Con sentenza in data 18 dicembre 2018 n. 906 la Corte d’Appello di Messina confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da un dipendente turnista di una Azienda ospedaliera, accertando il suo diritto alla erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore e condannandola al risarcimento del danno.
La Corte territoriale osservava che l’articolo 29, comma 2, CCNL integrativo comparto Sanità, del 20 settembre 2001, doveva essere interpretato in combinato disposto con il Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 8; da tali norme derivava che il diritto alla mensa doveva essere identificato con il diritto alla pausa. Il diritto alla mensa doveva, dunque, riconoscersi a tutti i dipendenti che effettuavano un orario di lavoro giornaliero eccedente le 6 ore.
Il lavoratore – i cui turni seguivano lo schema 7/13, 13/20, 20/7 – svolgeva nel turno pomeridiano un orario di sette ore e nel turno notturno un orario di undici ore. Egli non avrebbe potuto usufruire del servizio di mensa istituito dall’Azienda ospedaliera, perché non poteva essere sospeso il servizio di assistenza e non vi era un servizio di mensa serale. Pertanto, doveva riconoscersi il suo diritto ai buoni pasto.
Doveva altresì confermarsi il capo della sentenza del Tribunale sul risarcimento del danno, per avere l’appellato provveduto a proprie spese al pasto.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’Azienda ospedaliera, articolato in un unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso.
La decisione della Corte Suprema
Con l’unico motivo di ricorso l’Azienda ospedaliera ha dedotto-ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’articolo 29, comma 2, CCNL COMPARTO SANITÀ del 7 aprile 1999, modificato ed integrato dal CCNL in data 20.9.2001 nonché del Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 8, per avere la sentenza impugnata erroneamente identificato il diritto alla pausa con il diritto alla mensa.
Ha dedotto che a tenore della norma contrattuale il criterio per riconoscere il diritto alla mensa era la impossibilità, in relazione alla articolazione dell’orario di lavoro, di pranzare fuori dall’ambiente di lavoro.
Fonte
Studiomigliaccio.com
Redazione NurseNews.eu