Angelica e’ una giovane infermiera italiana in Uk, che a soli 26 anni e dopo soli 4 anni passati nel Regno Unito, ricopre adesso una posizione di prestigio e responsabilita’: Stroke Nurse Practitioner.
Abbiamo deciso di intervistarla per capire un po’ di piu’ riguardo questa specializzazione, ma sopratutto per dare ai nostri candidati un’idea concreta di cio’ che significa prendere una decisone cosi’ importante come quella di trasferirsi all’estero.
Visto che troppo spesso si sente parlare dei pro, ma poco dei contro, e vista l’importanza di fare una scelta ponderata per il proprio futuro, l’intento di questo articolo e’ anche quello di fornire un quadro sincero a chi sceglie di intraprendere la propria professione fuori dall’Italia,
Ciao Angelica, parlaci di te!
Ciao Bene!!
Partirei già dicendo che non sono tanto brava con le parole però se dovessi usarne 3 per descrivermi sceglierei… pugliese, logorroica, ambiziosa.
Sono una 26enne con ancora la testa tra le nuvole e i sogni nel cassetto, non ho mai smesso di credere che ci sia sempre la possibilità di avere un futuro migliore.
Sono una pugliese “verace” , innamorata dell’italia e dei suoi colori, profumi e tramonti e soprattutto del calore che trasmette l’aria di “casa”. Però sono anche un’infermiera italiana che ha deciso di sfidare la sorte due giorni dopo la laurea, un po’ per gioco un po’ per curiosità… e posso dire che dopo quattro anni all’estero non me ne sono ancora pentita!
Quali sono state le tue sensazioni il giorno in cui sei arrivata in UK?
Il mio arrivo è stato abbastanza travagliato… Al peso emotivo che questo espatrio già portava con sè, si è aggiunto lo stress di trovarsi in un aeroporto incendiato e un volo ritardato di 3 giorni.
Appena arrivata in UK le sensazioni provate sono state tantissime e anche molto contrastanti: una parte di me era finalmente sollevata e felice di avercela fatta, di essere arrivati a destinazione senza altri imprevisti, dall’altro lato ho provato un senso di solitudine e tristezza. Faccio quasi fatica a spiegarlo, ero entusiasta per questo nuovo capitolo di vita ma al tempo stesso ero terrorizzata e triste, come se dentro di me avvertissi un vuoto e io sapevo di non poter essere in grado di colmarlo.
Trasferirsi in un paese diverso dal proprio non e’ una passeggiata. Ne si sente spesso parlare come se tutto fosse rose e fiori, ma per noi della EB Recruitment e’ importante che i candidati abbiano una visione totale e realistica di cio’ che li aspetta una volta in UK, al fine di fare una scelta ponderata. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate sia sul lavoro che nella vita di tutti i giorni?
In questi anni all’estero non ho riscontrato particolari difficoltà, penso che molto sia dovuto al fatto che io sia una persona molto elastica e mi adatti facilmente e soprattutto, lavoro se c’è da lavorare.
La maggiore difficoltà, penso, sia stata l’impatto improvviso e radicale con la vita da “adulti”: trovarsi all’improvviso in una nuova realtà, affrontare e conoscere una cultura completamente diversa e poi imparare a gestire il lavoro, la casa, la spesa, le bollette, i rapporti sociali ecc. tutto questo mentre c’è quel costante senso di solitudine, quel vuoto e nostalgia di casa…. L’imparare a stare da soli e a cavarsela, nonostante tutto.
Vivere all’estero è abbastanza lontano dall’essere rosa e fiori, è essere completamente felici del proprio lavoro, della carriera e dei traguardi raggiunti e un momento dopo trovarsi in lacrime scorrendo album di foto vecchie. Bisogna solo essere forti, poi ci si abitua, a tutto. Io penso sempre che l’Italia non mi avrebbe mai dato un futuro e un lavoro che mi faccia sentire realizzata così come mi senta ora.
Lavorativamente parlando, non ci sono grosse difficoltà, direi siano soprattutto diversità: non aspettatevi di arrivare in UK e poter mettere cannule a destra e a manca e fare l’infermiere italiano che sa fare tutto dal giorno 0. Loro hanno protocolli su protocolli e li rispettano meticolosamente. Anche solo per la terapia orale bisogna fare una specie di “esame” prima di poter essere “abilitato” a farla. Solitamente non passa molto tempo prima di poter essere in grado di poter mettere cannule, cateteri ecc. nella maggior parte dei casi si può fare tutto in “fast track” così si risparmia tempo e scartoffie.
Qual’e’ stato il tuo percorso infermieristico in UK?
Ho iniziato come infermiera neolaureata in una Acute Stroke Unit. Dopo 5 mesi avevo già acquisito le skills per poter essere “in charge” in reparto, ovvero per coordinare il reparto in mancanza di caposala.
