Gli inquirenti ipotizzano circa 1000 ricoveri finti
Il paradosso del reparto fantasma: non esiste ma costa 10,5 milioni
1 Ottobre 2020 19:16
Vincenzo Imperitura.
Tra i paradossi della sanità calabrese, quello di “cuore matto” – l’operazione della guardia di finanza di Catanzaro che ha individuato una serie di presunte irregolarità all’interno di Villa Sant’Anna – rappresenta un vero e proprio unicum. Nello stesso mondo sanitario regionale dove da anni spariscono reparti e si chiudono interi ospedali come non ci fosse un domani, può infatti succedere che in quello che viene considerato come centro di eccellenza nelle cure ai cardiopatici, si faccia luce (e batta cassa) un reparto che non solo non è stato tagliato, ma che resiste, anche se nella realtà, non esiste.
IL REPARTO FANTASMA
Al centro dell’ennesimo presunto scandalo sulla (mala)sanità calabrese, c’è il reparto di Utic della clinica Sant’Anna di Catanzaro: in pratica la terapia intensiva coronarica, quel reparto cioè dove finiscono i pazienti più critici che soffrono di patologie cardiache. Secondo gli investigatori delle fiamme gialle – che hanno iniziato le indagini nei primi mesi del 2019 – il reparto che negli ultimi sette anni avrebbe curato circa 1000 pazienti (più o meno dieci casi al mese) semplicemente non esiste. O meglio, a leggere le disposizioni del giudice per le indagini preliminari Gaia Sorrentino esiste solo sulla carta visto che i posti che risultavano di terapia intensiva, sarebbero stati in effetti, quelli per l’ospedalizzazione ordinaria. Una storia ingarbugliata che sarebbe stata messa in piedi grazie ad una grossolana manipolazione dei dati forniti al servizio sanitario regionale a cui venivano addebitati i costi (molto alti) dei ricoveri fantasma.
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REPARTI GIREVOLI
Secondo quanto ipotizzano i magistrati della procura del capoluogo regionale, la direzione della clinica – sono indagati per i reati di truffa aggravata e continuata al servizio sanitario e frode nelle pubbliche forniture il legale rappresentante della clinica Rosanna Frontera, il direttore generale Giuseppe Failla e l’ex direttore sanitario, in carica fino a agosto 2019, Gaetano Muleo – avrebbe ottenuto l’accreditamento del reparto già nel 2013, senza però disporre delle infrastrutture mediche e del personale sanitario e infermieristico necessario: in pratica, scrivono gli investigatori, dal 2013 la clinica registrava come pazienti Utic, persone che venivano invece curate presso i reparti di terapia intensiva post operatoria e di cardiologia, con tanti saluti ai protocolli medici che prevedono per questo tipo di casi clinici, un monitoraggio di livello superiore alla norma. Nel finto reparto Utic invece, ci finivano i pazienti ricoverati per patologie ordinarie.
UN FIUME DI DENARO
Ma se il reparto esisteva solo sulla carta, i rimborsi addebitati dalla clinica – uno dei centri di eccellenza nelle patologie cardiache nel disastrato mondo della sanità calabrese – al servizio sanitario erano più che reali, oltre che piuttosto salati. Negli anni passati al setaccio dai militari delle fiamme gialle infatti, risulterebbero indebitamente percepiti, rimborso per 10,5 milioni di euro. Una montagna di denaro che adesso, su disposizione del Gip, è stata posta sotto sequestro preventivo ai fini della confisca ai tre indagati. Per non farsi mancare proprio niente, i tre dirigenti medici sono poi indagati con l’ipotesi di violenza e minacce nei confronti del personale sanitario che opera nella struttura: secondo quanto emerge dalle indagini infatti i tre avrebbero minacciato i medici già interrogati dalle forze dell’ordine nelle prime fasi dell’indagine, per convincerli a ritrattare quanto finora già messo a verbale
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