Adifferenza dell’avvocato, l’infermiere che svolga la propria attività, in via esclusiva, alle dipendenze della pubblica amministrazione non ha diritto al rimborso della tassa annuale di iscrizione all’albo da parte dell’ente di appartenenza. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, con la sentenza 11 maggio 2016 n. 1161, respingendo il ricorso del sanitario e chiarendo che la professione infermieristica «non è sottoposta a un vincolo di esclusività di mandato di tenore analogo a quello previsto per gli avvocati dipendenti di Enti pubblici».
Secondo la ricorrente, invece, la questione è più generale in quanto i pubblici dipendenti, salvo autorizzazione, «non possono svolgere altra attività se non quella per la quale sono stati inquadrati», per cui il costo per l’iscrizione a Ipasvi – in totale 550 euro per il periodo 2009/2015 – era da porre a carico del datore di lavoro, «considerato che l’iscrizione costituisce un presupposto indefettibile per lo svolgimento della prestazione».
Per il Tribunale però la tesi non può essere condivisa. Infatti, è vero che la sentenza n. 7776/2015 della Cassazione ha sancito «l’obbligo dell’Ente di rimborsare all’avvocato pubblico dipendente la tassa annuale di iscrizione all’Elenco speciale annesso all’Albo degli avvocati, per l’esercizio della professione forense nell’interesse esclusivo dell’Ente datore di lavoro». Tuttavia, va anche considerato che per la professione forense «vige una normativa specifica (legge 339/2003) che inibisce al pubblico dipendente, anche assunto a tempo parziale, qualsiasi forma di esercizio libero professionale dell’attività di avvocato, a tutela sia dell’imparzialità e buon andamento della P.A., sia dell’indipendenza della professione forense» (Cass. S.U. n. 775/2014). Mentre i medesimi principi, argomenta il tribunale, «non paiono estensibili alla professione infermieristica», non ponendosi «esigenze di tutela dell’indipendenza analoghe».
Inoltre, non è vero che per i pubblici dipendenti – tra cui gli infermieri – esiste un divieto assoluto di svolgere attività a favore di terzi. In particolare, prosegue la sentenza, «gli infermieri, anche dipendenti pubblici a tempo pieno, possono svolgere attività libero professionale previa autorizzazione dell’Ente di appartenenza, subordinata al requisito dell’assenza di conflitto d’interessi (art. 53 comma 7); gli infermieri in part time fino al 50% possono assumere incarichi senza necessità di alcuna autorizzazione (comma 6)». E ancora, prosegue la sentenza, «non sono soggetti ad alcuna autorizzazione, anche se svolti da dipendenti a tempo pieno, gli incarichi di collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie; l’utilizzazione economica di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; la partecipazione a convegni e seminari», ecc.
In definitiva, alla luce della «diversa intensità del vincolo di esclusiva vigente per gli avvocati e per gli infermieri pubblici dipendenti», non risultano applicabili i medesimi principi in tema di rimborso delle spese di iscrizione all’Albo. Del resto, lo stesso Consiglio di Stato nel parere reso sugli Avvocati (n. 678/2010), ha chiarito che il diritto al rimborso delle spese d’iscrizione all’albo sussiste solo ove, e nella misura in cui, non sia permesso al dipendente pubblico iscritto all’albo professionale svolgere altre attività diverse da quelle in favore dell’Ente di appartenenza.
Per approfondimenti il sole 24 ore sanita .it