È nata all’ospedale Cannizzaro di Catania Alessandra, figlia della donna che ha ricevuto il primo trapianto di utero realizzato in Italia. “Si tratta della prima nascita di questo tipo nel nostro Paese e del sesto caso al mondo di gravidanza portata a termine con successo dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta” sottolinea una nota del Centro nazionale trapianti (Cnt).
“La madre di Alessandra, oggi 31enne, era nata priva di utero a causa di una rara patologia congenita, la sindrome di Rokitansky – ricorda la nota del Centro nazionale trapianti – Il trapianto era stato effettuato nell’agosto 2020 in piena pandemia presso il Centro trapianti dell’Azienda ospedaliero universitaria Policlinico di Catania da un’équipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco Veroux, Paolo Scollo, Massimiliano Veroux e Giuseppe Scibilia, nell’ambito di un programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti. Successivamente la donna è stata seguita dall’équipe di Paolo Scollo presso il reparto da lui diretto di Ostetricia e ginecologia dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro, unità operativa complessa clinicizzata dell’Università Kore di Enna. Al Cannizzaro la paziente e il marito hanno poi iniziato il percorso di fecondazione
assistita omologa, grazie agli ovociti prelevati e conservati, prima dell’intervento, nella biobanca per la preservazione della fertilità dello stesso ospedale”.
“Si è trattato di un trapianto estremamente complesso – racconta Pierfrancesco Veroux, professore ordinario di chirurgia vascolare e trapianti dell’Università degli studi di Catania – che ha presentato sin dall’inizio le difficoltà tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal declampaggio dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di ‘vivere’ nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa. Il Centro trapianti da me diretto ha seguito in questi due anni con cadenza settimanale la futura mamma al fine di monitorare le condizioni cliniche e modulare la terapia immunosoppressiva, soprattutto nella delicata fase finale condizionata dal Covid. L’utero trapiantato, al momento della nascita della ‘nostra’ piccola Alessandra, ha confermato la piena funzionalità, facendo ben sperare per il futuro”.
“La nascita di questa bambina è un risultato straordinario – commenta il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo – Questa sperimentazione è ancora agli inizi, soprattutto per quanto riguarda gli interventi a partire da donatrici decedute, che sono solo il 20% dei già pochi trapianti di utero finora realizzati nel mondo. Una gravidanza con esito positivo a soli due anni dal primo trapianto è dal punto di vista scientifico un successo per la Rete trapiantologica italiana: innanzitutto per tutti i professionisti dell’ospedale Cannizzaro e del Policlinico di Catania che stanno conducendo la sperimentazione e che hanno seguito fin dall’inizio il percorso della paziente, e poi per il Centro regionale siciliano e per il coordinamento nazionale che hanno lavorato al reperimento dell’organo”.
“La piccola Alessandra oggi rappresenta per le donne nate prive di utero una speranza concreta di poter condurre una gravidanza ed è l’ennesima testimonianza di come la medicina dei trapianti e la donazione degli organi siano un valore da promuovere sempre di più”, conclude Cardillo.
IN ITALIA 5 DONNE IN LISTA D’ATTESA PER TRAPIANTO UTERO – “Il programma nazionale di trapianto di utero è stato autorizzato in via sperimentale dal Consiglio superiore di sanità nel 2018 ed è attivo dal 2019 presso il Centro trapianti del Policlinico di Catania. Finora sono stati realizzati con successo due interventi: il primo nell’agosto 2020 e il secondo nel gennaio 2022. Al momento in lista d’attesa sono arruolate 5 donne” sottolinea il Centro nazionale trapianti. La sperimentazione italiana prevede che le donatrici siano donne decedute tra i 18 e i 50 anni ed esclude per ora la donazione da vivente.
“Il protocollo sperimentale ha come obiettivo proprio il successo di una gravidanza della paziente trapiantata. Il primo passo è la riuscita del trapianto dell’organo da un punto di vista funzionale; successivamente, circa un anno dopo l’intervento, una volta stabilizzato il quadro clinico della paziente, viene avviato il percorso di procreazione medicalmente assistita”, aggiunge il Cnt.
Secondo i criteri definiti dal protocollo, “le potenziali candidate al trapianto sono donne con età compresa tra i 18 e i 40 anni con anamnesi negativa per patologie oncologiche, assenza di pregresse gravidanze a termine con esito positivo – conclude il Cnt – affette da patologia uterina congenita (sindrome di Rokitansky) o acquisita (atonia uterina post partum)”.
fonte: Adnkronos
Redazione NurseNews.eu