Gli infermieri militari dei Paesi NATO sono Ufficiali, gli Infermieri civili italiani sono inquadrati nel ruolo Funzionari sanitari, solo gli Infermieri militari italiani sono Sottufficiali e Operatori sanitari
Presso la prestigiosa e storica sede del C.A.S.D. (Centro Alti Studi Della Difesa) in Roma, Venerdì 22 marzo u.s., si è svolta la III Giornata dedicata all’infermieristica Militare e di Polizia.
L’evento ha offerto una panoramica di riferimento sull’attuale organizzazione delle diverse realtà in cui tale figura viene impiegata. È stata l’occasione per consegnare ai Vertici militari e di polizia una memoria tecnico-professionale in cui sono state raccolte le criticità più sentite dagli infermieri in divisa.
Sono stati affrontati due temi di grande rilevanza:
- il primo è relativo al ruolo che il professionista infermiere militare dovrebbe ricoprire per poter contribuire al processo di rinnovamento, per un supporto sanitario più aderente alle esigenze operative e alle realtà di riferimento in continua evoluzione sia italiane che degli altri Paesi NATO;
- il secondo tema è stato incentrato sulla gestione dei sempre maggiori rischi e responsabilità che egli si assume nell’ambito dell’esercizio professionale in Sanità Militare; sono state delineate le sfide e le criticità da affrontare, anche alla luce dei mutati scenari sanitari, legislativi e socio-culturali nazionali e internazionali.
La giornata potrebbe essere ricordata come l’evento in cui sono state gettate le basi per una revisione profonda dello strumento “Infermiere”, la risorsa che, se valorizzata, potrebbe rappresentare una delle chiavi di volta per risollevare le sorti dell’importante comparto in cui tale professionista è impiegato. Il punto di partenza di questo epocale rinnovamento dovrebbero essere i modelli presentati dagli infermieri spagnoli Cap. Alonso Gonzales e Cap. Lopez Hossain e dall’infermiera inglese T. Col. Judith Mc Leod; Ufficiali infermieri che hanno offerto utili elementi di analisi e di riflessione per affrontare le annose questioni che affliggono la stessa professione in Italia e per trovare soluzioni alle problematiche che a gran voce vengono reclamate.
Ciò che è apparso evidente è che, da anni, tali colleghi stranieri sono Ufficiali infermieri e che, con il loro riconoscimento al ruolo superiore, la organizzazione della loro Sanità Militare ha aumentato le capacità operative e migliorato gli standard di qualità delle prestazioni assistenziali; caratteristiche facilmente documentabili anche dalle testimonianze dei sanitari italiani che con tali organizzazioni hanno avuto modo di collaborare. In tali contesti stranieri, Ufficiali medici ed Ufficiali infermieri lavorano di comune accordo, ognuno per la parte assistenziale a cui sono preposti, e condividono gli obiettivi di una Sanità che fa ogni sforzo per rispondere con i migliori strumenti e le più innovative conoscenze ai bisogni di assistenza degli utenti militari e civili.
Il modello del ruolo Ufficiali degli Infermieri spagnoli potrebbe essere quello che più si attaglia al sistema della Sanità Militare italiana; per quel che riguarda la ricerca, il sistema inglese è quello più innovativo ed efficace.
L’infermiere militare nel nostro Paese, allo stato attuale, è un professionista laureato e, come tutte le altre professioni intellettuali (Medici, Psicologi, Veterinari, ecc.), è obbligato all’iscrizione all’Ordine ed è sottoposto al suo controllo e disciplina; è obbligato a stipulare una assicurazione per eventuali danni provocati nell’esercizio delle sue funzioni; è tenuto a formarsi continuamente con i corsi che ogni Forza Armata organizza per il suo impiego (SIAO, MEDEVAC, NBCR, ecc.); è obbligato ad aggiornarsi continuamente secondo il programma Educazione Continua in Medicina (ECM); deve frequentare le strutture sanitarie civili per il mantenimento della sua pratica clinico-assistenziale (training on job); si deve rapportare con il SSN nelle attività di istituto (dual use). A tale professionista, per poter assolvere alle funzioni a cui è preposto, è richiesto un profilo culturale e professionale, un’assunzione di responsabilità e un impegno formativo durante tutta la sua vita professionale superiore a quello della categoria in cui è attualmente inquadrato.
È importante provvedere, al più presto, a inquadrare nel ruolo Ufficiali gli Infermieri militari italiani come avviene nella maggioranza delle FF. AA. degli altri Paesi Nato, in quanto, già oggi, infermieri provenienti da diversi Paesi, compresa l’Italia, collaborano sia nelle attività di addestramento che in operazioni internazionali. Questa collaborazione è ancora più evidente nelle Organizzazioni Sanitarie Multinazionali, il nuovo sistema di organizzazione multipaese dove l’Infermiere lavora gomito a gomito, nello stesso Role 2, nello stesso Ospedale da campo, con i pari incarichi delle altre FF. AA.. In questa realtà, oltre alla conoscenza della lingua, occorre assicurare lo stesso inquadramento del ruolo Ufficiali e la medesima formazione per poter erogare la migliore assistenza di qualità e poter rispondere a testa alta alle sfide che attendono la Sanità Militare.
