Il giorno dopo la firma della preintesa contrattuale la protesta esplode sui social e la Cisl chiama i suoi a raccolta per rispondere a colpi di post e tweet. Ma al di là delle schermaglie virtuali la sostanza è che gli aumenti contrattuali non hanno premiato gli infermieri che si vedranno livellato lo stipendio con i profili più bassi, con i quali la differenza degli aumenti ottenuti si misura in pochi euro al mese.
La rivolta degli infermieri vola sui social. E la conferma che non si tratta di pochi contestatori viene indirettamente proprio da chi è il bersaglio principale delle critiche: il sindacato confederale che ieri ha firmato la preintesa sul contratto del comparto sanità mentre i due sindacati autonomi degli infermieri scioperavano registrando (dati loro) un’adesione vicina all’80%.
Ma torniamo ai social. Anche i commenti sulla nostra pagina facebook sono quasi tutti di segno contrario alla firma, figuriamoci poi nelle pagine social dedicate. Un’ondata di protesta montante che ha spinto la Cisl a scrivere ai suoi referenti sindacali per lanciare l’allarme dopo che, leggiamo nel testo del messaggio di siamo venuti in possesso, “si sta scatenando un vero e proprio assalto alle nostre pagine, seguente alla firma dell’ipotesi di Ccnl Sanità pubblica”.
“Con i colleghi di Cgil e Uil, ci siamo accorti che la pratica è sistematica e diffusa anche sulle loro pagine”, scrive ancora la Cisl, che chiede “di interagire tra i commenti, sia nei post relativi al contratto, sia recensendo la nostra pagina”.
Insomma una controffensiva social in piena regola che, dopo dieci anni di assenza di contratto, contraddistingue la firma dell’intesa con un inedito scontro virtuale degno dei nostri tempi.
Ma al di là di questi aspetti sociologici, perché questa rivolta tra gli infermieri e perché questa spaccatura così netta tra confederali e autonomi?
Mi hanno fatto notare che la possibile spiegazione sta tutta in una tabella quella degli aumenti contrattuali. L’aumento economico tabellare mensile (Tabella A dell’ipotesi di contratto) sommato all’aumento perequativo (Tabella D) appiattisce definitivamente la categoria degli infermieri: l’aumento di un operatore tecnico in B1 a regime è di 82,10 euro mensili e quello di un infermiere in D1 è di 87,40 euro mensili con una differenza di soli 5, 30 euro mensili.
E non va meglio per i profili professionali “più esperti”: l’aumento a regime per un operatore tecnico in B4 è di 84 euro per un infermiere in D4 a regime è di 87,20 con una differenza di 3,20 euro.
Stanti così le cose, l’infermiere, a torto o a ragione, risulta completamente appiattito sui profili professionali più bassi, senza alcuna valutazione e valorizzazione delle competenze e della responsabilità e questo (sarà una coincidenza ma conta) proprio quando entra in vigore la riforma degli ordini e il tanto sbandierato Ordine degli infermieri che ne sancisce il pieno riconoscimento di professionisti della sanità.
In questo modo la scala parametrale anche dei prossimi rinnovi contrattuali sarà completamente compromessa e questo appiattimento non sarà recuperato se non con quell’investimento economico che, dopo 9 anni, gli infermieri si aspettavano già a partire da questo rinnovo contrattuale.
Ma non basta. C’è anche un aspetto legato alla possibilità di far carriera per superare l’attuale sostanziale livellamento degli infermieri (escludendo i pochi dirigenti infermieri). Una possibilità che la preintesa rimanda all’ennesima commissione.
Insomma stipendi livellati e carriere bloccate: due buone ragioni perché la rabbia di una categoria esploda. Se si tratta di una rabbia passeggera, che finirà magari con la sottoscrizione a posteriori del contratto anche dei sindacati autonomi o se invece sarà l’inizio di una rivolta stabile e destinata a creare una spaccatura profonda nel comparto della sanità lo capiremo presto. Soprattutto se l’annunciato referendum sull’ipotesi di contratto si farà sul serio.
Redazione NurseNews.eu
Fonte Quotidiano sanita