“trend in calo, Da Quotidiano sanità – avverte l’Iss – non significa che siamo vicini a nuovi contagi zero. La circolazione del virus proseguirà e dobbiamo tener conto della ‘massa’ di persone infette piuttosto ampia accumulatasi al Nord. Con il lockdown abbiamo creato solo artificiosamente un picco, perché la maggior parte della popolazione è ancora suscettibile al contagio. Se allentiamo la guardia potrebbe ripetersi quel che è successo un mese fa”. Oltre il 70% dei contagi tra il personale registrato in ospedale e nei servizi di emergenza.
Nell’ultima settimana (9/16 aprile) l’incremento di nuovi casi di coronavirus in Italia si è ridotto del 65%. La settimana precedente i nuovi casi erano infatti cresciuti del 27,9% mentre negli ultimi sette giorni sono cresciuti del 16,9%.
Cala anche l’incremento dei decessi che passa dal + 32,7% nella settimana dal 2 al 9 aprile al + 20,1% degli ultimi sette giorni con un decremento in termini percentuali del – 62,6%. E diminuisce infine anche l’incremento dei casi di contagio tra gli operatori sanitari che passa dal + 32% al + 20,8% con una differenza in termini percentuali del – 53,8%.
Questo il trend dell’epidemia nell’ultima settimana analizzato nel nuovo report epidemiologico dell’Iss presentato oggi in conferenza stampa.
Rispetto alla settimana precedente sono Sardegna, Toscana e Piemonte le regioni che hanno segnalato il maggior incremento di nuovi casi (la settimana scorsa erano invece Campania, Basilicata e Valle d’Aosta) mentre le Regioni con il minore incremento di casi sono state questa settimana Basilicata, Umbria e Liguria (la scorsa settimana gli incrementi minori si erano invece registrati nelle Marche, in Emilia Romagna e in Lombardia).
“Ma questo trend in calo non deve portarci ad avere false certezze. Nessun reale picco è stato raggiunto”, dice l’Iss. “Trend in calo non significa che siamo vicini a nuovi contagi zero. La circolazione del virus proseguirà e dobbiamo tener conto della ‘massa’ di persone infette piuttosto ampia accumulatasi al Nord. Con il lockdown abbiamo creato artificiosamente un picco – ha spiegato Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell’Iss -. Nessun picco reale è stato dunque raggiunto perché la maggior parte della popolazione è ancora suscettibile al contagio. Se allentiamo la guardia può ripetersi quel che è successo un mese fa”.
Ancora sono diversi gli aspetti da chiarire. Tra questi, manca un identikit chiaro su chi siano i nuovi contagi che hanno continuato ad accumularsi anche durante la fase di lockdown. “Non sappiamo bene come sono avvenuti i nuovi contagi dopo il lockdown. Ci sono stati sicuramente focolai ospedalieri e nelle Rsa che hanno agito da amplificatori dell’epidemia. Probabilmente ci sono stati anche contagi intrafamiliari. Serviranno approfondimenti su questi aspetti”, ha chiarito Rezza.
A pesare su questo dato anche il fatto che le misure restrittive adotttate in Italia, e più in generale in Europa, siano state diverse da quelle adottate in Cina per la zona di Wuhan: “Quello di Wuhan è stato un lockdown irripetibile per le democrazie occidentali – ha sottolineato Rezza -. Senza arrivare a determinati eccessi potremmo usare anche in Italia il tracciamento operato in Corea, in modo da contenere il rischio e permettere interventi tempestivi. In ogni caso, dobbiamo sempre tenere conto del fatto che un certo grado di pericolo sarà sempre presente con le riaperture”.
A proposito di Fase 2, gli esperti dell’Iss hanno spiegato come sarà importante rafforzare il controllo del territorio con l’identificazione precoce dei focolai, più test e rintracciamento e isolamento tempestivo dei nuovi casi e dei relativi contatti, ricorrendo ad azioni di contenimento che possano prevedere anche la creazione di nuove zone rosse.
