“Non opportuni nuovi Ordini e Albi per le professioni sanitarie non mediche”.
L’Autorità antitrust ha sottolineato la non opportunità di costituire nuovi Ordini e Albi “se non in casi eccezionali”, visto che, sotto il profilo della qualificazione professionale, le esigenze di tutela del consumatore “possono essere soddisfatte con la previsione di un apposito percorso formativo di livello universitario obbligatorio”.
“L’Autorità osserva con preoccupazione l’ampliamento del numero degli ordini professionali in materia sanitaria previsto dalla c.d. Legge Lorenzin, approvata in limine appena prima della chiusura della legislatura. La legge, interviene su un’ampia serie di materie nel settore sanitario, tra cui, per quanto riguarda gli aspetti di maggiore rilevanza concorrenziale,
l’Autorità in passato è intervenuta più volte proprio in materia di professioni sanitarie, delineando un orientamento specifico nell’ambito di quello generale sulle professioni. In particolare, nei citati interventi di segnalazione, è stata evidenziata la non opportunità di costituire nuovi Ordini professionali e nuovi albi per le professioni sanitarie non mediche se non in casi eccezionali.
Ci chiediamo perché l’antitrust non entra nel nel merito delle preoccupazioni.., perchè l’istituzione di un ordine professionale sarebbe inopportuno, ma non si propongono per l’abolizione di altri ordini.?
Cose L’Antitrust o Agicom.
La legislazione antitrust è il complesso delle norme che regolamentano e limitano la concentrazione del potere economico per salvaguardare la libera concorrenza delle imprese nel mercato. L’efficacia del sistema normativo antitrust è spesso ridotta nelle economie capitalistiche avanzate, dove le concentrazioni rispondono all’esigenza delle imprese di competere in un mercato internazionale.
Legislazioni antitrust sono state emanate prima negli Stati Uniti (Sherman Act, 1890; Clayton Act, 1913) e successivamente in Europa occidentale. In alcune legislazioni antitrust, quale per esempio quella inglese, si dà una definizione empirica di monopolio: tale carattere viene infatti riconosciuto alle società (singole o collegate) in grado di controllare il 25% della produzione nazionale o dell’esportazione. Nei territori degli Stati membri della Unione Europea vigono, oltre a quelle proprie dei singoli Stati, anche le norme antitrust del Trattato CEE. Quest’ultimo vieta, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di esso (art. 86). Sono anche vietati tutti gli accordi tra imprese, decisioni di imprese e pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune (art. 85). Le condotte illecite che violano le norme comunitarie antitrust consistono nel fissare o imporre prezzi d’acquisto o di vendita; limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti; applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti; subordinare la conclusione di contratti all’accettazione di prestazioni supplementari senza nesso con l’oggetto dei contratti stessi. L’armonizzazione della legislazione antitrust a livello mondiale è stata più volte sollecitata da numerosi Paesi industrializzati e dai principali organismi internazionali al fine di promuovere lo sviluppo di una corretta concorrenza globale. In Italia, con la legge 10 ottobre 1990, n. 287, si è inteso garantire il diritto di iniziativa economica e tutelare la libera concorrenza sul mercato. Con tale sistema normativo, infatti, è possibile agire contro ogni coalizione limitatrice della concorrenza, cioè contro accordi di cartello e pratiche di monopolio. Le disposizioni della suddetta legge si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione di alcuni articoli del Trattato istitutivo della CEE. Allo scopo di salvaguardare, concretamente, un adeguato livello di libera concorrenza la normativa ha così istituito un’Autorità garante della concorrenza e del mercato che opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione (cosiddetta Autoritàantitrust). Essa è un organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri nominati per sette anni e non riconfermabili. Specificamente l’Autorità antitrust delibera le norme concernenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento, quelle concernenti il trattamento giuridico ed economico del personale e l’ordinamento delle carriere, nonché quelle dirette a disciplinare la gestione delle spese nei limiti previsti dalla legge istitutiva, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato. L’Autorità antitrust ha il potere di procedere a istruttoria per verificare l’esistenza di infrazioni al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza e al divieto di abuso di posizione dominante. Se a seguito dell’istruttoria essa ravvisa le suddette infrazioni, fissa alle imprese e agli enti interessati un termine per la loro eliminazione. Nel caso di infrazioni gravi dispone, inoltre, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. Se l’Autorità antitrust ritiene che un’operazione di concentrazione di imprese sia suscettibile di essere vietata, avvia l’istruttoria e può ordinarne la sospensione temporanea. Se l’Autorità antitrust, in esito all’indagine, accerta che una concentrazione rientra tra quelle restrittive della libertà di concorrenza, ne vieta l’esecuzione; se l’operazione, però, è già stata realizzata può prescrivere le misure necessarie a ripristinare le condizioni di effettiva concorrenza. Contro le decisioni dell’Autorità antitrust è ammesso ricorso davanti alla giurisdizione amministrativa. In alcuni ambiti le competenze in materia di libera concorrenza spettano ad autorità appositamente previste dalla legge: la CONSOB per il controllo e la regolamentazione dei mercati finanziari; l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (AIPA, sorta nel 1993) per la pianificazione, progettazione, realizzazione e gestione di sistemi informativi negli uffici pubblici; l’ISVAP per la vigilanza sulle imprese assicurative; l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (istituita nel 1997) per l’elaborazione e l’approvazione del piano delle frequenze radio e tv, la vigilanza sulle concentrazioni di reti e di risorse, la tenuta del registro stampa, radio e tv; l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (1995) per il controllo sulle modalità di accesso ai servizi, la determinazione e l’aggiornamento delle tariffe; il Garante per la protezione dei dati personali (1996) per la vigilanza sulla gestione e la custodia dei dati personali conservati in archivi elettronici o cartacei; l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (1999); l’Autorità garante del contribuente per il fisco e la burocrazia (2000) per ricevere e trattare segnalazioni di cittadini per denunciare disfunzioni, irregolarità, prassi anomale o irragionevoli del Fisco.
L’art 43 della costituzione Italiana tutela servizi o beni di tale importanza per la Comunità da non poter essere sottoposti alle leggi di mercato, le quali impongono non un servizio legittimo per tutti, ma il massimo profitto, a discapito, eventualmente, della stessa sopravvivenza di determinate fasce di popolazione, in particolare delle fasce più deboli o meno ricche.