Le ha formulate in una lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio, al ministro della Salute e alle Regioni il segretario del sindacato della dirigenza delle professioni sanitarie (Androposan) Marcello Bozzi. Le proposte riguardano i sistemi ospedaliero, dei servizi territoriali, delle cure primarie anche attraverso una diversa valorizzazione del personale.
L’Associazione sindacale rappresentante la Dirigenza delle Professioni Sanitarie (Androposan) in una lettera aperta a Governo e Regioni avanza una serie di proposte per il riordino del sistema sanitario anche alla luce dell’eperienza dell’emergenza Covid.
La proposta si articola in 5 punti (leggi qui la lettera integrale):
1. Il ripensamento del sistema ospedaliero
La storia degli ospedali italiani è un grande segno di civiltà, nati da una grossa spinta popolare, supportati dall’alta nobiltà di ogni singolo contesto, per garantire “l’ospitalità” ai bisognosi.
In troppi casi il Paese si è portato dietro quella storia (certamente nobile), a volte salvaguardando “orti” e “campanili”, con fini molto meno nobili di quelli dichiarati, senza consapevolezza dei rischi per la popolazione (conseguenza diretta di casistiche e competenze minimali e di tecnologie e attrezzature inadeguate).
I tempi sono cambiati e servono strutture e modelli diversi. Oggi il sistema ospedaliero è regolamentato dal DM 70/2015. Può essere giusto o sbagliato. Comunque è un riferimento. Le non conformità rilevate (in eccesso e in difetto – fonte annuario statistico 2019) devono essere un importante riferimento per il ripensamento della rete degli ospedali e la loro distribuzione territoriale, tenendo conto dei nuovi bisogni della popolazione e delle evoluzioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche che hanno rivoluzionato i sistemi di diagnosi, cura, assistenza e riabilitazione.
2. Il ripensamento del sistema dei servizi territoriali
Il sistema dei servizi territoriali, punto fondamentale della riforma del 1978, sviluppato nel tempo “a macchia di leopardo”, oggi evidenzia due importanti criticità.
La prima riguarda le enormi differenziazioni nella distribuzione regionale delle strutture e dei servizi territoriali (DSM, Anziani, DMI, etc.) e delle Residenze.
La seconda riguarda la grossa problematica di fragilità / disabilità / cronicità, interessante il 3,7% della popolazione da 65 a 74 aa e il 7% della popolazione con una età > di 75 aa (fonte: Scaccabarozzi e dati annuario statistico 2019 – circa 750.000 persone)
Le due situazioni presentate richiedono importanti interventi di adeguamento strutturale, su indirizzo nazionale, a garanzia di quel sistema universalistico, equo e solidale da tutti richiamato, per una applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
Ma richiedono anche importanti adeguamenti di risorse assistenziali per lo sviluppato / potenziamento delle cure domiciliari ed i modelli di presa in carico (chronic care model) per garantire l’adeguatezza e la continuità delle attività e prestazioni assistenziali.
I manuali di autorizzazione ed accreditamento svolgono un ruolo fondamentale nella determinazione dei criteri strutturali, tecnologici ed organizzativi, a tutela e garanzia degli utenti e degli operatori.
I gravi fatti accaduti in occasione dell’epidemia COVID-19, in particolare nelle situazioni residenziali e Case di Riposo, evidenziano l’urgenza di rivedere il sistema al momento in essere.
3. Il sistema delle cure primarie
Un sistema articolato e complesso, con una grande storia e grandi valori … ma troppo ancorato a regole, tradizioni e consuetudini appartenenti ad un passato non più in linea con le esigenze di oggi.
In questo percorso di riorganizzazione, tenuto conte dei diversi contesti operativi (aree metropolitane e aree a media e bassa densità di popolazione), vanno valutati i pro ed i contro dei sistemi resi operativi (Balduzzi) con le UCCP e AFT, e va ripensato il ruolo dei MCA, considerandoli a pieno titolo nell’organizzazione delle strutture di cui sopra. Le esperienze USCA possono essere un importante “laboratorio” (pur con le contraddizioni contrattuali in essere, professionali e multi-professionali, ovviamente da superare) per un migliore funzionamento delle strutture.
L’attivazione dell’Infermiere di Famiglia, così come raccomandato dall’OMS e così come ben specificato negli indirizzi del Patto per la Salute di recente pubblicazione, diventa fondamentale per la programmazione e realizzazione di tutte quelle attività di promozione e di educazione alla salute e di presa in carico delle cronicità, in integrazione con gli altri servizi domiciliari, nell’ambito di progetti, percorsi e processi definiti e condivisi con i MMG/PLS e con i clinici dei servizi territoriali.
4. Le risorse necessarie
La determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento del sistema (tipologia e numerosità) deve realizzarsi tenuto conto della preventiva determinazione delle strutture (ospedaliere e territoriali) necessarie per garantire le risposte diagnostiche, cliniche, assistenziali e riabilitative alla popolazione.
In questo percorso è necessario tenere conto anche della diversa formazione che ha interessato 22 professioni sanitarie (tutte laureate) e della necessità di ripensare la formazione e il profilo professionale dell’Operatore Socio Sanitario, per renderlo maggiormente in linea con le esigenze dei pazienti e con le necessità di funzionamento delle strutture.
Pertanto, tenuto conto dei nuovi saperi e delle nuove norme riguardanti le professioni sanitarie, nel frattempo emanate, è necessario rivedere le collaborazioni, le interazioni, le integrazioni, i ruoli e le responsabilità, e le organizzazioni in genere, sia per non vanificare l’investimento formativo fatto, sia per assicurare un più alto livello di garanzia e sicurezza agli utenti e agli stessi professionisti.
5. La valorizzazione dei professionisti
Il riconoscimento e la valorizzazione delle figure professionali, nel rispetto dei principi già enunciati nel Patto per la Salute e richiamate da tutte le forze politiche come “importante ed urgente esigenza” deve riguardare:
– i professionisti della “linea di produzione” ed i professionisti specialisti e/o esperti (come da norme vigenti), nell’ambito dei rinnovi contrattuali;
– i professionisti impegnati nelle attività programmatorie ed organizzative a livello di Unità Operativa e Dipartimento (ieri Caposala, oggi Coordinatori con Incarichi di Funzione Organizzativi), con riconoscimenti ed inquadramenti diversamente pesati nell’ambito dell’Area del Comparto, fino all’inquadramento dirigenziale, sulla base di criteri definiti a monte che tengono conto della complessità clinico-assistenziale e organizzativa di riferimento, con contestuale “congelamento” dei precedenti inquadramenti nell’area del comparto;
– i professionisti impegnati a livello dirigenziale, in applicazione del vigente CCNL dell’area della dirigenza, attraverso una definizione delle posizioni ricopribili ed i necessari adeguamenti normativi e contrattuali per la correttezza giuridico-amministrativa degli atti e per un riconoscimento alla dirigenza delle professioni sanitarie pari diritti e pari dignità rispetto alle altre dirigenze precedentemente istituite;
– i professionisti impegnati nella formazione (ieri regionale, oggi universitaria), con il pieno riconoscimento di status e ruolo a tutti i professionisti interessati, nell’ambito di precisi accordi tra le Regioni (che finanziano) e il sistema universitario (che governa), nel rispetto delle relative regole di funzionamento.
18 aprile 2020
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