Come ci rimareste, cari colleghi infermieri, se vi dicessero …no! tu no…!, (come il famoso ritornello di Jannacci), tu non puoi fare carriera…! Non puoi perché sei un nero…! oppure perchè sei un omosessuale…! Un ebreo…! Un meridionale…e ecc…ecc… Ecco…come vi sentireste?…come reagireste…?
E come vi sentireste se tali divieti apparentemente improbabili fossero imposte dallo Stato attraverso delle norme di legge, un po’ come avvenne con le leggi razziali in epoca fascista!?
Eppure, in questo Paese, cosi’ civile democratico…, fondato su una Costituzione, ( tra le più belle al mondo), che, in modo inequivocabile, afferma principi di solidarietà (art. 2 Cost.), di uguaglianza (art.3). Addirittura uguaglianza sostanziale, (cioè la Repubblica si impegna a rimuovere tutti gli ostacoli per il pieno adempimento della personalità umana… ….vado a mente), parrebbe impossibile che possano sussistere discriminazioni di tali gravità…, distruttive…,pare impossibile ripeto, eppure haime’…. sussistano!.
Vi è, in Italia, una categoria professionale ancora più debole, più indifesa delle classiche categorie discriminate sopra indicate. Sempre mai rappresentata o falsamente rappresentata, sottomessa per legge. Sempre perdente in ogni sua istanza o interpretazione.
Tale categoria è quella degli infermieri…pare difficile crederci eppure è così.
Vi sono norme nel nostro ordinamento giuridico, (oltre che pseudo prassi amministrative),che condannano la categoria degli infermieri ad una eterna sottomissione… ed io ne sono, contestualmente, testimone e vittima.
Ho gli stessi titoli, (o forse più), di tanti dirigenti e direttori della mia Azienda Sanitaria, ma avendo il marchio infamante, per il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), di infermiere, nulla posso e devo sperare se per caso mi venisse in mente di fare carriera in sanità.
Da precisare che intendo una carriera vera e non quella falsa del dirigente infermieristico la cui legge istitutiva impone alle aziende sanitarie la invarianza di costi….e la istituzione facoltativa in pianta organica di tale figura. Il cui ruolo può essere assunto anche da un dirigente sanitario non infermieristico….o avocato dal Direttore Sanitario com’è avvenuto nella mia azienda per tanti anni.
Ecco il fatto.
Sono stato escluso A PRIORI da una selezione pubblica per diversi posti di dirigente amministrativo indetta da una Azienda sanitaria…, escluso pur in possesso dei requisiti richiesti dal bando (laurea in Giurisprudenza + 5 anni in categoria D) perchè, essendo infermiere, ho nel SSN un profilo professionale da sanitario…(Sic!). Tale esclusione è “prevista” dall’art. 26 del D.lgs 165/01.
Da sottolineare che tale Decreto Legislativo è il famoso Testo Unico sul Pubblico Impiego ove è confluita, la grande e rivoluzionaria, almeno così si pensava allora, privatizzazione del pubblico impiego i cui principi fondativi contenuti nei primi articoli, sono la meritocrazia, l’efficenza, l’efficacia ed economicità del lavoro e sostanziale equiparazione del lavoro nel pubblico impiego con quello privato.
Precisato quanto sopra dovremmo capire qual è la “ratio” di una tale esclusione.
Escludere in modo aprioristico una intera categoria professionale di pari livello di quelli ammessi, potrebbe essere accettabile, (per chi la subisce), se fosse sostenuta da un motivo…se vi fosse un deficit, formale, cioè evidente, di competenza….ma, così non è.
Che senso ha, infatti, escludere ma solo per gli Enti del Ssn, i dipendenti forse più competenti, coloro cioè, che possono vantare una doppia competenza: sanitaria e giuridica insieme. Proprio “ora” che la “Sanità” moderna è tutta intrisa di Diritto!. Pensiamo solo alla legge Gelli – Bianco (L.24/2017) i cui destinatari sono proprio i professionisti sanitari, in “primis” gli infermieri, il cui articolo uno impone e prescrive ai destinatari della norma una nuova ” consapevolezza” delle cure perché sancisce il Diritto del Paziente alla “sicurezza della cura”.
Sfugge, quindi, il senso di una tale esclusione. Se il senso non è ravvisabile, se non vi è una “ratio ad escludendum” tale esclusione è immotivata quindi discriminatoria.
Ma, Attenzione, la discriminazione diviene palese, evidente, se si considera il fatto che se lo stesso tipo di concorso (Dirigente Amministrativo) viene bandito da un Ente pubblico non appartenente al Ssn, lo stesso infermiere escluso dal Ssn, viene ammesso. Art. 28 D.lgs 165/01. Ma che senso ha? Cosa vuol dire ? Addirittura se l’infermiere, oltre ad essere in possesso di Laurea in Giurisprudenza è anche abilitato avvocato (requisito che si ottiene solo dopo aver superato un concorso pubblico composto da tre scritti, su argomenti di diritto civile, penale e amministrativo, più nove esami orali su materie giuridiche compreso pure il diritto amministrativo), può concorrere per magistrato…!
Quindi, ancora una volta, ci si chiede cosa vuol dire una tale esclusione? Forse essere infermiere per il Ssn è un marchio infamante ? Il sottoscritto è quindi un avvocato di serie B perchè infermiere? E si! perchè una tale esclusione, così grave, può essere giustificata solo dalla poca considerazione che il legislatore accorda agli infermieri…e pensare che le Aziende Sanitarie impongono, anche con circolari interne, mansioni amministrative agli infermieri…
Tralascio, volutamente, ulteriori considerazioni giuridiche supportate dalla giurisprudenza sia civile che amministrativa…se non una piccola doverosa precisazione: la giurisprudenza sia quella civile che quella amministrativa concordano che non vi è alcun nesso tra il funzionario amministrativo (ammesso al concorso e di pari livello dell’infermiere) e il lavoro di dirigente amministrativo… (se non la parola “amministrativo”). Affermano, infatti, all’unisono, che ogni qualvolta che un dipendente supera un concorso interno per giungere ad un livello di carriera superiore inizia con la propria amministrazione un nuovo rapporto di lavoro che nulla ha a che fare con il precedente.
Giunto alla conclusione di tale articolo, considerate voi se quanto affermato al principio il sottoscritto abbia esagerato.
Questo è un paese dove il merito, il valore della persona non è considerato… se appartieni ad una categoria professionale debole.
Dott. Marco Antonio Virzì