Non interessa l’elemosina dell’iscrizione all’Ordine ma un vero riconoscimento della professione.
Con la delibera nr. 19/XII del 21 maggio 2019, il Consiglio Centrale di Rappresentanza dei Militari del Comparto Difesa ha ritenuto di doversi esprimere in merito alla querelle dell’obbligatorietà dell’iscrizione all’Ordine professionale da parte degli Infermieri militari, condividendo il documento del 14 marzo 2019 con cui lo Stato Maggiore della Difesa chiedeva al Ministero della Difesa di individuare modifiche di legge per la risoluzione della problematica.
Senza voler entrare ancora una vota nel merito della questione, abbondantemente ed esaustivamente trattata in un precedente articolo “l’iscrizione all’Ordine degli Infermieri: un papocchio istituzionale” pubblicato da As.So.Di.Pro in data 9 aprile 2019, è opportuno evidenziare la posizione presa da SMD e dal COCER la quale fa sottintendere come ci si possa astenere dall’iscriversi (L. 3/2018) e come il personale interessato possa attendere una nuova fantomatica legge per porre a carico dell’Amministrazione la quota in base a confutabili motivazioni inerenti la condizione, la specificità e lo status di militare.
Non essendoci stata una chiara indicazione ai professionisti della Sanità di dover ottemperare hic ed nunc all’iscrizione, si è data la sensazione di avallare e implicitamente giustificare la mancanza di iscrizione da parte di quegli Infermieri che ancora, a torto o a ragione, non hanno intenzione di iscriversi all’Ordine di appartenenza.
Senza questa chiara premessa di obbligo all’iscrizione, si è creato un grave precedente in quanto si è contribuito ad affossare, in un colpo, sia il principio di legalità, cioè di operare nel rispetto delle leggi vigenti, che il principio di agire nella legalità, secondo cui deve essere punito chi commette reato; contravvenendo all’art. 97 della Costituzione, secondo la quale la Pubblica Amministrazione deve agire ispirandosi sempre al principio di legalità.
In tale siffatto quadro, il caso degli Infermieri militari è diventato un “caso” limite con conseguenze una più paradossale dell’altra: preziose risorse professionali impiegate in altri incarichi; personale non iscritto che continua a prestare attività assistenziale e che si espone al rischio di esercizio abusivo della professione; Comandanti che li utilizzano che rischiano imputazioni per impiego di personale abusivo; attività assistenziali a rischio di impugnazione in quanto effettuate da personale non adeguato.
L’abitudine a ricorrere a deroghe e ad eccezioni per quel che riguarda l’organizzazione e i compiti a cui è preposta la Sanità militare, ha creato un groviglio di confusione e di inefficienze, una legittimizzazione strisciante e perfino una quasi tolleranza ad accettare un sistema che si autoassolve e si autogiustifica per le molteplici, troppe carenze professionali e strutturali. Questo legittimare la non rispondenza alle norme e alle regole che la Società richiede, oltre ai possibili danni pratici determinabili da una attività assistenziale sanitaria non qualificata, produce una forma mentis da parte di una parte del personale che non si oppone, non si ribella, piuttosto tollera e legittima; talvolta per interesse, per indifferenza o per rassegnazione. L’effetto che provoca è un vero e proprio mutamento genetico di vivere, dando corpo a due tipi di pensiero, a due modi di vivere la professione infermieristica in un clima di guerra civile. Per fortuna c’è anche l’Infermiere militare che vuole attenersi alle regole impartite oltre che dalle norme, dalle evidenze scientifiche e dal buonsenso. Professionisti motivati che vogliono svolgere nel migliore dei modi il proprio lavoro ben consci della responsabilità morale e civile che hanno nell’assicurare le migliori cure ed assistenza ai pazienti che ad essi si rivolgono; Infermieri che con spirito di sacrificio e con ferrea volontà si impegnano, oltre che a fare il proprio dovere, a cercare di dare un sveglia e una svolta alla deriva deleteria che logiche esterne alla professione, non coerenti con la reali esigenze, possono portare.
