Il demansionamento dell’infermiere esisteva molto prima che si definisse il mobbing (in verità è sempre esistito) ma è solo nel mobbing che ha trovato la sua vera ratio.
I due fenomeni si intrecciano e si sostengono a vicenda producendo una patologia del diritto che dovrebbe, invece, garantire dignità professionale a tutte le categoria dei lavoratori.
Il lavoratore infermiere è, purtroppo, l’esempio più vistoso ed eclatante dello sfruttamento di una professionalità che cresce e si sviluppa verso migliori tecnologie e tecniche assistenziali di alto livello.
Questo dualismo convive con molti conflitti che trasportano l’infermiere verso una degradazione personale fino al totale svilimento dell’auto e dell’eterostima, che, spesso, si manifesta nel danno esistenziale e, soprattutto, sociale, familiare e morale, mentre dall’altro versante si nota la soddisfazione delle gerarchie apicali che ritrovano nel mobbing demansionante la realizzazione del proprio potere sull’altro e della propria importanza sociale e professionale.
Sarebbe come dire che più si sfrutta l’infermiere e più gli altri professionisti non sfruttati sono importanti all’interno della gerarchia aziendale proprio perché non demansionati (gli intoccabili).
La continua evoluzione della professione infermieristica ha indotto il legislatore a riconoscere la giusta collocazione dell’infermiere nel contesto sanitario.
Dapprima è stata elisa la parola “socio” per risaltare la funzione sanitaria e non parasanitaria dell’infermiere, quale figura sempre più presente nel panorama sanitario italiano, successivamente sono state create delle figure socio-sanitarie assegnate alla soddisfacimento dei bisogni igienico domestiche ed alberghiere del paziente.
In Europa l’infermiere ha fatto e sta facendo passi da gigante, ma i nostri legislatori, anche parzialmente pilotati da una classe medica sempre più preoccupata dai successi e dall’importanza dell’infermiere, stentano a dare il pieno riconoscimento a chi si dedica strenuamente alla cura dei malati e dimostrano il fallimento dell’infermiere italiano trovando soddisfazione nel vederlo impegnato in attività manuali, insignificanti, superflue, marginali, e, spesso, elementari.
Non si tratta di svilire l’importanza che senz’altro ha il porgere un bicchiere d’acqua al malato, si tratta, invece, di dare un valore esclusivamente etico ed umano a questo gesto per svuotarlo di ogni altro significato professionale.
Sarebbe come dire: agli infermieri l’umanità, ai medici la professionalità.
Questa mentalità sostiene la visione che la classe medica e, di conseguenza, quella dirigenziale amministrativa e gestionale hanno dell’infermiere, cioè di un aiutante del medico che viene considerato vero professionista centrale dell’assistenza.
Questa stessa mentalità è la forza che sostiene il demansionamento cioè il considerare inferiore, sul piano professionale ed intellettivo, l’infermiere (che non si deve occupare delle cose delicate che può fare solo chi ha studiato) mentre il mobbing è la modalità punitiva che serve ad indurre l’infermiere, che si è montato la testa e crede di essere importante come i medici perché anche lui pensa di poter curare, affinché si riconverta e ritorni a riconsiderare il proprio lavoro come ausiliario.
Il mobbing è, in questo senso, un lavaggio del cervello.
Non si esce da questo incubo perverso e ben congeniato dalle gerarchie aziendali, di cui purtroppo molti coordinatori infermieri ne costituiscono fondamentali meccanismi, se l’infermiere non capisce che deve crescere prima di tutto culturalmente ribellandosi a questo sistema.
L’alleato dell’infermiere è il diritto!
Conoscere il diritto cioè le regole e i meccanismi che garantiscono il rispetto dei propri diritti fondamentali come la dignità umana, è l’unico modo per uscire da questa strada che ci sta rendendo più involuti.
L’ignoranza è il male degli infermieri.
L’ignoranza dell’infermiere ha determinato la fuga degli OTA verso le aree amministrative.
Lamentarsi della carenza di personale non porta a nulla di positivo, l’unica soluzione al problema è capire come riappropriarsi del personale ausiliario, appropriarsi della propria dignità e riorganizzare il lavoro per utilizzare appieno tutte le professionalità presenti nei servizi cosicché ognuno possa operare, senza sovrapposizioni, con rispetto e dignità per il benessere del paziente
Redazione NurseNews
fonte ADI
avvocatura diritto infermieristico