E se esiste una crisi del settore sociosanitario -Rsa – centri di riabilitazione, non è da legare agli aumenti determinati dal caro energia, ma semmai a diversi altri fattori, come la mancata programmazione nazionale e regionale del sistema sociosanitario, riabilitativo Rsa, come terzo pilastro del Sistema sanitario nazionale. Ma soprattutto all’esodo del personale sanitario, gli “EROI” che hanno coraggiosamente contribuito a tenere in piedi il sistema durante l’emergenza Covid. Ed è figlio del mancato rinnovo contrattuale, che vede le retribuzioni nella parte economica ferme al 2007.
La mancata progettazione del sistema è legata anche a scelte sbagliate di chi ha voluto negli anni far uscire il settore riabilitativo sociosanitario – Rsa dal contratto per acuti, facendolo approdare nel terzo settore, in un’area dove si applicano oltre 40 Ccnl, dove ogni struttura applica un suo contratto che taglia retribuzioni e diritti e si fa dumping contrattuale, e soprattutto concorrenza tra le strutture guadagnando sul costo del personale.
Allora, prima di dire che le strutture sociosanitarie – Rsa in tutta Italia sono messe a rischio per il caro energia, è bene che ci si assuma le responsabilità e si dica una volta per tutte dove si vogliono collocare il settore sociosanitario ex art. 26, i centri diurni, i centri psichiatrici, gli ambulatori di riabilitazione le case di cura ex art. 56. Se devono far parte della rete dei servizi sociosanitari nazionali, si deve rinnovare il Ccnl scaduto. Se invece si vuole portare il settore sociosanitario nel terzo settore, nella giungla del dumping contrattuale, a quel punto la politica dovrà rivedere gli accreditamenti, le rette e i Les delle strutture che fanno dumping contrattuale e dunque concorrenza sleale.
Fonte Nurse Times
Redazione NurseNews.eu