I sofisti erano maestri di virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti. Per questo motivo essi furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Socrate, Platone e Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura».
Con sofisma si fa riferimento ad un’argomentazione capziosa e fallace, apparentemente valida ma fondata in realtà su errori logici formali o ambiguità linguistiche determinate dall’atteggiamento eristico e dall’intento volutamente ingannevole.
L’origine del termine risale alla corrente filosofica dei sofisti. Sofisma deriva dal greco σόφισμα (leggi sóphisma, cioè: artifizio, abilità), che deriva a sua volta dal verbo σoφίζομαι (leggi sophìzomai, che vuol dire parlare abilmente, scaltramente, in modo astuto).
Col significato di argomentare capzioso, come «pseudo argomento filosofico», lo si ritrova già in Platone.
In Aristotele il termine diviene sinonimo di sillogismo eristico[1](in Topici, VIII, 11, 162a 16) cioè un argomentare non valido formalmente «che sembra concludente ma non lo è.»
I filosofi dell’ infermieristica non accettano l’ovvio, perché se accettassero l’ovvio lo ricorda Platone, diventerebbero gregge, pecore”
Alfio Stiro.