento delle competenze cliniche e gestionali, realizzato grazie ad una formazione adeguata, diretta a garantire l’irrobustimento e approfondimento specialistico delle conoscenze e delle capacità assistenziali dell’infermiere in un determinato settore gestionale o in un’area clinica, in relazione ai bisogni di assistenza infermieristica, all’erogazione e valutazione di prestazioni e risultati e al governo dei processi assistenziali specifici.
Dal punto di vista della gestione è prevista un’espansione delle competenze attraverso un processo che parte da quelle “disciplinari” e va verso conoscenze e capacità proprie del governo delle risorse e processi organizzativi”.
Ma il nodo è sempre il rapporto con i medici che non vogliono ‘invasioni di campo’. Ed è la stessa bozza a specificare che “per realizzare i due assi, della clinica e della gestione, rimane tuttavia imprescindibile l’individuazione di criteri condivisi per l’attribuzione di specifiche aree di competenza, in forza dei quali le diverse funzioni e responsabilità possano essere opportunamente intestate alla professione infermieristica”.
La bozza, quanto alle competenze, ricorda l’art. 1, co. 2 della legge 42/99 che “attesta formalmente che il campo proprio “di attività e responsabilità” deve essere determinato facendo “salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario”. Tradotto: tutto ciò che è competenza altrui rimane per ciò stesso fuori dal campo di attività e responsabilità infermieristica.
In questo senso la bozza propone un sistema basato proprio su “una concezione dinamica delle funzioni e competenze delle professioni sanitarie che si rivelerebbe, inoltre, del tutto coerente con la crescita culturale degli operatori, quale vero fondamento dell’intero processo di adeguamento dell’offerta sanitaria”.
Questo, quindi, il punto centrale che “sta nel riconoscimento di questa particolare situazione giuridica e della sua connessione ad un ruolo determinato all’interno dell’organizzazione. Infatti, a carico dell’infermiere, sussiste una responsabilità generale ed esclusiva che si collega all’ampio ventaglio di funzioni proprie nell’ambito della prevenzione, dell’assistenza e dell’educazione sanitaria, con un approccio globale alle necessità della persona, addirittura fin dalla fase che precede il loro manifestarsi. Questo è il senso di una responsabilità che si estende ormai dalla prevenzione sino allo spazio delle cure palliative”.