Il ricorrere a ogni piè sospinto all’argomento “specificità” del comparto per derogare a norme nazionali e regionali in tema di sanità senza analizzare e riflettere sulle reali peculiarità che dovrebbero indirizzare verso le scelte più appropriate, portano a provvedimenti il più delle volte in contrasto con le reali esigenze di una Organizzazione che deve assicurare:
Il sostegno logistico-sanitario delle Forze armate nazionali, in pace e in guerra, in Italia e all’estero;
il rispetto dei diritti e della dignità della persona, con riguardo esclusivo alla situazione sanitaria del paziente;
l’assistenza ed il soccorso della collettività nazionale per i casi di pubbliche calamità e svolgere altresì missioni umanitarie all’estero;
la cooperazione con il Servizio sanitario nazionale, con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con le università, con gli enti e con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, al fine di garantire tutela ed assistenza ai cittadini che ne facciano richiesta.
La specificità del personale sanitario militare, considerato che ad esso sono richieste le più elevate capacità professionali, deve essere vista in un’ottica estensiva e non riduttiva delle indicazioni innovative che provengono dal mondo accademico e dalla società civile. Quello che occorre strategicamente creare è un armonico rapporto con l’omologo comparto civile, con l’universo culturale accademico e della ricerca in modo da creare una osmosi a doppio senso con la finalità di qualificare, ai massimi livelli, gli operatori sanitari militari.
All’Infermiere militare impiegato all’estero a supporto degli uomini del proprio contingente o in dispositivi multinazionali sono richieste capacità avanzate di assistenza al fine di tutelare la vita umana e la salute attenendosi alle conoscenze scientifiche e ispirandosi ai valori etici fondamentali. In tali contesti operativi, l’utente con le stellette abbisognevole di cure è penalizzato dal fatto che non può scegliere il sanitario a cui affidarsi, bensì è obbligato a farsi curare da quelli con cui condivide la Missione. Ed è proprio per questo che anche le professionalità impiegate in questi contesti devono essere le più eccelse in grado di dare le migliori risposte assistenziali ai bisogni dell’utente militare. Se proprio si vuole parlare di specificità, l’infermiere militare si differenzia da quello civile nell’eccezione che deve unire alle spiccate virtù militari le più elevate e peculiari doti professionali; questa duplice capacità si raggiunge solo attraverso una estensione delle indicazioni che provengono dal mondo scientifico e normativo che devono essere acquisite tout court e devono essere applicate allo strumento militare attraverso un accurato adattamento tecnico – operativo.
Oggi quello che affligge i Marescialli infermieri non è il doversi pagare l’iscrizione all’Ordine professionale, organo che è indispensabile per la tutela dei professionisti e della salute individuale e collettiva. La querelle su questo tema da più la sensazione di una lotta politica e di voler prendere a pretesto una questione che interessa pochi non iscritti per volersi ergere a tutti i costi a paladini degli interessi degli infermieri militari. Il danno che deriverebbe da un annacquamento dell’appartenenza all’Ordine di questi professionisti sarebbe molto grave e aprirebbe contenziosi non di poco conto.
Oggi quello che affligge veramente gli Infermieri militari è il loro sottodimensionamento e il demansionamento per il mancato riconoscimento dell’autonomia professionale necessaria per svolgere appieno un’attività assistenziale carica di responsabilità e non priva di rischi. Essi sono impegnati durante tutta la loro vita lavorativa ad assicurare standard operativi elevati e ad ottemperare a disposizioni normativa (iscrizione Ordine, assicurazione obbligatoria, Educazione Continua in Medicina, formazione per impiego estero, training on job, duplice uso sistemico, ecc.) come nessun altro appartenente alla categoria in cui sono inquadrati. A questo si aggiunge la ingiusta sottordinazione rispetto agli Infermieri delle FF. AA. degli altri Paesi NATO e rispetto ai colleghi civili italiani.
Se si hanno a cuore le sorti della Sanità militare e degli Infermieri con le stellette, gli Organi di rappresentanza militare in generale e il COCER interforze in particolare dovrebbero fare una seria e approfondita riflessione su quello che realmente interessa il personale in questione e lavorare per il giusto riconoscimento del ruolo Ufficiali per gli Infermieri militari quale risposta alle annose problematiche che essi vivono.
Il costo per realizzare questa scelta sarebbe zero in quanto i nuovi Ufficiali infermieri, oltre a continuare ad assicurare la necessaria assistenza infermieristica, libererebbero gli Ufficiali medici da tante incombenze gestionali – organizzative, i quali potrebbero finalmente dedicarsi esclusivamente alle attività di diagnosi e di cura a cui sono preposti.
Redazione NurseNews.Eu
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Militariassodipro