Nella giornata in cui è stata pubblicata l’ordinanza sulla nuova App “Immuni” per l’identificazione degli individui potenzialmente infetti, Brusaferro ha spiegato come questo strumento possa aiutare a “velocizzare la loro individuazione, oltre a fornire una mappa più completa”. Sull’obbligatorietà o meno dell’App, “posso solo dire che servono strumenti compatibili con il nostro sistema di diritti e libertà”, ha sottolineato il presidente dell’Iss.
In ogni caso, come spiegato da Rezza, “non sappiamo cosa potrà avvenire dopo il lockdown. In fase di chiusura sappiamo che la trasmissione può proseguire in maniera ridotta in luoghi chiusi come le Rsa, gli ospedali, oltre ai contagi intrafamiliari. Vedremo con possibili aperture”. Tra i rischi da prendere in considerazione ci sarà anche quello riguardante i possibili spostamenti tra Regioni: “La mobilità della popolazione può essere un fattore di rischio laddove vada ad interessare zone con grosse differenze nella circolazione virale”.
Nel nuovo rapporto dell’Iss c’è anche un focus sui contagi tra il personale sanitario. L’Iss ha esaminato nel dettaglio le qualifiche professionali di 16.179 operatori sul totale di 16.991 operatori che ad oggi sono risultati positivi e sono gli infermieri e gli ostetrici le categorie più colpite dal Coronavirus con quasi 7mila contagiati pari al 43,2% degli oltre 16 mila operatori sanitari infettati dall’inizio dell’epidemia. A seguire i medici ospedalieri con 3.071 casi di contagio pari al 19% del totale e poi gli Operatori socio sanitari con 1.599 casi pari al 9,9%.
I medici di famiglia e i pediatri infettati risultano essere invece 130 (0,8% dei contagiati) mentre sono 650 (4%) i contagiati nel settore amministrativo. Ma colpite sono anche molte altre categorie professionali di cui l’Iss non fornisce il dettaglio ma che sommano complessivamente altri 3.103 casi.
Il dato è stato reso noto oggi dall’Istituto superiore di sanità nel corso della conferenza stampa di aggiornamento sull’andamento epidemiologico del Covid.
La stragrande maggioranza dei contagi (70,9%) è avvenuto in ospedale o nei servizi urgenza/emergenza.
L’Iss aggiorna anche il numero dei decessi tra gli operatori che passa da i 48 della settimana precedente ai 70 di questa settimana. Un numero, va sottolineato, molto inferiore a quello comunicato dalle diverse associazioni professionali, medici in testa, che da soli segnalano ad oggi 129 decessi.
Nel corso dell’incontro sono stati poi aggiornati i dati relativi alla survery condotta dall’Iss sulle Rsa presenti nel nostro Paese. Ricordiamo che la survey, iniziata il 24 marzo, coinvolge 3.420 Rsa pubbliche o convenzionate che fanno parte dell’Osservatorio Demenze dell’Iss. Ad oggi sono state contattate 3.276 Rsa (96% del totale) distribuite in modo rappresentativo in tutto il territorio nazionale. Hanno risposto finora 1.082 strutture pari al 33% delle strutture contattate.
Nelle Rsa che hanno risposto vi sono un totale di 80131 residenti alla data del 1° febbraio 2020, con una media di 74 residenti per struttura. Dal primo febbraio ad oggi ci sono stati 2.724 decessi dovuti al Covid (364) oppure a sintomi simil-infuenzali (2.360) che fanno pensare comunque al coronavirus, anche se la persona deceduta non è stata sottoposta a tampone. Il totale dei decessi degli ospiti di queste strutture è stato di 6.773, quindi quelle che sono o potrebbero essere legate a Covid-19 rappresenterebbero circa il 40%. La maggior parte dei decessi osservati nello studio (addirittura il 43% in Lombardia) si concentri a marzo, specialmente nelle seconde due settimane.
Redazione
Da Quotidiano sanità