Il governatore pugliese Michele Emiliano la chiama la «Grande onda» e il Sud la aspetta a breve, come uno tsunami dopo un terremoto. Il sisma è partito dalla Lombardia la notte del 7 marzo, quando la decisione di chiudere la Regione ha scatenato una fuga di una massa di emigranti di ritorno, stimata in almeno 100 mila persone. Una marea arrivata a destinazione ma i cui effetti, attesi a giorni, potrebbero mettere in ginocchio il Meridione d’Italia, già afflitto da una malattia cronica, la mala sanità, che la rende più fragile di fronte a un’eventuale impennata della malattia.
I governatori stanno provando a erigere un cordone sanitario contro «la bestia infame», come la chiama Emiliano. Ben sapendo che si tratta di un muro poroso, con troppi varchi possibili. Le regioni del Centro e del Sud più colpite sono le Marche, con 1.133 contagiati e 98 persone in terapia intensiva. E la Puglia, soprattutto per la progressione: in un giorno l’aumento dei contagi è stato del 38% e il numero dei decessi è raddoppiato, da 8 a 16. Nel Lazio il maggior numero di contagiati del Centro-Sud: sono 396.
Lopalco, il virologo nominato da Emiliano a capo del coordinamento regionale, spiega: «Tra Nord e Sud c’è un intervallo di una manciata di giorni. Noi speriamo che l’ondata arrivi qui quando al Nord si è già allentata la morsa. Se si liberano risorse al Nord, possono essere spostate al Sud». Ma c’è un problema: dall’8 marzo si sono autodenunciati, e sono finiti in quarantena, 20 mila pugliesi rientrati a casa. Emiliano stima che siano almeno 30 mila i rientri reali: «Siamo in grado di gestire fino a 2.000 contagi e 200 persone in rianimazione. Teniamo solo fino a lì».
Tutti i governatori si stanno attrezzando con l’aumento dei posti letto. Ma mancano i macchinari, annunciati da Roma con tempi biblici di 45 giorni. Il presidente siciliano Nello Musumeci ha individuato 200 posti in terapia intensiva. Ma in Sicilia sono tornate dal Nord 31 mila persone, che si sono autodenunciate. In Calabria va ancora peggio. Una delle peggiori sanità d’Italia non è in grado di resistere a un impatto forte. Come confessa la neogovernatrice Jole Santelli: «Abbiamo 100 posti in terapia intensiva. Non so fare previsioni sulle nostre capacità di reggere».
Vincenzo De Luca, l’energico governatore campano, dopo aver spiegato che purtroppo non si possono usare i metodi «terapeutici» cinesi, ovvero «le fucilazioni» per chi trasgredisce, ha messo in quarantena la popolazione di Ariano Irpino e mandato l’esercito sul lungomare. Anche Santelli e Musumeci invocano l’aiuto dell’esercito, mentre Emiliano frena: «Se a epidemia e restrizione delle libertà ci aggiungiamo l’esercito, si evocano brutte cose».
A San Severino Marche si prova a resistere con la preghiera: alle 17, i megafoni recitano il rosario. Il sindaco di Benevento Clemente Mastella, più laicamente, ha predisposto l’assistenza gratuita di psicologi. Duecento tra medici e infermieri siciliani denunciano: «Il giuramento non prevede l’essere immolati sull’altare della spending review». In Puglia ci sono 15 mila addetti alla sanità in meno rispetto all’Emilia-Romagna, che ha lo stesso numero di abitanti. Lopalco sintetizza: «È come se noi giocassimo in 6 e gli altri in 11. E non basta un uomo solo al comando. Mi faceva ridere quando chiamavano Cottarelli, pur bravissimo, per tutte le emergenze. A fare la differenza non è una persona, ma il sistema complessivo».
Redazione
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