Il melanoma è un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti, quelle cellule che formano la pelle.
Le cause sono: esposizione eccessiva ai raggi solari, lettini solari e lampade, insufficienza del sistema immunitario o malattie ereditarie.
Tra i diversi tipi di melanoma esistenti, quello nodulare risulta essere il più aggressivo in quanto invade da subito il tessuto in profondità.
I sintomi possono includere un cambiamento nell’aspetto di un neo o la comparsa di uno nuovo, un neo che sanguina che prude od è arrossato.
Le caratteristiche di un neo sono riassunte grazie alla sigla ABCDE:
A: asimmetria nella forma, B: bordi irregolari, C: colore, D: dimensioni, E: evoluzione.
La prevenzione consigliata è quella di esporsi al sole in maniera moderata, utilizzare creme protettive, controllare periodicamente l’aspetto dei propri nei.
La diagnosi precoce consiste, tuttavia, nell’ auto-esame periodico della propria pelle, ma quella certa viene poi fatta con la biopsia.
Di solito il trattamento di prima scelta è la chirurgia procedendo con la rimozione del tessuto malato, segue poi la radioterapia adiuvante post-operatoria che va usata per eliminare residui di cellule tumorali.
La chemioterapia in genere non è molto efficace ma può aiutare ad alleviare i sintomi. Esistono anche terapie definite ‘loco-regionali’ che consistono nel somministrare il farmaco in determinate aree del corpo.
Esiste una nuova frontiera della medicina che prende il nome di immuno-oncologia che ha alla base il concetto di combattere la malattia grazie alla stimolazione del sistema immunitario. In altre parole, il processo naturale prevede che, alla presenza di un agente estraneo come un batterio o un virus, il nostro sistema di “sorveglianza” venga attivato. L’obiettivo e la peculiarità dell’immuno-oncologia è quello di poter offrire un beneficio di sopravvivenza a lungo termine. Un farmaco di questo tipo, comunque, non genera risultati visibili nell’immediato poiché non colpisce le cellule tumorali, ma va ad attivare il sistema immunitario per ottenere la risposta desiderata. In alcuni casi è necessario aspettare circa 16-20 settimane affinchè si possa evidenziare radiologicamente una risposta. Gli effetti collaterali sono, generalmente, un riflesso del meccanismo d’azione della terapia stessa in quanto il potenziamento della nostra sorveglianza può portare ad un aumento dei meccanismi di difesa in altre parti del corpo dove questo stimolo non risulta necessario. Ciò può causare, ad esempio, un’infiammazione temporanea a livello gastrointestinale o sulla pelle sottoforma di eruzioni cutanee. La tossicità dell’immunoterapia risulta, tuttavia, facilemente gestibile grazie a specifici accorgimenti terapeutici.
Ogni anno, in Italia, circa settemila persone muoiono a causa del melanoma e quasi tremila casi di essi presentano metastasi cerebrali. Nasce così la necessità di potenziare le soluzioni terapeutiche e il melanoma, per l’immunoterapia, rappresenta la prima prova tangibile di efficacia che oggi permette a diversi pazienti di essere vivi a cinque anni dalla diagnosi.
Una decisione viene adottata dalla Regione Campania che permetterà di utilizzare la combinazione del primo immunoterapico immesso sul mercato, “ipilimumab”, insieme “nivolumab” che nel tempo ha determinato un miglioramento degli esiti delle cure. I due farmaci, pur essendo approvati e garantiti singolarmente dal servizio sanitario nazionale, non erano fino a oggi rimborsati in nessuna zona d’ Italia se prescritti assieme a un paziente colpito da un melanoma metastatico. La superiorità del trattamento combinato è stata però appena ribadita da uno studio pubblicato sul «New England Journal of Medicine».
La combinazione di farmaci è già disponibile e rappresenta potenzialmente la soluzione più rapida e concreta per ampliare le possibili opportunità terapeutiche. Questa scelta è definita un salvavita per i
pazienti colpiti da un melanoma con metastasi cerebrali.
Maria Servino