Tutto sul demansionamento
Da qualche anno a questa parte sta aumentando sempre più la percezione, da parte dell’infermiere, del demansionamento infermieristico, metodica organizzativa spesso utilizzata per sopperire a carenze strutturali delle aziende ad opera sia del datore di lavoro, ma anche da parte di alcuni dirigenti infermieristici. Alcuni Responsabili Infermieristici, nonché collegi Ipasvi, d’altro canto, invece di cavalcare questa crescente voglia di cambiamento, negano addirittura l’esistenza con delle scuse a volte ridicole. La più carina che abbiamo sentito è quella: “non può esistere il demansionamento per gli infermieri perché non hanno più il mansionario“.
Allora poniamoci alcune domande:
cosa si intende per mansione?
che cosa significa demansionamento?
Rispondiamo in primis sul termine mansione, perché molti non l’hanno capita o forse, perché utilizzata ad hoc per confondere i nostri colleghi poco informati. Secondo l’enciclopedia Treccani: “la mansione è il compito esplicato nell’adempimento di una prestazione di lavoro. Affinché un contratto di lavoro non sia considerato nullo per indeterminatezza dell’oggetto (art. 1346 e 1418, co. 2, c.c.) occorre che le parti pattuiscano le mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto (art. 2103 c.c. e art. 96, co. 1, disp. att. c.c.).“
Il termine a nostro avviso è molto semplice e specifica chiaramente che tutti i lavoratori hanno una mansione specifica, definita dal contratto altrimenti è nullo, ed ogni violazione, specie l’art. 2103 del C.C. genera contenzioso con il datore di lavoro e quindi risarcibile.
Per demansionamento invece si intende, secondo l’enciclopedia Garzanti: “dequalificazione di un lavoratore consistente nell’affidargli mansioni inferiori a quelle dovute per contratto”.
Per esempio se l’infermiere svolge le mansioni di OSS, essendo una mansione inferiore, è una violazione contrattuale e quindi risarcibile.
L’art. 2103 C.C. recita: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione…”.
L’INFERMIERE
Le mansioni dell’infermiere
Il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 – Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere – che ha eliso la parola “ausiliario” nella definizione di infermiere, all’art. 1, comma 3, paragrafo f) recita: “Il ministro della Sanità dispone che … L’infermiere per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto” e non che “si avvale, ove presente o se presente o se l’amministrazione provvede, del personale di supporto”.
La presenza del personale di supporto è, quindi, necessaria nel servizio affinché l’infermiere, “responsabile dell’assistenza generale infermieristica” – (art. 1, co. 1 succitato), pianifichi e gestisca gli interventi assistenziali ed anche igienico-domestico-alberghieri.
Molte caposala didattiche e vari insegnanti delle scuole per infermieri, nonché responsabili infermieristici, hanno confuso la parola “responsabilità” con la parola “competenza”.
Un esempio per capire la differenza: il D.P.R. n. 128 del 1969 individua nella figura del Primario il responsabile di tutta l’assistenza erogata ai degenti. Eppure nessuno oserebbe chiamare il Primario per pulire una padella.
Questo esempio ci permette di capire che alla base dei problemi dell’infermiere c’è la dignità professionale sempre più spesso venduta per pochi soldi. Un sindacato serio che tuteli realmente la dignità di una categoria che lo sostiene, concentra tutte le sue energie dapprima per diffondere la conoscenza giuridica-professionale e poi per tutelare, nei fatti, gli infermieri che si trovano ad affrontare molteplici problemi sul posto di lavoro.
L’INFERMIERE
Cosa si intende per responsabilità dell’assistenza
Responsabilità significa che ogni operatore assistenziale ausiliario (OSS, OTA, ASSS) deve far capo all’infermiere perché solo l’infermiere può gestire, pianificare e programmare l’assistenza. Programmare non significa pulire la padella; pianificare non vuol dire rispondere al campanello per girare la manovella del letto; gestire non significa svuotare un pappagallo.
Significa conoscere le esigenze del paziente ed impartire disposizioni esecutive al personale di supporto, che ci deve essere, perché ogni bisogno sia soddisfatto efficacemente. Il tipo di lavoro (manuale o intellettuale) che è affidato all’infermiere si desume anche dalla normativa sanitaria in materia.
