C’è chi chiede il trasferimento al Sud per tornare a casa, non reggendo più i costi della vita a Bologna. C’è chi si dimette per andare nel privato, dove le condizioni economiche sono migliori, E c’è chi se ne va all’estero. E ultimamente ad attrarre operatori sanitari anche dall’Emilia-Romagna sono i paesi del Golfo e in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar.
Nuovo fenomeno
Una meta non nuova per i medici, che da tempo vengono solleticati dagli alti stipendi, ma ora molto attrattiva anche per gli infermieri. Secondo l’Amsi, l’associazione medici di originale straniera in Italia, sono 50 gli operatori partiti dall’Emilia-Romagna alla volta dell’Arabia.
«Andare a lavorare all’estero e nei paesi del Golfo, in particolare in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, è un fenomeno molto importante e non va trascurato — dichiara Foad Aodi, presidente Amsi e Umem (Unione medica euromediterranea) nonché membro della Commissione Salute Globale della Fnomceo, la federazione degli Ordini dei medici e docente a contratto all’Università di Tor Vergata a Roma —, da una parte incrementa la fuga all’estero dei professionisti della sanità italiani alla ricerca di valorizzazione, salari alti, serenità, esperienze all’estero sia professionale che di vita (la media della permanenza è di 4 anni), contemporaneamente peggiora la situazione della carenza dei professionisti della sanità in Italia in particolare la sanità pubblica». Il tema non è nuovo, ma ora ha assunto dimensioni inimmaginabili fino a qualche tempo fa.
La grande fuga
All’Ausl di Bologna «solo negli ultimi giorni sono arrivate, come un fulmine a ciel sereno, ben 18 dimissioni volontarie, tutte insieme, oltre tutto senza preavviso, da parte di infermieri (si registrano ben 40 dimissioni negli ultimi tre mesi) — assicura il sindacato Un dato che non può non essere inquadrato come assolutamente allarmante. Lo scorso anno dall’azienda sanitaria bolognese sono usciti 270 infermieri, mentre nel 2021 erano stati 180. In piccola parte, solo in piccola parte, si tratta di pensionamenti programmati, mentre per oltre il 50% siamo di fronte a dimissioni volontarie». «La verità che si nasconde dietro questa fuga è una e una sola: sovraccarico di lavoro,demansionamento e lo stipendio medio di poco più di 1.400 euro netti, escluse le premialità e gli straordinari, non consente ad un giovane infermiere di mantenersi in una città come Bologna. Impossibile arrivare a fine mese, con l’aumento del costo della vita a pesare come ogni giorno come un macigno».
Stipendi e agevolazioni
Così chi si era spostato al Nord perché aveva trovato un posto ora decide di tornare al paese di origine dove il costo della vita è più basso. I più audaci fanno il salto più lungo e se ne vanno all’estero. Nei Paesi del Golfo Persico gli stipendi vanno dai 3 mila ai 6 mila euro, ci sono agevolazioni fiscali, burocrazia snella, aiuti per l’inserimento scolastico dei figli. Sono sirene allettanti alle orecchie di professionisti spesso sottoposti a carichi di lavoro enormi e con stipendi inadeguati.