Il presidente Omceo Cagliari Ibba parla di una riforma che “elevando di rango gli infermieri mette in discussione i fondamenti stessi dell’assetto sociale complessivo della sanità in Italia.
A volte ritornano sterili e anacronistiche polemiche del ‘mondo perduto’ degli anni 80, rispondono gli infermieri: “servono meno paure e nuovi interpreti dei tempi che cambiano”
“La legge Lorenzin […] si è limitata a modificare null’altro se non il titolo sulla targa e ad accendere, in tanti, le false illusioni che il solo cambio del titolo sul budge del camice fosse sufficiente a trasformare un infermiere in un piccolo medico, invece che farne un grande infermiere”.
Lo ha affermato il presidente dell’Omceo Cagliari Raimondo Ibba nell’editoriale dell’ultimo numero dell’house organ dell’ordine scatenando la reazione degli infermieri sardi che per bocca della conferenza interprovinciale hanno parlato di “anacronistiche polemiche del ‘mondo perduto’ degli anni 80”.
Nel suo editoriale, Ibba, cogliendo l’occasione dell’ultima tornata elettorale, è stato molto critico sulla legge Lorenzin che ha messo “in discussione i fondamenti stessi, non solo della nostra professione, ma l’assetto sociale complessivo della sanità in Italia”.
“Le molte nuove professioni sanitarie (infermieri, tecnici di radiologia e di laboratorio analisi, ostetriche, etc.) che la ministra Lorenzin ha ope legis elevato di rango – todos caballeros – non mancherà di modificare i rapporti professionali e creare nuove relazioni istituzionali”, ha scritto.
“Abbiamo sempre ritenuta necessaria un’espansione delle competenze dei nostri primi collaboratori non disgiunta da un’innalzamento qualitativo della loro cultura scientifica professionale, per aiutarci a fronteggiare l’acuirsi dei bisogni assistenziali, legati al sempre più numeroso, vasto e complesso procedimento diagnostico e terapeutico che la medicina ogni giorno rivela e che le tecnologie utili per fare in fretta e fare meglio tardano sempre più a essere poste a nostra disposizione”, ha aggiunto. “La legge Lorenzin, pur avendo questa possibilità, nonostante al confronto prolungatosi per anni, si è ben guardata dal perseguire questi obiettivi a lei ben noti come ogni altra nuova interpretazione di un ruolo moderno ed europeo per infermieri e tecnici. Si è limitata a modificare null’altro se non il titolo sulla targa e ad accendere, in tanti, le false illusioni che il solo cambio del titolo sul budge del camice fosse sufficiente a trasformare un infermiere in un piccolo medico, invece che farne un grande infermiere”.
Un’operazione, questa, che secondo il presidente dell’Omceo Cagliari è funzionale alla riduzione dei costi della sanità realizzata tramite la sostituzione dei medici con gli infermieri in molteplici funzioni.
La risposta degli infermieri non è tardata ad arrivare.
“A volte ritornano sterili e anacronistiche polemiche del ‘mondo perduto’ degli anni 80”, hanno scritto in una nota i presidenti degli ordini delle professioni infermieristiche di Sassari, Nuoro, Orisatano, Carbonia-Iglesias Piero Bulla, Roberto Sogos, Raffaele Secci, Graziano Lebiu.
“Definire provocatoriamente paramediche, quindi subalterne ed ancillari al ruolo del medico e non con il loro nome le professioni infermieristiche, è intanto palese esercizio lessicale superficiale se non proprio illetterato e denota l’attitudine e l’intervenuta volontà al non ricorso e alle ricerca delle basilari nozioni di conduzione del dialogo ‘politico’ e ‘interprofessionale’ quando ci si interfaccia con altri attori non meno marginali nella sanità pubblica e privata”, hanno precisato i rappresentanti degli ordini infermieristici.
“Quali sono le due principali paure dell’editorialista dell’Ordine dei Medici? Ha paura che la propria identità professionale e politica sia minacciata da altri?”, si sono chiesti.
“Nessuno degli scriventi e nessun appartenente agli albi che rappresentiamo ha mai messo in discussione, e ci mancherebbe altro, le competenze mediche che riguardano il processo diagnostico e quello terapeutico”, hanno precisato. “In questi percorsi, riteniamo di essere i più qualificati attori di una èquipe multidisciplinare, poiché solo attraverso il nostro agire professionale passa la corretta e concreta applicazione delle prescrizioni. Per quanto poi attiene a tutto il processo di assistenza, riteniamo a pieno titolo di essere autonomi e competenti e tutt’altro che improvvidi, visto il percorso formativo e non ultima la norma fortemente sostenuta e non subita dall’intera comunità infermieristica. Per questa ragione, quindi, non possiamo essere secondi a nessuno quando si tratta di impostare il percorso e tutte le attività necessarie a erogare prestazioni qualificate, efficienti ed efficaci ai cittadini nei diversi setting assistenziali”, hanno aggiunto i presidenti Opi.
“Le professioni infermieristiche vogliono-devono continuare a svolgere al meglio il loro mandato come declinato dal SSN, dal CCNL, dal Codice Deontologico e dalle Istituzioni, ovvero stare vicini ai cittadini e risolvere i loro problemi di assistenza. Il resto delle posizioni retrograde che non tengono conto dell’evoluzione dei bisogni degli utenti del SSN, del progresso dello stesso sistema sanitario nazionale, dello sviluppo necessario per la sostenibilità e la conservazione di un’assistenza l’universalistica e universale, le lasciamo a chi si ne è intesta la paternità”, hanno concluso richiamando la necessità di “meno paure e di più freschi e dinamici interpreti dei tempi che cambiano”.