La Legge 01 febbraio 2006, n. 43 – Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie prevede all’art. 1, co. 1: “Sono professioni sanitarie infermieristiche … quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione”.
L’art. 2229 C.C. collega la professione infermieristica al novero delle locatio operarum e non delle locatio operis e quale professione intellettuale, il suo svolgimento non può esaurirsi in una mera esecuzione manuale di operazioni non connotate da elementi scientifici.
Il D.M. 14.09.1994 n. 739 (Regolamento concernente l’individuazione della figura e del profilo professionale dell’infermiere) evidenzia alcuni punti interessanti: “l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica; L’infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali per l’espletamento delle funzioni e si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto”.
Quando l’ospedale non garantisce la pianta organica e obbliga, di fatto, l’infermiere a sopperire alle carenze umane ausiliarie, commette un inadempimento contrattuale ex art. 1218 C.C., esaustivamente risarcibile.
Per non farci mancare nulla, negli ultimi tempi sempre più responsabili infermieristici giustificano il demansionamento utilizzando l’art 49 del Codice Deontologico dell’infermiere il quale cita: “L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale“.
Leggendo attentamente il D.P.R. 14 marzo 1974 n. 225 (abrogato nei primi 5 art.) si evinceva che l’infermiere professionale non doveva espletare compiti meramente manuali.
Difatti la Suprema Corte di Cassazione già nel 1985 (sent. n. 1078, RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985) statuì che: “Non compete all’infermiere, ma al personale subalterno, rispondere ai campanelli dell’unità del paziente, usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto”.
Se già nel 1985 la Suprema Corte di Cassazione aveva stabilito che non compete all’infermiere professionale l’assistenza diretta, ma al personale subalterno, perché a distanza di anni e soprattutto dopo l’abolizione del mansionario, la laurea infermieristica, la specialistica, le competenze avanzate, la dirigenza infermieristica, ecc, l’assistenza di base dovrebbe essere di competenza dell’infermiere, quando non le era neanche con il DPR 225 del 1974???
Nella rivista ufficiale del Collegio IPASVI “L’infermiere” – gennaio-febbraio 1992, a pag. 46, il Prof. Avv. Nicola Ferraro, docente di diritto civile all’Università Federico II di Napoli, ha disaminato la questione della pulizia del malato (rectius cure igieniche) ritenendo che, ai sensi del D.P.R. n. 225/74, essendo state assegnate dette competenze all’infermiere generico, non spettassero all’infermiere professionale soprattutto in virtù degli artt. 99 e 100 T.U. Leggi Sanitarie che definivano l’attività dell’infermiere come “professione” includendola nel novero delle attività intellettuali di cui all’art. 2229 C.C..
Il 16 maggio 1994 con prot. n. 85/UL/94 ad oggetto: Competenza dell’infermiere e dell’OTA, il Collegio IPASVI dichiarava, da parte dell’infermiere professionale, illegittime le seguenti mansioni: preparazione e distribuzione delle colazioni, riassetto del letto, uso di padelle e pappagalli, cure igieniche al malato, svuotamento delle sacche di urina.
Queste mansioni non sono attribuibili all’infermiere professionale, si legge nella lettera, così come prevede anche il Capitolo 1 dell’Accordo di Strasburgo del 25 ottobre 1967, ratificato in Italia con legge 15 novembre 1973 n. 795 (che portò alla successiva redazione del D.P.R. n. 225/74).
Perché allora i responsabili infermieristici e alcuni collegi remano contro quanto stabilito dalla normativa vigente??
Semplice!!! Non si è mai voluto veramente far crescere l’infermiere e sopratutto informarlo dei propri diritti, perché un infermiere consapevole dei propri mezzi farebbe cadere molte poltrone.
La Federazione Nazionale IPASVI non ha mai preso una posizione univoca sul demansionamento, lasciando i collegi provinciali da soli in questa battaglia, a volte impari, contro tutte le amministrazioni sanitarie.
NurseNews.eu
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