Non è ancora giorno. Alle 5 a dare l’allarme è un clochard: c’è un corpo senza vita sui binari, vicino alla stazione. Tutti pensano che ad averla fatta finita, morta sotto a un treno, sia una barbona. «Pare che si sia uccisa una senzatetto, di quelli che passano la notte qui». Non a caso la polizia ferroviaria, per prima cosa, fa un sopralluogo nella sala d’attesa, dove dorme il gruppetto dei senza fissa dimora. Ma non è così: «Noi siamo tutti, qua non manca nessuno», rispondono loro agli agenti – si legge su Il Tirreno – La vittima non è una di loro. E’ una donna livornese, quarantenne, di quelle che si definiscono di “buona famiglia”. Amata dai suoi cari. L’ha uccisa l’anoressia. L’affliggeva sin da ragazzina, ma negli ultimi mesi la perseguitava senza tregua.
In piena notte, è scappata dal reparto della psichiatria dell’ospedale, dove era ricoverata da sei mesi. È riuscita a fuggire eludendo la sorveglianza, sfruttando una finestra. Gli infermieri la controllavano 24 ore al giorno proprio perché aveva manifestato la volontà di farla finita. Ma lei non ha mai mollato il suo proposito. E in qualche modo l’altra notte, forse verso le 3, è riuscita a infilarsi nella stretta fessura di una finestra basculante. Lei, che non mangiava più – veniva alimentata da un sondino – era diventata un fuscello. Un corpo minuto, ma una volontà ferrea di portare a termine il suo disegno finale.
Il personale guidato dal dottor Mario Serrano, non riesce a spiegarsi come quel corpo esile e debilitato abbia fatto ad arrampicarsi e ad introdursi in quello spiraglio che la divideva dal mondo là fuori. E non si dà pace perché molte volte, in tanti tra infermieri e specialisti, si erano trattenuti con lei, anche oltre l’orario di lavoro, per parlarle. E dirle che la vita è bella e vale sempre la pena di essere vissuta. Ma lei quel messaggio non lo recepiva, tanto che ultimamente aveva smesso completamente di mangiare. «Ha usato le ultime energie che le sono rimaste – dice una persona che ha passato del tempo con lei – A vederla, non l’avresti mai detto che sarebbe stata in grado di mettere in pratica una fuga del genere». Ma lei non ha guardato in faccia niente e nessuno. Tenace, del resto, era sempre stata, è la riflessione di chi la conosceva. Faceva l’insegnante, prima di ammalarsi ed entrare nella galleria del non ritorno. Era un appassionata di danza, di arte e viaggi. Amante del mare e dei paesaggi romantici e malinconici. Con gli anni, con l’amore, con la bellezza che la vita le ha offerto in mille esperienze, l’aveva superata l’anoressia. O almeno sembrava. Ma invece, così non è mai stato fino in fondo. I problemi con il cibo hanno continuato a tormentarla. E nonostante le cure e l’amore della famiglia, alla fine la malattia ha preso il sopravvento.
Gli ultimi giorni sono stati i più duri. Lo ha raccontato il personale della psichiatria alla polfer, che ieri ha fatto un sopralluogo nel reparto per indagare su come la donna abbia fatto a scappare. E per capire se ci sia stata una falla nel sistema di sicurezza e sorveglianza. Su questo stanno facendo approfondimenti gli agenti, coordinati dalla magistratura. Il corpo della quarantenne è stato trovato nella parte sud della stazione. La donna si era sdraiata sui binari in attesa del treno, che è sfrecciato all’improvviso e le ha reciso la testa. Il traffico ferroviario non ha subìto alcun rallentamento, il che fa pensare che il macchinista non si sia accorto di nulla. Dopo l’esame esterno, fatto del medico legale Luigi Papi, la salma è stata portata dalla Svs al cimitero del Lupi, dove ora si trova sotto autorità giudiziaria e dove nei prossimi giorni sarà sottoposta ad autopsia.
Il terribile fatto accaduto ieri mattina fa tornare di attualità il tema della sorveglianza nella psichiatria, già nel passato teatro di tragiche fughe. Nell’ottobre 2009 un livornese di 45 anni era scappato dallo stesso reparto ed era morto, investito da un camion.
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