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Intesa tra infermieri, magistrati e avvocati per gli Albi di periti e consulenti tecnici
Obbiettivi applicare la legge 24/2017 (responsabilità sanitaria) per quanto riguarda la professione infermieristica con “parametri qualitativamente elevati per la revisione e la tenuta degli albi affinché, in tutti i procedimenti civili e penali che richiedono il supporto conoscitivo delle discipline mediche e sanitarie, le figure del perito e del consulente tecnico siano in grado di garantire all’autorità giudiziaria un contributo professionalmente qualificato e adeguato alla complessità che connota con sempre maggiore frequenza la materia”
Protocollo d’intesa tra Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri (FNOPI), Consiglio nazionale forense e Consiglio superiore della Magistratura.
Obiettivo: applicare la legge 24/2017 (responsabilità sanitaria) per quanto riguarda la professione infermieristica con “parametri qualitativamente elevati per la revisione e la tenuta degli albi (dei periti e dei consulenti tecnici tenuti dai Tribunali, ndr.), affinché, in tutti i procedimenti civili e penali che richiedono il supporto conoscitivo delle discipline mediche e sanitarie, le figure del perito e del consulente tecnico siano in grado di garantire all’autorità giudiziaria un contributo professionalmente qualificato e adeguato alla complessità che connota con sempre maggiore frequenza la materia”.
Il protocollo prevede che la FNOPI concorra all’attuazione delle linee guida per l’armonizzazione dei criteri e delle procedure di formazione degli albi dei periti e dei consulenti tecnici già indicate nell’analogo protocollo con la FnomCeo del 24 maggio scorso.
In base al protocollo gli albi circondariali devono garantire “oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie” e per questo è stata prevista una sezione riservata alla professione infermieristica con “speciale competenza”.
La “speciale competenza ” non è il solo possesso del titolo abilitativo alla professione, ma la concreta conoscenza teorica e pratica della disciplina, come emerge sia dal curriculum formativo e/o scientifico sia dall’esperienza professionale del singolo esperto.
In sostanza la Magistratura riconosce le competenze specialistiche degli infermieri come effettive e come presupposto per la scelta dei periti e consulenti dei tribunali.
E il protocollo in questo senso distingue elementi di valutazione primari e secondari.
Quelli primari sono il possesso della laurea magistrale in scienze infermieristiche; l’esercizio della professione da non meno di 10 anni; l’assenza, negli ultimi 5 anni, di sospensione disciplinare e di qualsiasi procedimento disciplinare in corso; il regolare adempimento degli obblighi formativi ECM.
Gli elementi secondari invece sono il possesso di un adeguato curriculum formativo post-universitario che indichi sia i corsi di livello universitario o assimilato, sia quelli di aggiornamento per il circuito ECM ed eventuali attività di docenza; nel curriculum dovranno essere indicate anche le posizioni ricoperte e le attività svolte durante la carriera; il possesso di un eventuale curriculum scientifico, che indichi attività di ricerca e pubblicazioni, oltre all’iscrizione a società scientifiche; il possesso di riconoscimenti accademici o professionali o altri elementi che dimostrino l’elevata qualificazione del professionista; l’eventuale possesso dell’abilitazione allo svolgimento di attività di mediazione e di un attestazione che certifichi la conoscenza del processo telematico.
Il mancato possesso di un elemento primario dovrebbe far presumere l’assenza di “speciale competenza”, precludendo l’iscrizione all’albo “salvo motivata ragione contraria”.
Il protocollo definisce anche “buona prassi organizzativa” il fatto che i Comitati che selezionano le varie figure abbiano al loro interno rappresentanti degli Ordini delle professioni infermieristiche che possono verificare osservazioni e annotazioni anche rispetto alle informazioni dichiarate nelle domande e quelle possedute.
Anche per gli infermieri come per i medici è previsto un fascicolo personale in cui oltre ai dati personali sono riportate una serie di informazioni (come, tra l’altro, i curricula, incarichi di perito/consulente assegnati e revocati dall’autorità giudiziaria e da parti pubbliche o private, competenze nell’ambito della conciliazione e così via).
Per quanto riguarda l’area professionale di competenza del candidato, il riferimento è proprio alle sei aree specialistiche degli infermieri: area cure primarie – servizi territoriali/distrettuali; area intensiva e dell’emergenza/urgenza; area medica; area chirurgica; area neonatologica e pediatrica; area salute mentale e dipendenze.
A monitorare l’attuazione del protocollo, accanto alla sezione del Consiglio superiore della Magistratura ci sarà la FNOPI, che partecipa al tavolo tecnico previsto anche per i medici.
“Si tratta di una tappa importantissima nella crescita della professione infermieristica – ha commentato la presidente FNOPI Barbara mangiacavalli -. Il protocollo riconosce il ruolo sempre più preminente e qualificato dei professionisti infermieri in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita e, per questa ragione, li ritiene capaci di poter fornire un contributo specialistico unico, che ci auguriamo sia formalizzato anche a livello di organizzazione dei servizi nelle Regioni e nel Ssn come lo è stato dalla Magistratura, ad integrandum rispetto a quello del medico, anche in sede procedimentale in qualità di consulenti tecnici d’ufficio e di periti nei giudizi di responsabilità sanitaria”.
Fnopi.
Ecco il commento di
Annalisa Silvestro ex componente nazionale fnopi:
Mi spiace, non mi pare per nulla un buon risultato.
Questo accordo va contro tutto quello che è stato sostenuto in tanti anni per lo sviluppo della professione: formazione di base, post base e manutenzione costante delle capacità e competenze con formazione strutturata e specifica. Un orientamento per la professionalizzazione degli infermieri e delle professioni sanitarie a vantaggio degli assistiti, del sistema e dei professionisti stessi.
Questo accordo è una regressione.
La laurea magistrale in questo caso è una foglia di fico.
Si è deciso di non valorizzare percorsi formativi specifici.
La supposta disomogeneità dei contenuti dalle diverse tipologie di master in infermieristica legale e forense (eventuale disomogeneità solo in quel master ?) si combatte e risolve in altro modo.
Si definiscono le competenze ritenute necessarie, si delinea il percorso formativo più idoneo e quindi si ragionare nella logica dei debiti e crediti formativi per chi quel titolo già lo possiede o è in fase formativa.
Il possesso preferenziale del master specifico non toglieva nulla alla valorizzazione di una competenza clinica acquisita sul campo o approfondita attraverso altri master di argomento clinico assistenziale. La laurea magistrale non aggiunge nulla di specifico per lo svolgimento di quelle funzioni nei tribunali mentre con questo accordo si nega certamente la specificità derivante da quel tipo di master.
Master, dottorati e altro a che servono a questo punto? Basta l’esperienza … qualificata e sperabilmente certificata…. Da chi?
Stiamo regredendo, purtroppo.