L’Italia, nel recepire la Direttiva europea 2013/55, riporta nei decreti legislativi le competenze dell’infermiere “responsabile dell’assistenza generale infermieristica” e distingue lo stesso dalla figura dell’infermiere con competenze avanzate o specialistiche già riconosciute e pienamente attive in molti Paesi della Comunità Europea.
Le competenze di base, necessarie all’attività dell’infermiere, sottolineano il livello minimo di competenze e conoscenze professionali che devono essere possedute da tutti gli infermieri che operano nei territori dell’Unione Europea.
Direttive UE 2013/55, competenze di base:
individuare autonomamente le cure infermieristiche necessarie utilizzando le conoscenze teoriche e cliniche attuali nonché di pianificare, organizzare e prestare le cure infermieristiche nel trattamento dei pazienti, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite.
lavorare con altri operatori del settore sanitario, anche per quanto concerne la partecipazione alla formazione pratica del personale sanitario sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite;
orientare individui, famiglie e gruppi verso stili di vita sani e l’autoterapia, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite ai sensi del comma 6, lettere a) e b);
avviare autonomamente misure immediate per il mantenimento in vita e di intervenire in situazioni di crisi e catastrofi;
fornire autonomamente consigli, indicazioni e supporto alle persone bisognose di cure e alle loro figure di appoggio;
garantire autonomamente la qualità delle cure infermieristiche e di valutarle;
comunicare in modo esaustivo e professionale e cooperare con gli esponenti di altre professioni del settore sanitario;
analizzare la qualità dell’assistenza in un’ottica di miglioramento della propria pratica professionale come infermiere responsabile dell’assistenza generale”.
Il profilo professionale dell’infermiere in Italia:
Già Il DM 739/94 e la Legge 251/2000 menzionano l’autonomia professionale dell’infermiere nell’esercizio delle sue competenze, come previsto dalle direttive europee.
In sintesi, “Le principali funzioni sono: la prevenzione delle malattie, l’assistenza ai malati e ai disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria”.
l’infermiere si prende cura dei suoi pazienti, somministra, in autonomia, la terapia farmacologica prescritta durante il decorso della malattia, valuta lo stato di salute, pianifica e gestisce l’assistenza specialistica e di base attraverso il personale di supporto e tanto altro ancora…
Alla luce di quanto sopra esposto, in stretta connessione con la normativa europea vigente già recepita dal nostro paese, ancora oggi e a distanza di anni, si continua a parlare in Italia della necessità di mantenere una “superiorità funzionale” dei medici, nei confronti dell’infermiere nel tentativo di bloccare l’evoluzione dell’organizzazione del sistema sanitario,(diversamente da ciò che accade nel resto d’Europa) come nel caso del riconoscimento dei protocolli medico/ infermieristici per l’emergenza sanitaria 118 (Caso Venturi), ambulatori a gestione infermieristica , metodo “ See and Treat, fast track, ecc…”.
Ed ancora, sul tema della relazione/comunicazione, intesa come parte integrante del processo di cura, alcuni autori, alla domanda ”a chi spetta la comunicazione in sanità?”, rispondono affermando che tale compito non spetterebbe all’infermiere, se non marginalmente, quindi si vorrebbe delineare l’immagine de “l’infermiere robot”, privo di ogni forma di autonomia e responsabilità intellettuale e professionale.
Competenze avanzate e parificazione professionale in Europa
Il significato di competenze avanzate (advanced nursing practice) inizia a svilupparsi negli USA verso il 1960 e raggiunge il Regno Unito verso il 1980 come risposta ai cambiamenti dei bisogni di cura sanitaria.
A tutela di tutti i cittadini della comunità europea che potrebbero essere assistiti da infermieri provenienti da altri Paesi che compongono la UE, stante la libera circolazione dei professionisti sanitari, si é attivata la “tessera professionale europea per l’assistenza transfrontaliera”.
Se si tiene conto che in numerosi Paesi dell’Unione Europea, la professione infermieristica ha già acquisito quel processo di “valorizzazione” del proprio profilo professionale, (vedi percorsi accademici che seguono i “Nurse Practitioner Prescriber” o gli “Enfermeros Prescriptores” spagnoli e molti altri ancora) il dilemma in Italia diventa ancora più imponente.
Altro aspetto rilevante in Italia riguarda le prescrizioni farmacologiche, che dovranno essere riconosciute in tutti i paesi dell’UNIONE EUROPEA; questo per assicurare che l’assistenza sanitaria possa essere garantita in maniera uniforme in tutti gli stati membri. Il dato da tenere in considerazione è che le farmacie Italiane non potranno sottrarsi dal consegnare farmaci e dispositivi “medici” prescritti dagli “infermieri prescrittori” che esercitano nel resto d’Europa.
A norma della direttiva 2011/24/UE, la Commissione è tenuta “ad adottare un elenco dei dati che devono essere presenti in queste ricette. L’elenco permetterà al farmacista di verificare l’autenticità della ricetta e se questa è stata rilasciata da un membro di una professione del settore sanitario regolamentata e legalmente abilitato”.
In base alla Direttiva di Esecuzione 2012/52/UE della Commissione, per l’identificazione del professionista prescrittore, la ricetta dovrà contenere tutti gli estremi necessari all’identificazione immediata del professionista sanitario.
Cosa intende l’Europa per Prescrizione di ricette mediche?
Per “ricette mediche” non si intende “ricette del medico”, ma ricette “volte alla identificazione dei prodotti medicinali o dei dispositivi medici”, prescritte da un professionista sanitario avente una qualifica professionale abilitante, medico, infermiere o farmacista che sia.
Quindi, volendo tirare le somme, mentre il Parlamento Italiano si adegua alle direttive europee sull’assistenza infermieristica, alcuni (per fortuna una minoranza) continuano ostinatamente a cercare di bloccarne l’evoluzione attraverso continue “invasioni di campo” ai soli fini di ritardare lo sviluppo delle professioni sanitarie.
Ancora non si vuol comprendere che l’infermieristica italiana nel SSN deve migliorare il suo potenziale per contribuire al miglioramento dei servizi sanitari, come avviene nel resto d’Europa affinché si possa offrire a tutti i cittadini italiani un’assistenza sanitaria di alta qualità.
Il Governo, gli ordini professionali, i sindacati, devono porre in atto tutte le azioni indispensabili affinché l’infermieristica e l’organizzazione sanitaria Italiana migliori per poter salvaguardare e uniformare le cure dei cittadini Europei.
“Nel nostro futuro professionale non c’è posto per la guerra, non c’è posto per l’estremismo, non c’è posto per il fanatismo”.
Alfio Stiro,
infermiere