Sfociata in pesanti attacchi al debito (titoli di Stato) di alcuni paesi europei negli anni seguenti.
Questa politica, che consiste nel richiedere agli Stati membri pesanti manovre fiscali (in teoria riduzione spese, ma in pratica mazzate di tasse) per recuperare soldi con cui ridurre gli alti debiti pubblici che molti di questi Stati hanno, è stata sponsorizzata particolarmente da quegli Stati membri UE che prima dell’introduzione dell’Euro avevano una moneta cosiddetta “forte”, e in particolare dalla Germania.
Per quanto riguarda l’Italia, occorrerà recuperare 50 miliardi l’anno per circa 20 anni per portare il debito sotto il 60% del PIL.
Con il passare del tempo e visti gli effetti nefasti (che del resto avevo ampiamente previsto anche parlandone nella precedente versione di questo blog) ad inizio 2013 anche la Germania ci sta ripensando, per lo meno dal lato politico (Merkel e il parlamento; mentre Jens Weidmann della Bundesbank rimane ovviamente inconvertibile, assieme forse a Wolfgang Schaeuble).
Benefici
1) il “dimostrare serietà” nella riduzione del debito pubblico ha come effetto immediato la discesa dei contratti CDS relativi ai Buoni del Tesoro emessi dai governi europei, e quindi dello yield dei Buoni del Tesoro, con conseguente risparmio sulle nuove emissioni. In pratica in questo modo quando si emettono titoli statali nuovi la cedola può essere sempre più bassa, cioè il costo negli anni dei debiti sarà più basso (quindi meno tasse e meno sacrifici per gli Stati).
Visto che i Bund (Buoni del Tesoro tedeschi) vengono ritenuti sicuri ed hanno già generalmente basso yield, quello che scende di più è lo spread (la differenza di rendimento, di solito espressa in decimillesimi, cioè 300 sarebbe il 3%) fra Buoni del Tesoro nazionali e Bund tedeschi.
2) la riduzione forzata della spesa pubblica ha un intento etico, chiedendola si mira a ridurre gli sprechi e la corruzione che in molti Paesi (incluso il nostro) fanno sì che la spesa della Pubblica Amministrazione sia il doppio o il triplo di quello che ragionevolmente servirebbe per erogare i servizi che vengono erogati.
3) evitando di aumentare il debito pubblico si evita l’inflazione, la moneta rimane forte e i prezzi, almeno in teoria, non aumentano
Danni
1) la riduzione “virtuosa” della spesa pubblica è un qualcosa di molto lento e che richiede una vera rivoluzione in Paesi dove si è sempre speso allegramente; la riduzione immediata è data da tagli indiscriminati, che hanno l’effetto di ridurre gli ordini e il personale.
2) per quanto riguarda il debito, nell’economia moderna, il denaro in circolo non è più in relazione all’oro o qualsiasi altra cosa (parità aurea) ma è “fiat money”, cioè viene creato dal nulla dalla Banche Centrali.
Non solo, anche le normali banche, grazie alla riserva frazionaria e all’effetto leva, possono creare denaro moltiplicando le giacenze che detengono. Non solo, ma grazie ai REPO e ad altri artifici, possono creare denaro partendo dal debito.
Una riduzione del debito provoca una riduzione del denaro in circolo.
3) riduzione di spesa, riduzione di denaro in circolo, effettuate per giunta quando in tutto il mondo la domanda di beni e servizi è in difficoltà, causano danni a catena:
– le commesse in calo o i fallimenti -> difficoltà alle aziende di pagare i loro debiti
– le banche che hanno crediti inesigibili o che potrebbero presto esserlo devono scriverlo nei libri contabili ed aumentare le riserve frazionarie; per farlo possono essere costrette a chiudere linee di credito (chiedere subito il pagamento di debiti)
– aziende che andavano bene ma che si vedono improvvisamente chiuso il credito falliscono e riducono personale
– il personale licenziato di certo non corre ad acquistare l’auto nuova
– ulteriore riduzione della domanda di beni con deflazione (riduzione dei prezzi)
4) l’effetto avvitato delle politiche di austerity è disoccupazione e deflazione; la deflazione è in teoria ottima per chi risparmia moneta, perché può comprare più cose; tuttavia chi è disoccupato e non guadagna nulla non ne ha alcun vantaggio. Allo stesso modo gli Stati indebitati sono svantaggiati: se c’è per esempio inflazione del 6% e l’interesse sul debito è il 6%, avere un debito è una cuccagna.
Precedenti storici ed effetti
a) la Grande Depressione negli USA e l’austerity. Nel 1929, dopo la spaventosa discesa della borsa che sarebbe stata l’inizio della Grande Depressione, il governo americano adottò una politica di austerity, con riduzione della spesa pubblica e obbligo di pareggio di bilancio, forti dazi doganali e protezionismo (pensando erroneamente di aiutare così la propria economia, ma in realtà innescando una crisi più grande: diminuzione del commercio -> diminuzione del denaro in circolo).
Questa politica causò il periodo di recessione più forte e lungo dei tempi moderni, che estendendosi in tutto il mondo creò le condizioni per la Seconda Guerra Mondiale. Da notare una delle cause principali della G.D. fu la fragilità del sistema economico a causa dei debiti di guerra contratti per la Prima Guerra Mondiale.
