La Grande cina invasa da una marea di turisti, il Bund di Shanghai, lo storico viale che costeggia il fiume Huangpu, preso d’assalto da giovani e meno giovani intenti a immortalare con i loro smartphone i grattaceli di Pudong. E ancora: una fila interminabile di sardine ammucchiate lungo i sentieri che si snodano lungo i Monti Huangshan, uno dei siti naturali più famosi del Paese.
Questa è la Cina post Covid-19, dove la pandemia sembra ormai essere un lontano ricordo e l’economia, grazie alla spinta del turismo interno, è tornata a macinare numeri impressionanti. Tutto questo mentre l’Europa e gli Stati Uniti stanno iniziando a fronteggiare la seconda ondata di coronavirus, tra il rischio di dover ricorrere a nuovi lockdown e lo spauracchio di assistere al collasso dei sistemi sanitari.
Il primo ministro cinese sbandiera con orgoglio due dati. Il primo riguarda i contagi da Covid: zero quelli interni da circa un mese, poche decine quelli importati da viaggiatori provenienti dall’estero. Il secondo dato immortala, invece, la ripresa del settore turistico cinese, lo stesso che ha saputo ridare impulso all’intero motore economico nazionale. Ebbene, secondo quanto riferito dal Ministero del Turismo, sono stati registrati 637 milioni di viaggi nel periodo compreso nella cosiddetta Settimana d’oro (“Huángjin Zhou”), cioè nei sette giorni che vanno dal primo giorno di ottobre (festa della fondazione della Repubblica Popolare cinese) all’8 ottobre.
Il miracolo cinese
Calcolatrice alla mano, i 637 milioni di viaggi registrati formano un flusso che rappresenta il 79% del totale calcolato lo scorso anno nello stesso periodo. Certo, i ricavi del turismo interno si sono attestati a 466,56 miliardi di yuan (68,7 miliardi di dollari), in calo rispetto ai quasi 650 miliardi di yuan del 2019, ma la cifra raggiunta fa ben sperare Pechino. Questo, infatti, significa che la prima grande prova nazionale dai tempi del Covid è stata superata con successo.
I turisti, pur indossando le mascherine protettive, non sempre hanno rispettato le distanze di sicurezza. Molti siti turistici sono stati infatti letteralmente presi d’assalto. Rischio calcolato, sostengono gli esperti. Nel senso che il governo cinese, considerando il basso numero di nuovi casi registrati quotidianamente, ha incoraggiato i movimenti di massa per risollevare i consumi interni.
Giusto per citare un paio di statistiche: China UnionPay, colosso cinese dei pagamenti con carta, ha visto un’impennata dei suoi pagamenti online del 9,6% nei primi tre giorni di ferie. Le prenotazioni alberghiere a livello nazionale, ha sottolineato Fliggy, l’agenzia di viaggi di Alibaba, sono schizzate di oltre il 50% su base annua. Infine la prenotazione dei biglietti aerei e dei siti turistici: anche qui un incoraggiante +16% su base annua. Insomma, la situazione in Cina è quasi tornata all’era pre Covid.
Il “segreto” del Dragone
Come ha fatto la Cina a risollevarsi così in fretta? Il mistero – se così vogliamo definirlo – ha appassionato mezzo mondo. Intanto le procedure di controllo per gli stranieri-lavoratori che rientrano nel Paese sono altamente rigorose. È infatti necessario fare un tampone prima di imbarcarsi, salvo poi trasmetterne il risultato alla sede diplomatica cinese della propria nazione di appartenenza. Ovviamente, si parte solo se l’esito è negativo.
Una volta arrivati in Cina viene effettuato un nuovo tampone. Anche in caso di seconda negatività è obbligatorio trascorrere una quarantena di 14 giorni presso uno degli alberghi designati dalle autorità. Va da sè che durante questo lasso di tempo i medici monitorano il viaggiatore. Alla fine di tutto, scatta un terzo tampone e l’obbligo di registrarsi su una app. Ecco: così facendo Pechino ha individuato quasi 3mila contagi dalla scorsa primavera a oggi.
Oltre a questo, la Cina ha sviluppato fin da subito un capillare sistema di controllo sociale per tracciare, isolare e trattare i pazienti positivi. Di tanto in tanto sono capitati incidenti di percorso, come ad esempio il focolaio scoppiato nel mercato ortofrutticolo di Pechino a giugno. Ma le autorità, a quanto pare, sono state in grado di spegnere sul nascere ogni focolaio grazie a interventi mirati.
È interessante, infine, analizzare un dato riportato da Caixin: durante la Settimana d’Oro soltanto il 29% dei turisti cinesi che ha deciso di mettersi in viaggio ha scelto di lasciare la propria provincia di origine. È probabile che un comportamento del genere, coincidente con la volontà di non spostarsi troppo lontano da casa, sia da attribuire alla prudenza del popolo cinese. In ogni caso, la Cina sembrerebbe essere ufficialmente ripartita.
Redazione NursrNews
Fonte
Insideover