Le accuse sono quelle di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, emerse nell’ambito dell’operazione denominata Sorella Sanità 2.
Nell’ambito dell’operazione denominata Sorella Sanità 2, riguardante un giro di tangenti per centinaia di migliaia di euro e gare truccate per 700 milioni in alcune aziende sanitarie siciliane, la Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di dieci persone: una è finita in carcere, quattro ai domiciliari e cinque sono destinatarie di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Per tre di loro è stata disposta la misura interdittiva di un anno. Gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Con lo stesso provvedimento il gip del Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro di oltre 700.000 euro, che sarebbero il prezzo della corruzione, e il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno a carico di tre società. Le indagini, coordinate dal neo-procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, sono la prosecuzione dell’inchiesta Sorella Sanità, che nel maggio 2020 ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di 13 persone, tra i quali Fabio Damiani e Antonio Candela, manager rispettivamente delle Asp di Trapani e Palermo, già processati e condannati in primo grado. Le indagini hanno accertato nuove ipotesi di corruzione e di turbativa, relative ad altre gare pubbliche in ambito sanitario.
Sarebbero sei le gare truccate scoperte dai finanzieri palermitani, che avrebbero scoperto una tangente da 700.000 euro versata al presidente della commissione di gara e a un faccendiere dalla società aggiudicataria dell’appalto da 12,4 milioni di euro per la realizzazione, la gestione e la manutenzione del sistema informativo dell’Asp 6 Palermo. Una seconda tangente sarebbe stata corrisposta a un pubblico ufficiale e a un complice nell’ambito di due gare da oltre 220 milioni per la fornitura di apparecchiature elettromedicali, gestite rispettivamente dalla Regione Siciliana e dall’Asp Palermo. Tramite un consulente legale la società aggiudicataria avrebbe predisposto contratti meramente formali di manutenzione di apparecchiature, con l’unica finalità di giustificare, grazie all’utilizzo di fatture false, il passaggio di somme di denaro attraverso un’impresa compiacente.
Le indagini hanno riguardato anche l’ipotesi di un tentativo di turbativa di una procedura di gara a evidenza pubblica da parte, tra gli altri, di un appartenente alle forze dell’ordine. Gli investigatori avrebbero ricostruito inoltre episodi di corruzione e turbative d’asta per due importanti gare, una nella Sicilia occidentale, l’altra in quella orientale. Sotto la lente degli inquirenti è finita la gara pubblica del valore di 227,6 milioni di euro indetta per l’affidamento dei servizi di pulizia in ambito sanitario. In questo caso l’ipotesi di reato è quyella di turbativa d’asta, e sarebbero emerse responsabilità di un pubblico ufficiale dell’Asp Enna, in qualità di consulente della Regione Siciliana.
Un altro filone di indagine riguarda due dirigenti di una società nel settore sanitario che, per avere la prosecuzione di un contratto di 140 milioni per l’assistenza domiciliare respiratoria per il bacino orientale dell’isola, avrebbero tentato di corrompere un funzionario dell’Asp Enna. E un ulteriore appalto sotto inchiesta è infine quello dell’affidamento del servizio di ossigenoterapia domiciliare relativo alle aziende del bacino occidentale della Regione Sicilia, del valore di 66,4 milioni di euro. Il presidente della commissione di gara avrebbe rivelato informazioni riservate ai dirigenti della società aggiudicatrice dell’appalto, in cambio della promessa di una tangente pari all’1% dell’importo di gara e soggiorni in hotel di lusso.
Le accuse sono quelle di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, emerse nell’ambito dell’operazione denominata Sorella Sanità 2.
Nell’ambito dell’operazione denominata Sorella Sanità 2, riguardante un giro di tangenti per centinaia di migliaia di euro e gare truccate per 700 milioni in alcune aziende sanitarie siciliane, la Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di dieci persone: una è finita in carcere, quattro ai domiciliari e cinque sono destinatarie di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Per tre di loro è stata disposta la misura interdittiva di un anno. Gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti.
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Con lo stesso provvedimento il gip del Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro di oltre 700.000 euro, che sarebbero il prezzo della corruzione, e il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno a carico di tre società. Le indagini, coordinate dal neo-procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, sono la prosecuzione dell’inchiesta Sorella Sanità, che nel maggio 2020 ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di 13 persone, tra i quali Fabio Damiani e Antonio Candela, manager rispettivamente delle Asp di Trapani e Palermo, già processati e condannati in primo grado. Le indagini hanno accertato nuove ipotesi di corruzione e di turbativa, relative ad altre gare pubbliche in ambito sanitario.
