I dati parlano chiaro: paragonando i dati della terapia intensiva neonatale del Niguarda a quelle degli altri centri lombardi, italiani e internazionali appartenenti al prestigioso Vermont Oxford Network (V.O.N.), il nosocomio milanese brilla per i suoi risultati.
Durante il periodo 2006-2017, a Niguarda ci si è presi cura di 601 neonati dal peso inferiore ai 1500 grammi. Di questi sono sopravvissuti il 90,9% (il 67,2% senza alcuna disabilità). I valori medi in Lombardia sono pari rispettivamente all’88% e al 62,4%, in Italia 86,7%, e 61,1%.
Se poi si allarga l’orizzonte al resto del mondo i dati del Niguarda sono ancora più rilevanti: sopravvivenza all’85,7% e solo il 57% senza disabilità.
“La terapia intensiva neonatale di Niguarda grazie al supporto della cardiologia-pediatrica, della cardiochirurgia pediatrica, della neurologia pediatrica, della chirurgia e dell’oculistica pediatrica e di tutti i servizi di diagnostica è in grado di fornire un’assistenza a 360 gradi. Ed è anche grazie a questo approccio multidisciplinare che siamo riusciti a limitare complicanze temute come la retinopatia della prematurità grave e la leucomalacia periventricolare, una forma di danno cerebrale che può essere complicanza della nascita prematura , abbattendo l’incidenza rispettivamente al 1,9% e al 3,2%” spiega Stefano Martinelli, Direttore della Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale.
Anche per quanto riguarda dimissione e allattamento al seno i dati mostrano come quasi una mamma sue due sia in grado di alimentare il proprio bambino col proprio latte nonostante la prematurità e il ricovero del piccolo.
Niguarda