la questione sottoposta alla Direzione Generale dal Nursind è relativa ad una situazione che è realmente occorsa in Azienda ma che è una costante in tutte le Aziende sanitarie ed Ospedaliere italiane e riguarda l’interpretazione giuridica da attribuire alla chiamata in pronta disponibilità, ovvero se la stessa sospenda o interrompa il riposo di un lavoratore.
Che sia un caso nazionale lo afferma lo stesso Conti in calce alla sua lettera laddove dice che “… nelle équipe di sala operatoria dei turni pomeridiani di tutta Italia sono in servizio persone che, spesso, non hanno dormito la notte..”
Andiamo però per gradi.
La normativa in materia di lavoro (sul punto) è costituita dall’art. 7 del D. Lgs. 66/2003 e dall’art. 14 L. 161/2014.
Il combinato disposto di queste norme stabilisce che, “Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata o da regime di reperibilità”
La vaexata quaestio è dunque se la “reperibilità”, che è fatta salva dalla normativa italiana ma non da quella europea, possa determinare una interruzione o una sospensione del turno di riposo; la differenza tra i due regimi giuridici consiste nel fatto che l’interruzione fa ri-decorrere ex novo le undici ore di riposo, la sospensione cumula il periodo precedente con quello successivo.
Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale si è poi sviluppato distinguendo la “reperibilità attiva” dalla “reperibilità passiva”, intendendosi la prima come quella in cui avviene la chiamata mentre la seconda quella in cui il lavoratore rimane a disposizione.
Solo la reperibilità passiva, a detta delle Organizzazioni Sindacali, sarebbe quella che determinerebbe il rispetto del periodo di riposo.
Ciò posto, si osserva che l’attività di gran parte del personale infermieristico è soggetta alla programmazione mensile in turni preventivi. I turni debbono prevedere le giornate di lavoro, i riposi e garantire le pause. E’ un normale fattore di programmazione dunque l’inserimento di turni di pronta disponibilità all’interno dei turni di servizio.
Nel caso esposto dal sindacato il dipendente era regolarmente inserito in un turno al pari di centinaia di suoi colleghi.
Senza turno l’organizzazione sanitaria non può funzionare.
Per garantire il rispetto della normativa comunitaria la AOU “Ospedali Riuniti” di Ancona ha assunto, nel solo anno 2016, quasi 250 persone in più garantendo il turn over oltre il 100% (fenomeno raro in ambito nazionale).
Ciò nonostante le difficoltà di predisporre turni con la certezza di chiamare persone che abbiano con certezza effettuato 11 ore consecutive di riposo non può essere assolta; il numero di personale necessario determinerebbe politiche assunzionali totalmente incompatibili con i limiti giuridici ed economici cui soggiace il SSR.
La questione è ben nota anche a Codesto quotidiano che, nell’edizione del 31 marzo 2016 a firma di Luca Benci, solleva ed analizza la questione.
Venendo al caso “de quo” si osserva che il dipendente in questione non ha rispettato il proprio turno di servizio non presentandosi al lavoro e mettendo dunque la struttura in difficoltà con inevitabili ripercussioni sull’assistenza sanitaria.
Il comportamento dei dirigenti sanitari non poteva che essere quello di avviare un procedimento disciplinare.
Il turno, di fatto, costituisce implicitamente una “disposizione di servizio” a cui tutti debbono soggiacere nel rispetto delle disposizioni contrattuali.
Michele Caporossi
Direttore Generale AOU “Ospedali Riuniti” di Ancona
Antonello Maraldo
Direttore Amministrativo AOU “Ospedali Riuniti” di Ancona
Fonte Quotidiano sanita.it