Francesco Vaccarezza, 35 anni di Chiavari, si è trasferito a Stoccolma insieme alla moglie e al figlio. Laureato anche in russo, ha lavorato a Mosca poi è approdato in Svezia. Ma prima di andarsene una seconda volta era tornato in Italia. “Per due anni la mia compagna ha ricevuto solo rimborsi spese. Io ero costretto alla partita Iva e non pagato”
La qualità della vita? “Qui è incredibile. A livello burocratico l’Italia mi sembra il terzo mondo”. È pesante il giudizio di Francesco Vaccarezza, 35 anni, da Chiavari. Dopo 3 lauree, un matrimonio e un figlio, per Francesco il futuro si chiama Svezia: qui è arrivato nel 2016, qui lavora come infermiere presso il Karolinska di Stoccolma, università medica fondata nel 1810, considerata una delle istituzioni scientifiche più importanti al mondo.
L’idea di andare via dall’Italia è arrivata fin da ragazzino, quando Francesco lavorava come arredatore in un negozio di mobili: “Sognavo di scappare via dalla monotonia dell’ufficio”, racconta. Così, arriva la decisione di iscriversi all’università per studiare il russo. Dopo la laurea, la prima esperienza all’estero, a Mosca: “Mi sono trasferito qui con mia moglie – spiega – abbiamo preso una laurea specialistica per migliorare la conoscenza della lingua”. L’obiettivo era quello di diventare, un giorno, interpreti. Nel frattempo Francesco e sua moglie lavorano come insegnanti di italiano in una scuola privata della capitale russa guadagnando quasi 100 euro netti l’ora. “Purtroppo, però, nonostante le buone prospettive, siamo rientrati per problemi legati al permesso di soggiorno”.
“A Mosca io e mia moglie guadagnavamo 100 euro netto l’ora insegnando italiano”
Quando Francesco torna in Italia insieme a sua moglie è il 2010. “Per due anni lei ha trovato lavoro solo come stagista, e il suo stipendio consisteva in un rimborso spese”, racconta amaro. “Io, invece, sono stato costretto ad aprire partita iva per trovare lavoro in un ufficio, ma sono andato via dopo mancati pagamenti dello stipendio”. Così arriva la decisione di ritornare sui banchi, stavolta per prendere la terza laurea e puntare ancora all’estero, direzione Svezia. Francesco si iscrive a infermieristica, sua moglie alla facoltà di fisioterapia: due tra le professioni più ricercate a Stoccolma. “Il Nord Europa offre enormi possibilità lavorative e di carriera all’interno di qualunque professione sanitaria”, aggiunge. A un mese dalla laurea Francesco invia i documenti per ottenere riconoscimento e abilitazione: la lingua svedese, intanto, l’aveva studiata da autodidatta nei 3 anni precedenti.
Il processo di selezione è chiaro, veloce, trasparente. “All’inizio del 2016 ho cominciato a inviare i primi cv direttamente all’ospedale Karolinska, perché in Svezia le assunzioni vengono fatte dai responsabili di reparto e non tramite inutili e concorsi spesso truccati”, spiega Francesco. Le risposte arrivano quasi subito, via mail. Basta meno di un mese per fissare i primi colloqui. “Ne ho fatti 3, tutti via Skype, tutti in inglese e svedese”, ricorda. Dopo aver superato il colloquio per Francesco si aprono le porte della Svezia: “Sono stato invitato a firmare il contratto, indeterminato da subito. In più, mi hanno offerto un appartamento per un anno, con opzione di rinnovo di altri 6 mesi”.
“In Svezia le assunzioni vengono fatte dai responsabili di reparto e non tramite inutili e concorsi spesso truccati”
Le prime settimane sono state dure, tra problemi linguistici e di ambientamento. La qualità della vita, però, è nettamente migliorata: “Qui la famiglia è vista davvero come una risorsa e la città è costruita intorno ai bambini, è incredibile”. Costi? “I prezzi dei generi alimentari sono gli stessi della Liguria”, sorride. Ovviamente ci sono differenze, ma Francesco e sua moglie riescono a risparmiare ogni mese, “cosa che in Italia non era possibile”.
Quando si parla del passato il tono cambia. “Mi sono sempre sentito rifiutato dal mio Paese. Non è stato in grado di soddisfare le mie richieste e ambizioni. Anzi, mi ha solo sbattuto la porta in faccia”, aggiunge. In Svezia, invece, Francesco lavora in completa autonomia, riesce a vivere dignitosamente e sta pensando di prendere la quarta laurea. Stavolta una specialistica in chirurgia plastica o in terapia intensiva: “Qui l’infermiere ha competenze che in Italia sogniamo: più autonomia, nessuna sudditanza con il personale medico, e un forte riconoscimento della professione (anche economico) che forse da noi non vedremo mai”.
Il futuro? “Non credo che vorrò mai tornare a vivere in Italia”, conclude. Dopo 3 lauree, una lunga serie di delusioni e tanta, tanta amarezza, Francesco ha capito una cosa: “La storia mi ha insegnato che purtroppo difficilmente da noi le cose cambiano in meglio”.
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