Il Tribunale di Brescia, Sezione Lavoro, su una vicenda di demansionamento a danno di un medico specializzato in chirurgia generale – rappresentato e difeso dall’Avv. Cristiano Pellegrini Quarantotti – ha accertato l’illegittimità dell’agire del datore di lavoro Azienda Sanitaria e l’ha condannata al risarcimento del danno.
In particolare, il Tribunale ha accertato che il medico ricorrente, per circa un anno, aveva visto sostanzialmente svuotate le sue mansioni, con privazione dei compiti maggiormente caratterizzanti la sua qualifica di dirigente medico di chirurgia, avendo subito una riduzione di oltre i ¾ della sua attività di sala operatoria.
Il Giudice ha, quindi, ritenuto che l’Azienda Sanitaria avesse violato “l’art. 52 del D. Lgs. 165/2001, avendo quasi del tutto sottratto alla ricorrente i compiti maggiormente qualificanti del suo ruolo e quindi pregiudicato il suo diritto fondamentale alla esplicazione della personalità nel luogo di lavoro, costituendo il lavoro, prima ancora che un mezzo di sostentamento e guadagno, un modo di estrinsecazione della personalità del lavoratore ai sensi degli artt. 2 comma 1, 4 comma 1 e 35 comma 1 Costituzione”.
Prosegue la sentenza: “La violazione del diritto alla professionalità della ricorrente, diritto di rilevanza costituzionale, costituisce fonte di responsabilità risarcitoria per il datore di lavoro, in conformità alle regole generali sull’inadempimento delle obbligazioni. I danni – conseguenza che vengono in considerazione altro non sono che pregiudizi attinenti allo svolgimento della vita professionale del lavoratore, e, quindi, danni di tipo esistenziale, ammessi a risarcimento proprio in virtù della lesione di un diritto inviolabile e, quindi, di una ingiustizia costituzionalmente qualificata … La forzata inattività incide in maniera particolarmente pregiudizievole, determinando un danno derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita e dalla mancata acquisizione di ulteriori capacità, nel caso di professioni soggette a continua evoluzione e bisognose di costanti aggiornamenti”.
Il Tribunale ha, quindi, liquidato il danno subito dalla ricorrente, in via equitativa, tenuto conto della durata del demansionamento e della delicatezza e complessità delle mansioni svolte, determinandolo in una somma pari al 50% della retribuzione mensile, moltiplicata per i mesi di durata dell’attività lesiva.
Trattasi di un pronunciamento importante in materia di diritto sanitario e di fattispecie giuslavoristica di interesse del personale medico
Fonte
Studio legale Pellegrini Quarantotti