La disparità di inquadramento, oltre che con i colleghi degli altri Paesi NATO, è stridente anche rispetto gli infermieri civili italiani. Infatti, mentre l’infermiere militare è inquadrato nell’ambito della pubblica amministrazione nell’area II (“operatori”), il laureato infermiere impiegato nell’ambito civile è inquadrato nell’area III dei Funzionari sanitari (l’area III corrisponde agli Ufficiali nel personale militare). Oltre alla disparità di trattamento, tale differenza si ripercuote anche nella impossibilità di transito del personale sanitario dall’ambito militare a quello civile nel momento in cui venisse a mancare l’idoneità al servizio militare o di impiego; e nella non impiegabilità nella sanità civile di questi professionisti militari collocati in ausiliaria.
Inoltre, all’interno delle stesse FF. AA., vi è una disparità di trattamento se si considera che, in Marina, viene reclutato personale con laurea triennale in ingegneria navale e inserito nel ruolo Ufficiali con il grado di Guardiamarina.
Inevitabilmente, il mancato riconoscimento del ruolo adeguato, in una realtà gerarchizzata come quella militare, comporta un sottodimensionamento e un demansionamento dal punto di vista dell’impiego in quanto, essendo l’Infermiere un sottufficiale, non gli viene riconosciuta l’autonomia professionale necessaria per svolgere appieno l’attività assistenziale carica di responsabilità e di rischi. Questo mancato riconoscimento determina frustrazione e demotivazione nella delicata attività che, quotidianamente, questi professionisti vengono chiamati ad assolvere negli ospedali militari, nelle infermerie speciali e di corpo, nelle attività di assistenza extraospedaliera in Italia e nelle Missioni internazionali.
La Sanità Militare ha bisogno di una profonda revisione che parta dalle sue fondamenta. Da decenni si aspetta una Riforma del comparto che lo renda finalmente, e non solo a parole, all’altezza delle sfide che quotidianamente lo impegnano in Italia e all’estero. In un momento come quello attuale, in cui enormi sforzi vengono fatti per contenere la finanza pubblica, è necessario riprendere finalmente i Disegni di legge inerenti la riforma della Sanità Militare in senso Interforze, da tempo fermi in Parlamento. Ciò permetterebbe enormi risparmi sulla spesa pubblica e la possibilità di erogare un servizio di qualità, anche attraverso l’apertura di quella che sembrava fino a poco tempo fa una scelta impossibile: utilizzare il personale sanitario che lavora nelle strutture civili, che si rende disponibile ad intervenire anche all’estero, formato attraverso corsi propedeutici alla specificità militare, per le esigenze operative delle FF. AA.
Il riconoscimento del ruolo Ufficiali per gli Infermieri sarebbe un primo passo importante verso la razionalizzazione delle risorse e la soluzione di tante problematiche organizzative (iscrizione Ordine, assicurazione obbligatoria, ECM, formazione continua, training on job, ecc.). Il costo per realizzare questa giusta ed agognata scelta sarebbe zero, in quanto, i nuovi Ufficiali infermieri, oltre a continuare ad assicurare la necessaria assistenza infermieristica, libererebbero gli Ufficiali medici da tante incombenze gestionale-organizzative, i quali sarebbero, in questo modo, finalmente liberi di dedicarsi alla esclusiva attività di diagnosi e di cura a cui sono preposti. La qualità dell’assistenza migliorerebbe in quanto gli infermieri, riconosciuto finalmente il ruolo superiore, prenderebbero coscienza di essere artefici del proprio destino, non più vicariato da figure che poco conoscono la peculiarità della professione.
Per migliorare la Sanità Militare, per riconoscere il ruolo Ufficiale agli infermieri del comparto, occorre che la Politica prenda finalmente in mano la questione e ascolti le richieste che gli arrivano da questi professionisti, scevri da interessi di parte e personali, lontani dalle lobby e dal carrierismo. Serve un Parlamento di cittadini eletti che rappresentino anche gli Infermieri militari che chiedono che gli vengano garantiti gli stessi diritti dei colleghi civili, forti anche dell’appartenenza ad un Ordine professionale che conta 450.000 iscritti. È necessario che il Ministro della Difesa aiuti a raggiungere una uniformità dello status giuridico e di inquadramento del personale delle Professioni sanitarie in generale e dell’infermiere militare in particolare rispetto a quello civile, riuscendo così, finalmente, a realizzare la agognata equiordinazione tanto cara anche al legislatore.
Militariassodipro. it
27 Marzo 2019