Dopo due anni e mezzo circa ho lasciato la stroke unit per poter realizzare il mio desiderio di lavorare in pronto soccorso. Ho lavorato in pronto soccorso per circa un anno e mezzo, a maggio dello scorso anno ho passato un colloquio per un lavoro a tempo determinato per un ruolo specialistico chiamato “Stroke Nurse Practitioner”. Il mio tipo di contratto si chiama “secondment” e viene fatto nei casi in cui serva coprire un ruolo per un determinato tempo ad esempio in casi di maternità o malattia, al termine del secondment poi sarei tornata a lavorare in pronto soccorso.
La differenza sta nel fatto che, nel frattempo, sia uscito il bando per il posto indeterminato e, a colloquio fatto e superato, finalmente dopo 9 mesi ora sono una Stroke Nurse Practitioner a tempo indeterminato.
Come ti senti ad essere una giovanissima Stroke Nurse Practitioner? Puoi parlarci piu’ nel dettaglio del tuo ruolo?
Fa un effetto stranissimo! Rabbrividisco se penso che quattro anni fa guardavo le nurse practitioners e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto poter fare carriera così e quante possibilità l’Inghilterra offra verso i propri infermieri.
Il mio ruolo consiste nell’occuparmi di pazienti con sintomi di ictus acuti che si presentano al pronto soccorso o che manifestano la sintomatologia in ospedale. Il mio reparto di base è la Stroke Unit però durante il turno non sono quasi mai lì perché sono sempre in giro per l’ospedale esaminando pazienti e gestendo le chiamate di consulenza. Durante il turno ho un cercapersone e un cellulare dedicato solamente alle chiamate o richieste di consulenza da parte di medici, paramedici, infermieri ecc. Quando ricevo una chiamata poi le divido in categorie di priorità e mi autogestisco la giornata lavorativa.
Nei casi di pazienti con sintomatologia acuta, gestisco la richiesta di TAC, esami del sangue, faccio il primo esame obiettivo, anamnesi e prima potenziale diagnosi, poi rivedo il tutto con il neurologo che esamina il paziente e decide che tipo di trattamento sia adeguato e insieme lo mettiamo in atto.
In questi mesi ho imparato tantissime cose, e le opportunità di crescita professionale che ho avuto e sto avendo sono davvero tantissime, posso dire di sentirmi davvero soddisfatta e soprattutto apprezzata da tutto il team.
Ad oggi il processo per diventare infermieri in UK si e’ un po’ complicato con l’introduzione dell’obbligatorieta’ della certificazione di lingua. Noi della EB Recruitment parliamo molto con i nostri candidati, sia nella fase pre-colloquio, sia durante il loro periodo in UK e spesso notiamo che cio’ che scoraggia di piu’ i ragazzi a partire o a rimanere in territorio britannico e’ la paura di “sprecare” tempo nello studio della lingua durante il periodo di lavoro come HCA.
Cosa consiglieresti agli infermieri italiani che hanno questa paura? Secondo te il sacrificio di studio e lavoro dettato dalla necessita’ di ottenere la certificazione di lingua per essere finalmente Registered Nurse, vale la pena?
Io penso che ne valga la pena. Quando ho iniziato io ovviamente questo ostacolo della certificazione di lingua non c’era e ho visto tanti infermieri arrivare in UK con una scarsa padronanza dell’inglese e nessuna voglia di adattarsi e migliorare. Io lo reputo un atteggiamento sconsiderato e poco maturo.
Iniziare come HCA purtroppo è l’unico modo per poter iniziare e soprattutto servirà per capire e conoscere quelle dinamiche che sono a noi italiani sconosciute.
Il mio consiglio è che se avete voglia di lavorare e crescere professionalmente l’Inghilterra può darvi la giusta combinazione per poter partire e pian piano realizzarvi, però ovviamente c’è da far la cosiddetta gavetta, nessuno vi da niente per niente… tutto sta nelle vostre mani e nella vostra voglia di fare e di adattarvi a ciò che è diverso dalla vostra quotidianità. E se poi alla fine di tutto non siete contenti, non pensatela mai come una perdita di tempo, anzi! Consideratela come un’esperienza di crescita diversa dalle altre.
Buona fortuna a tutti! 🙂
Fonte Ebrecruitment. Com
Grazie mille a Angelica per questa sua testimonianza. Speriamo che questo articolo abbia risponsto a un po’ di quelle domande che balenano in testa quando ci si approccia al “come sara’ lavorare come infermieri in UK?” . Se leggendo l’articolo vi siete convinti che questo percorso puo’ fare per voi, non vi resta che mandare il cv a benedetta.boldrini@ebrecruitment.com o contattarci su https://www.ebrecruitment.com/Contacts.htm. In caso contrario ci auguriamo che sia servito a togliervi un po’ di dubbi e a fare una scelta consapevole, perche’ il vostro futuro da professionisti e’ importante!!!
Articolo di Benedetta Boldrini
Managing Director e Founder – EB Recruitment
Con la gentile collaborazione di Angelica L. – Dott.ssa in Infermieristica e Stroke Nurse Practitioner