Sarebbero sei le gare truccate scoperte dai finanzieri palermitani, che avrebbero scoperto una tangente da 700.000 euro versata al presidente della commissione di gara e a un faccendiere dalla società aggiudicataria dell’appalto da 12,4 milioni di euro per la realizzazione, la gestione e la manutenzione del sistema informativo dell’Asp 6 Palermo. Una seconda tangente sarebbe stata corrisposta a un pubblico ufficiale e a un complice nell’ambito di due gare da oltre 220 milioni per la fornitura di apparecchiature elettromedicali, gestite rispettivamente dalla Regione Siciliana e dall’Asp Palermo. Tramite un consulente legale la società aggiudicataria avrebbe predisposto contratti meramente formali di manutenzione di apparecchiature, con l’unica finalità di giustificare, grazie all’utilizzo di fatture false, il passaggio di somme di denaro attraverso un’impresa compiacente.
Le indagini hanno riguardato anche l’ipotesi di un tentativo di turbativa di una procedura di gara a evidenza pubblica da parte, tra gli altri, di un appartenente alle forze dell’ordine. Gli investigatori avrebbero ricostruito inoltre episodi di corruzione e turbative d’asta per due importanti gare, una nella Sicilia occidentale, l’altra in quella orientale. Sotto la lente degli inquirenti è finita la gara pubblica del valore di 227,6 milioni di euro indetta per l’affidamento dei servizi di pulizia in ambito sanitario. In questo caso l’ipotesi di reato è quyella di turbativa d’asta, e sarebbero emerse responsabilità di un pubblico ufficiale dell’Asp Enna, in qualità di consulente della Regione Siciliana.
Un altro filone di indagine riguarda due dirigenti di una società nel settore sanitario che, per avere la prosecuzione di un contratto di 140 milioni per l’assistenza domiciliare respiratoria per il bacino orientale dell’isola, avrebbero tentato di corrompere un funzionario dell’Asp Enna. E un ulteriore appalto sotto inchiesta è infine quello dell’affidamento del servizio di ossigenoterapia domiciliare relativo alle aziende del bacino occidentale della Regione Sicilia, del valore di 66,4 milioni di euro. Il presidente della commissione di gara avrebbe rivelato informazioni riservate ai dirigenti della società aggiudicatrice dell’appalto, in cambio della promessa di una tangente pari all’1% dell’importo di gara e soggiorni in hotel di lusso.
Gli indagati nell’operazione della Guardia di Finanza che ha fatto luce su un giro di mazzette per ottenere l’aggiudicazione di appalti nella sanità siciliana sono Giovanni Luca Vancheri, 53 anni, di Caltanissetta, funzionario dell’Asp Enna, arrestato per corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Ai domiciliari sono finiti: Stefano Mingardi, 57 anni, di Trezzano sul Naviglio (Milano), avvocato, indagato per riciclaggio ed emissione di fatture false; Loreto Li Pomi, 59 anni, palermitano, luogotenente dei carabinieri, in servizio al Nas, indagato per tentata turbata libertà degli incanti; Giuseppe Bonanno, 45 anni, di Caltanissetta, referente della società Althea spa, indagato per corruzione; Cristian Catalano, 40 anni, palermitano, referente della società Althea, indagato per corruzione.
Obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria per Luigi Giannazzo, 56 anni, di Catania, amministratore delegato della società Dedalus Italia spa, indagato per corruzione; Giuseppe Gallina, 54 anni, di Carini (Palermo), amministratore della società Healtech srl, indagato per riciclaggio ed emissione di fatture false; Alberto Vay, 49 anni, di Villarbasse (Torino), dirigente della società Vivisol srl, indagato per turbata libertà degli incanti e corruzione; Claudio Petronio, 67 anni, Molteno (Lecco), dirigente della società Vivisol srl, indagato per turbata libertà degli incanti e corruzione; Massimiliano D’Aleo, 47 anni, di Altavilla Milicia (Palermo), referente della società Generay srl, indagato per tentata turbata libertà degli incanti.
Divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per: Healtech srl, esercente attività di “riparazione e manutenzione di apparecchi medicali”, con sede a Carini; Vivisol srl, esercente attività di “fabbricazione di medicinali e preparati farmaceutici”, con sede a Monza; Althea spa, esercente attività di “riparazione e manutenzione di apparecchi medicali”, con sede a Roma.
Nell’inchiesta figurano anche le dichiarazioni di due ex indagati, poi condannati, che hanno dato agli inquirenti input importanti. Di tratta di Fabio Damiani, ex manager dell’Asp Trapani e responsabile della centrale unica di committenza degli appalti, e del manager Salvatore Manganaro, condannati rispettivamente a sei anni e sei mesi e a quattro anni e quattro mesi nella prima tranche dell’inchiesta di due anni fa. “Non può che affermarsi la piena attendibilità di entrambi gli indagati, i quali hanno reso racconti specifici, dettagliati e riscontrati – scrive il gip nel provvedimento –. Il racconto degli indagati appare circostanziato, esattamente collocato nel tempo, rappresentando un’esatta ricostruzione degli eventi e, soprattutto, del loro succedersi ed evolversi nel tempo”.
Relazione NurseNews.eu