Organoidi & Bioingegneria
Il nuovo “ovaroide” permette la maturazione degli ovuli e servirà a testare nuovi agenti terapeutici per le malattie dell’apparato riproduttivo femminile, come infertilità e cancro
Il processo che porta alla formazione dei gameti femminili, gli ovociti, dura anni: inizia nel feto e termina con la fecondazione. Per studiarlo più da vicino, i ricercatori hanno ricreato i precursori degli ovociti in laboratorio partendo dalle cellule staminali. Meno fruttuosi, invece, sono stati i tentativi di ottenere le altre cellule che compongono l’ovaio. Ma lo scorso febbraio gli scienziati dell’università di Harvard hanno pubblicato sulla rivista scientifica eLife un metodo veloce ed efficiente per riprodurre in laboratorio le cellule ovariche della granulosa, che sostengono la maturazione degli ovociti. Hanno così realizzato il primo organoide ovarico, o “ovaroide”, completamente umano: riproduce le funzioni dell’ovaio e permetterà di studiare le malattie dell’apparato riproduttivo femminile in laboratorio.
Alla nascita, ciascuna donna possiede già tutti gli ovuli che verranno rilasciati durante la vita, ma in uno stadio quiescente. A partire dalla pubertà, ogni mese un singolo ovocita riprende il suo ciclo di maturazione e viene espulso dall’ovaio, pronto per essere fecondato. Studiare l’ovogenesi non è semplice, sia per la scarsità di materiale umano disponibile sia perché i modelli animali non riproducono esattamente la fisiologia umana. Eppure, questo processo è al centro di numerose malattie dell’apparato riproduttivo femminile, come il cancro alle ovaie che colpisce 5200 donne ogni anno nel nostro Paese ed è al decimo posto tra le forme tumorali più diffuse, o come l’infertilità che in Italia interessa il 15% delle coppie
differenziamento in cellule della granulosa: NR5A1 e RUNX1 (o RUNX2). Le cellule ottenute con questo metodo hanno la stessa “firma” genetica delle originali e sono in grado di rispondere all’ormone follicolo-stimolante (FSH) e di produrre gli ormoni sessuali, estradiolo e progesterone. Mescolando queste cellule con gli ovociti primordiali in una piastra da laboratorio, i ricercatori hanno quindi realizzato il primo “ovaroide” completamente umano. Dopo soli quattro giorni di coltura, i PGCLC hanno iniziato a produrre due proteine, DAZL e DDX4, che nell’embrione compaiono solo dopo che gli ovociti sono migrati nella gonade, cioè quando hanno raggiunto uno stadio di differenziazione ormai avanzata. Per fare un paragone, nel modello precedente, l’organoide misto uomo/topo, gli ovociti iniziavano a esprimere queste proteine dopo quasi 30 giorni.
Il prossimo passo per rendere ancora più completo l’ovaroide sarà quello di introdurre anche le cellule della teca, che metabolizzano il colesterolo e producono l’androstenedione, il precursore degli ormoni sessuali. Ma anche adesso, questo modello supera i precedenti perché include solo cellule umane, è più veloce rispetto ai sistemi ibridi uomo/topo e replica la maggior parte delle funzioni dell’ovaio vero e proprio. La tecnologia è stata concessa in licenza a Gameto, che la sta usando per realizzare nuovi agenti terapeutici per le malattie dell’apparato riproduttivo femminile. In futuro, spiegano i ricercatori, una tecnologia simile potrebbe anche trattare l’infertilità coltivando cellule uovo da persone le cui uova non sono vitali.
Rioterapiavanzata.it