Gli errori medici e infermieristici sono le terza causa di morte negli USA. In termini numerici, dopo le malattie cardiovascolari e il cancro si muore di errori legati alla pratica medica, cioè di errori di medici, paramedici e personale infermieristico. Un recente studio della Johns Hopkins University ha stimato che ogni anno nei soli USA muoiono più di 250.000 persone per errori medici. Qualcun altro sostiene che questa cifra debba essere elevata a 400.000 vittime.
L’errore umano (tra questi è da annoverarsi l’errore nelle pratiche mediche) è un fenomeno multi-causale. Tra questi, i principali sono legati alla sonnolenza, all’affaticamento e alle condizioni stressanti alle quali gli operatori sono esposti. Uno dei principali fattori alla base della sonnolenza e della fatica dipende dall’ineludibile regime di turnazione su 24 ore. Come è noto, il lavoro notturno si associa a una cronica alterazione del ritmo circadiano. Anche se è inevitabile che sempre maggiori attività lavorative necessitino di essere svolti sulle 24 ore, l’applicazione di principi circadiani può limitarne le conseguenze.
A fronte di questa vera e propria emergenza sociale e di quest’ampia attenzione della ricerca e degli interventi per ridurre le conseguenze del lavoro a turni sull’errore nelle pratiche mediche negli USA, molto poco è stato fatto in Italia. Partendo da questo dato, abbiamo intrapreso un vasto programma di ricerca per documentare nella realtà ospedaliera italiana il ruolo dei fattori che sono alla base dell’errore del personale sanitario. Il programma vede la collaborazione tra il Dipartimento di Psicologia e l’Ospedale Sant’Andrea dell’Università di Roma Sapienza e dell’Università di Tor Vergata.
Il primo passo in tale direzione è stato uno studio appena pubblicato sul personale infermieristico che lavora a turni. I risultati dello studio indicano che durante il turno notturno (confrontato con quelli mattutino e pomeridiano) si registra un’aumentata sonnolenza e un incremento del senso di fatica. Questi due peggioramenti si associano a una deteriorata performance attenzionale degli infermieri (vedi figura).
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La figura indica l’aumento di fatica e sonnolenza durante i turni notturni e il relativo deterioramento attenzionale, espresso da rallentati tempi di risposta
L’aspetto più originale è, però, quello di aver dimostrato che il fattore alla base delle diminuite performance attenzionali degli infermieri vi è principalmente l’aumentata sonnolenza. Pertanto il deterioramento dell’attenzione si spiega principalmente con l’aumento della sonnolenza notturna. A sua volta, potrebbe essere alla base degli errori medici.
Questo ultimo aspetto non è, però, stato valutato direttamente in questo nostro primo studio. A breve, presenteremo i risultati di altri progetti in corso in varie strutture ospedaliere in Italia e, soprattutto, inizieremo la sperimentazione di trattamenti che riducano consistentemente la sonnolenza notturna e, quindi, sperabilmente gli errori clinici. Tra questi, la riduzione del numero di ore dei turni notturni che ha già dato confortanti risultati negli USA e, soprattutto, l’esposizione alla fototerapia. L’esposizione a luce intensa è a tutt’oggi il trattamento più diffuso per i disturbi del ritmo circadiano.
E’ difficile accettare che gli errori nella pratica medica costituiscano la terza più frequente causa di morte. D’altra parte, lo svolgimento di attività sulle 24 ore è una caratteristica sempre più diffusa e inevitabile. Altrettanto inevitabili sono le conseguenze su quella che viene comunemente chiamata la “sindrome dei turnisti”. E’ compito della ricerca documentare i fattori che sono alla base di questa vera e propria malattia sociale. Ancora di più è compito della ricerca scientifica sviluppare trattamenti che riducano questo elevato e inaccettabile costo umano e sociale