La Corte non ha dunque condiviso la tesi del primo giudice secondo cui non vi sarebbe stata la prova della “prevalenza” dell’espletamento della mansioni inferiori proprie della figura dell’OSS rispetto a quelle infermieristiche risultando “che l’infermiere senz’altro negli ultimi 5 anni…..ha svolto, oltre alle sue funzioni professionali, anche ordinatamente e stabilmente tutte le mansioni che sono proprie della figura dell’OSS, non essendo disponibile personale ausiliario in numero sufficiente a garantire le esigenze primarie dei pazienti”.
Quanto al danno da demansionamento richiesto, la Corte ha poi ritenuto “provata l’esistenza del danno alla dignità professionale sulla base degli elementi desumibili dagli atti di causa, in considerazione della durata (5anni) per la quale è stata svolta, accanto all’attività corrispondente all’inquadramento professionale, anche l’attività corrispondente all’inferiore inquadramento; alla natura di tale attività ultima attività (prettamente manuale rispetto alla natura intellettuale di quella propria dell’infermiere ), del fatto che tale attività inferiore viene svolta in presenza di tutti i pazienti che, quindi, vedono l’infermiere svolgere compiti propri di lavoratori inquadrati in categoria inferiore”.
L’Azienda Sanitaria Locale n.2 Abruzzo ha quindi proposto ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione con 3 motivi ritenuti inammissibili con conferma della sentenza n. 238/19 della Corte d’Appello dell’Aquila.
Fonte NurseTimes
Redazione NurseNews.eu