La Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con la recente sentenza n. 55519/2018, depositata il giorno 12/12/2018, ha respinto il ricorso di un medico diretto ad ottenere l’assoluzione piena dal delitto di omicidio colposo contestatogli, confermando la sentenza d’appello che aveva dichiarato prescritto il predetto reato non sussistendo agli atti la prova evidente della sua innocenza come prescritto dall’art 129 c.p.p..
I giudici della Suprema Corte hanno osservato, tra l’altro, che non vi era agli atti la prova della dedotta, ma non provata, insussistenza dell’obbligo del medico, presente in pronto soccorso durante il suo turno di lavoro, di sorvegliare il paziente (anziano, in stato di agitazione e affetto da una crisi respiratoria) che era posizionato su una barella priva di sponde laterali nella stessa stanza dove si trovava l’imputato che non aveva adottato alcuna cautela al fine di esercitare una costante sorveglianza sul malato anche al fine di prevenire la prevedibile ed evitabile sua caduta a terra e il conseguente decesso per grave trauma cranico.
La Cassazione, inoltre, ha respinto la tesi dell’imputato secondo la quale il predetto professionista ha solo obblighi di natura tecnica, medica, diagnostica e terapeutica, affermando che, invece, il sanitario è anche garante del rischio che, come nella fattispecie, si trova nella materiale possibilità di gestire e contrastare viste le funzioni esercitate e la presenza del paziente in situazione di pericolo nella sua stanza.
La Corte, infine, ha escluso anche l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 3 della legge 189/2012 (cd. legge Balduzzi) in quanto non era emerso dagli atti che il medico si era attenuto ad accreditate linee guida o a virtuose prassi.
Cgems