Secondo la Scuola austriaca, le cause della crisi del ’29 furono la politica inflazionistica (permessa anche dall’abbandono del sistema aureo classico) della Fed iniziata negli anni Dieci, e l’eccessivo peso dello Stato incominciato da Hoover e continuato da Roosvelt con il “new deal”.
Da notare che il Giappone, attuando una politica inflazionista riuscì a rimanere fuori dalla crisi.
b) la Prima Guerra Mondiale in Germania e l’iperinflazione di Weimar. Già nel 1914, all’inizio della guerra, la Germania sospese la convertibilità aurea del Marco; per finanziare la guerra, invece di aumentare le tasse, e in aggiunta all’emissione di obbligazioni di guerra, incominciò a stampare soldi per pagare le spese di guerra. Il sistema avrebbe anche funzionato se non ci fosse stata la sconfitta nella guerra; a partire dal 1919 la Germania si trovò a dover pagare le proprie spese di guerra, e anche le spese di guerra dei vincitori (i vincitori poco saggiamente le addebitarono ai vinti). A questo punto la Germania fece l’errore di decidere di stampare carta moneta finché il debito non fosse assolto. 1 dollaro valeva, nel 1914, 4.2 marchi, nel 1921, 65 marchi; nel 1922, 2.420 marchi; nel giugno 1923, 100.000 marchi; nel novembre 1923, 4.200.000.000.000 di marchi.
Nel dicembre 1923 fu adottato il nuovo marco, con valore pari a 1.000.000.000.000 di “vecchi” marchi, e il governo smise di stampare nuova moneta. L’inflazione si fermò. Il periodo della Storia della Germania che va dal 1919 al 1933 è conosciuto come Repubblica di Weimar e l’iperinflazione tra il 1919 e il 1923 ha preso lo stesso nome. E’ meno noto il fatto che il periodo tra il 1924 e il 1933, che ha preceduto l’ascesa al potere di Hitler, è stato invece un periodo di *austerity*.
Cosa fanno gli altri, perché
Dopo la recente crisi finanziaria che aveva provocato ribassi di borsa secondi solo al 1929, la Banca Centrale americana (la Federal Reserve, o Fed in breve) e il governo americano si sono trovate d’accordo in modo molto forte sul non voler far ripetere il passato, e si sono ispirati alla politica inflazionista che a suo tempo aveva tenuto il Giappone fuori dalla Grande Depressione.
La Fed ha dato modo al Tesoro americano di aumentare temporaneamente il proprio debito per poter attuare una politica di tamponamento dell’economia (piano di assistenza TARP per le grandi banche, salvataggio di General Motors e Chrysler, ecc.), e ha anche effettuato direttamente del tamponamento di suo. In breve la Fed ha creato soldi dal nulla (in pratica ha fatto l’equivalente di stampare banconote, anche se in quantità molto inferiore di quelle in gioco nella Repubblica di Weimar) ed ha acquistato Buoni del Tesoro, titoli tossici e anche mutui. Questo meccanismo che permette indirettamente di rimettere molto denaro in circolo e quindi frenare l’avvitamento che porta al punto 4 di cui sopra è noto come “quantitative easing”.
La Gran Bretagna e la sua Banca Centrale (Bank Of England, in breve BOE) hanno attuato una politica simile che ha permesso di salvare le banche inglesi.
Il Giappone e la sua Banca Centrale hanno attuato una politica simile; il nuovo premier Shinzó Abe eletto a fine 2012 intende proseguire con più forza su questa linea, tanto che ha sostituito il governatore della Bank Of Japan (in breve BOJ) con Haruhiko Kuroda, che intende in particolare lottare contro la deflazione che ha depresso l’economia del Giappone negli ultimi 10 anni ed oltre.
Cosa facciamo noi, perché
Cosa facciamo noi è in parte riassunto sopra.
Il perché lo facciamo è presto detto, i tedeschi, a partire dal direttore della Bundesbank, sono spaventati dalla possibilità di un’iperinflazione stile Weimar, e probabilmente partendo dalle tesi della Scuola austriaca (cioè “una politica inflazionista ha creato la crisi”) ne derivano come conseguenza il rifiuto di ogni politica potenzialmente inflazionista.
La BCE per conto suo non è una “vera” Banca Centrale come la Fed, e non ha i compiti istituzionali della Fed (che è autorizzata ad agire per gestire inflazione e disoccupazione), né l’Europa ha la struttura che servirebbe per poter applicare bene queste soluzioni; servirebbe oltre che la moneta unica, unificare per lo meno le regole del mercato dell’occupazione e dei servizi, e possibilmente arrivare ad una forma unificata di governo e imposizione fiscale. Ma per il momento di unificato non ci sono nemmeno controlli e garanzie bancarie (ci stanno però lavorando).
Visti comunque gli inevitabili effetti negativi anche la Banca Centrale Europea (o BCE in breve) è stata costretta a fare una specie di quantitative easing, l’operazione LTRO; l’operazione è stata giustificata dal compito di protezione dell’Euro di cui la BCE è incaricata (almeno quello). Oltre all’operazione LTRO il governatore Mario Draghi ha inventato il meccanismo OMT con effetti di calmierazione sul mercato dei Titoli di Stato.