Fate il più possibile per il paziente e il meno possibile al paziente
Nel febbraio di quest’anno viene riconverto al Brigham and Women’s Hospital di Boston un 96enne con una polmonite. E’ insofferente per le cure e l’assistenza che riceve e un giorno si lamenta con i medici “richiedete un test per ogni disturbo e iniziate un trattamento per ogni anormalità degli esami del sangue,
ma fate poco per guarire i pazienti. Trattare e curare sono entrambi interventi necessari, ma troppo spesso vi dimenticate della seconda”. Leggete l’articolo del New York Times. Questo anziano signore non è un paziente qualunque, si chiama Bernard Lown, personaggio di grande prestigio della cardiologia mondiale: ha inventato il defibrillatore (che ora è diventato uno strumento indispensabile, tanto da campeggiare nelle sale d’attesa, nelle palestre, nei supermercati), ha fondato l’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, organizzazione che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1985, ha scritto uno straordinario libro L’arte perduta di guarire. I consigli di un grande medico per un ritorno a una medicina più umana, Garzanti, 1997 e ha fondato il Lown Institute (con cui Slow Medicine collabora) che rifiuta la medicina orientata dal profitto e da procedure inutili e che offra a tutti gli Americani l’opportunità di avere un’assistenza sanitaria a prescindere da chi sono, dove vivono e quanto guadagnano. L’Istituto ha lanciato la campagna Right Care per ridurre le sovra-prescrizioni. Nel libro Lown scrive “Il termine guarire è stato sostituito dall’espressione ‘trattare’, il termine curare dal termine ‘gestire’ e l’arte dell’ascolto dalle procedure tecnologiche. I medici non si occupano più di una singola persona, perché solo concentrati su parti biologiche frammentate e malfunzionanti”. Più oltre ammonisce i medici: “Fate il più possibile per il paziente e il meno possibile al paziente”. Se qualcuno in più gli desse retta cominceremmo a fare qualche passo avanti nella cura delle persone ammalate.
Troppa medicina. It