10 agosto 2016 figlio non respira più, devo portarlo all’ospedale più vicino. Mi dica subito dove si trova». Forse, la corsa disperata al pronto soccorso non avrebbe salvato la vita a un bambino pesarese di 3 anni in viaggio con la famiglia verso il sud Italia. Ieri mattina, mentre si trovava in A14, all’altezza di Senigallia, rischiava di soffocare per una caramella rimasta incastrata in gola. Non c’era tempo da perdere. Aspettare un secondo in più e magari sfidare la sorte per arrivare al casello e raggiungere l’ospedale poteva essere fatale.
La telefonata
E così, quando ha sentito alla cornetta del centralino del 118 le parole terrorizzate del padre del bimbo, l’infermiere Sandro Mangiacristiani non ha avuto dubbi su come dover procedere. Neanche un attimo di esitazione. Ha immediatamente fatto fermare l’auto dove viaggiava il bambino e assistito passo dopo passo il genitore nella manovra di Heimlich. Una telefonata di pochi minuti che ha salvato la vita del piccolino e trasformato l’infermiere in un angelo durante una mattinata che per la famigliola pesarese si è tinta di nero.
Il racconto
«Erano le 12.15 – racconta Mangiacristiani – quando ho ricevuto la chiamata di un papà molto agitato. Aveva appena superato il casello di Senigallia e mi ha chiesto quale fosse il pronto soccorso più vicino senza dirmi cosa era successo. Quando glielo ho domandato, mi ha riferito che suo figlio di 3 anni non respirava più». Seduto sul sedile posteriore, aveva mangiato una caramella per ingannare la noia della strada da percorrere. Mai i genitori potevano pensare che un innocuo confetto gommoso potessi trasformarsi in un trappola mortale. Per qualche minuto, il viaggio ha assunto i contorni della tragedia. Eppure, quella di ieri era cominciata come una giornata di festa. Le urla disperate della coppia e lo smarrimento derivato dall’impotenza del non saper cosa fare sono stati interrotti dalla voce calma e rassicurante di Mangiacristiani.
La procedura
«Ho detto al padre – continua l’infermiere – di accostare subito l’auto e mettere le quattro frecce. Poi, ho pensato alla manovra di Heimlich. Seduto sul sedile con i piedi rivolti fuori dalla vettura, il genitore ha messo la pancia del bimbo contro le proprie gambe in maniera tale da fare pressione. Ha dato due o tre colpetti contro la schiena e il piccolo ha finalmente potuto espellere la caramella». Nel frattempo, l’operatore aveva fatto convogliare in autostrada l’automedica partita dall’ospedale di Senigallia. Ma del ricovero non c’è stato alcun bisogno. Il momento più bello per Mangiacristiani? «Quando ho sentito il bimbo piangere. Significa che stava bene ed era tornato a respirare. Appena si è ripreso ha chiesto di tornare a casa». La richiesta più spontanea possibile dopo attimi di vero terrore. Quella che deve aver alleggerito un po’ il clima di apprensione creatosi all’interno dell’abitacolo. Passata la paura, i ringraziamenti e le lacrime di felicità dei genitori: «Il padre non riusciva a smettere di dire grazie».
L’angelo dell’elisoccorso.
La notte dello scorso Natale riuscì a liberare dal rigurgito un bimbo albanese di pochi giorni istruendo telefonicamente il padre. Non con poca difficoltà, dato che lo straniero parlava a malapena la lingua italiana. Ironia della sorte, il bimbo salvato otto mesi fa risiede a Senigallia, proprio la città dove ieri è avvenuto l’ennesimo miracoloso intervento. «Dopo simili salvataggi, ti senti utile – afferma l’infermiere -. Pensi sempre di dover effettuare un soccorso per strada e mai al telefono. Ma quando aiuti qualcuno, stai bene. Magari sei stanco, affaticato per il turno di lavoro, ma poi quando fai cose simili ti senti come un giocatore che segna il gol partita al novantesimo minuto. Una gioia immensa che ti fa passare ogni fatica. Ecco, io oggi (ieri, ndr) mi sono sentito come se avessi segnato il gol di una finale mondiale».
Fonte: corriereadriatico