Come affrontare il turno di notte.
la letteratura riguardante i danni riportati da medici e infermieri, di cui citiamo i riferimenti più significativi.
Per Czeisler e collaboratori, del dipartimento di medicina del sonno della Harward Medical School, i turni notturni prolungati sono associati ad un evidente e significativo aumento del rischio di procurarsi lesioni percutanee.
(6) Brown, dell’Università del Michigan, ha posto in evidenza un incremento percentuale del 4% di rischio di ictus ischemico ogni 5 anni di lavoro a turni con turni notturni (7).
Schernhammer e Laden dell’Università di Harvard sul Journal of the National Cancer Institute ci fanno scoprire come l’attività a turni con almeno tre turni notturni mensili per un periodo di 15 o più anni sia collegata ad una maggiore probabilità percentuale di sviluppare tumori del colon-retto del 35% rispetto ai lavoratori diurni.
Sempre nella stessa pubblicazione si evidenzia il il drammatico calo della produzione di
melatonina a partire dalla seconda settimana di innaturale esposizione a stimoli luminosi notturni e correlano a ciò l’aumentato rischio (8).
Olson ed Ambrogetti in una review sul Medical Journal of Australia hanno accentrato la loro attenzione sulle modificazioni ormonali e metaboliche, dipendenti dalla alterazione del ritmo circadiano conseguente alla turnistica notturna, ed hanno rilevato un sensibile aumento del rischio di sviluppare diabete mellito, obesità e cardiopatia ischemica. L’arretrato di sonno accumulato in casi di turni prolungati, secondo gli stessi autori, necessita di un riposo di almeno 48 ore per essere recuperato. In particolare vengono definiti come pericolosi quei turni che comprendano oltre la notte anche il mattino successivo od il pomeriggio senza alcun adeguato riposo intermedio. La review prosegue citando lo studio Helsinki Heart Study in cui veniva descritto un incremento del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari compreso tra il 40 ed il 50% rispetto ai lavoratori diurni (9).
Questo dato è sovrapponibile sia a quello ottenuto dal Nurse’s Health Study statunitense, che indica nel 51% la maggiorazione del rischio dopo soli 6 anni di lavoro con turni notturni. L’analisi elaborata da Kawaki e pubblicata su Circulation rileva un rischio maggiore del 21% entro i 6 anni di attività anche notturna e del 51% quando sia superato questo limite (10). Zheng e collaboratori della Yale University School of Medicine hanno dimostrato in medici che lavorano in terapie intensive, sottoposti a turni di lavoro prolungati e a lavoro notturno, un incremento di IL6 e della PCR che sono considerati markers biologici di infiammazione vascolare correlati ad eventi ischemici cerebrali e cardiaci (11).
Scheer del Dipartimento di Medicina del Sonno della Harvard Medical School ha posto in risalto la presenza di notevoli disturbi del sonno, con riduzione delle fasi REM, nei lavoratori a turni, con turni di notte, disturbi che tuttavia regredivano ritornando al lavoro diurno (12). Sempre associate ai disturbi, le mialgie talora anche molto importanti. In una review di Sleep sono riportati dati interessanti sui lavoratori coinvolti nei dipartimenti di emergenza, costretti spesso a dover prendere difficili decisioni terapeutiche con pazienti a rischio per la vita, relativi a disturbi della vita di relazione ed in specifico con i propri familiari sia per la “turnistica” in sé sia per una sorta di “deformazione professionale del pensiero” che sminuisce tutto ciò che non sia di “vitale importanza”. Sono sintomi caratteristici uno stato di affaticamento “cronico” comportante irritabilità, calo delle prestazioni e diminuita agilità mentale (16,17,18). La maggioranza degli studi evidenzia come, e qui il rimando specifico è al personale del comparto, spesso i lavoratori preferiscano settimane lavorative più brevi incrementando di conseguenza l’attività quotidiana sino a 12 e più ore. I test effettuati su questi stessi lavoratori rilevano, senza ombra di dubbio, che il “prezzo pagato” è assai alto ed è caratterizzato da un eccessivo affaticamento, specie nelle ore finali dei turni, e da un’attenzione notevolmente diminuita. La distribuzione statistica degli errori notturni ha un picco catastrofico nelle ore comprese tra le 4 e le 8 del mattino (14). Diversi studi mettono in risalto una probabilità circa 3 volte maggiore (rispetto ai lavoratori diurni) di sviluppare disturbi che appaiono meno gravi, ma sono sicuramente fastidiosi, quali diarrea, dolori addominali, epigastralgie ed eccessiva flatulenza. Tali fenomeni vengono messi in correlazione prevalentemente con l’inadeguata ed irregolare alimentazione dei soggetti che lavorino a turni (9). La Dottoressa Schernhammer sul Journal of the National Cancer Institute riporta i dati relativi a circa 80.000 lavoratrici osservate nel Nurses’ Health Study (15) Questi evidenziano un significativo incremento delle probabilità di sviluppare tumore al seno che appare proporzionale al periodo di “esposizione” ai turni di notte ( 1-15 anni, 16-29 anni, oltre i 30 anni) correlandolo alla perdita dell’azione oncostatica della melatonina (ridotta nei lavoratori a turni). Un recente dato che proviene dal sistema assicurativo danese ODC (Occupational Diseases Committee) pone in evidenza la rilevanza di studi che ritengono il turno di notte un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di tumori al seno.
Complessivamente circa un infermiere su 10 è vittima dell’aumento di mortalità dovuta al lavoro notturno.
Le donne che hanno lavorato fino a 14 anni hanno un rischio di morte del 19%.
Fino al 23% per chi ha lavorato con turni notturni per periodi maggiori di 15 anni.
La causa è dovuta ad una riduzione della produzione dell’ormone della melatonina. Nelle parole dei ricercatori si evidenzia che :“Alterare il ritmo circadiano riduce i livelli di melatonina secreti dall’organismo, la cui funzione oncoprotettrice è confermata da decenni di studi sull’uomo e sull’animale; la melatonina è un antiossidante che contrasta quei fenomeni di danneggiamento del DNA che possono portare allo sviluppo dei tumori»
EVITARE TURNI CHE INIZIANO ECCESSIVAMENTE PRESTO,
In caso di turni lunghi cercare di concedersi quante più pause ristoratrici per smaltire l’eccessivo stress e la fatica accumulata.
Mantenere i turni più regolari possibili CON UN ORGANIZZAZIONE del personale adeguata,
Smettere di fumare, mangiare meglio e fare attività fisica oltre a ridurre il rischio cardiologico e oncologico migliorano la qualità di vita e aiutano a gestire meglio i danni del lavoro notturno.
Non fare attività fisica prima di dormire.
Non mangiare prima di dormire, in caso si avverta fame durante il fine turno meglio assumere spuntini leggeri ed evitare di dormire a stomaco pieno, riduce la qualità del sonno.
Crea le condizioni di assoluto buio
Al rientro da un turno notturno, non esporsi alla luce del sole (inibisce la produzione di melatonina che oltre al rischio patologico regola il sonno) ma indossare occhiali da sole fino al raggiungimento del proprio domicilio.
Nella stanza da letto ci dovrebbe essere buio. L’intento è quella di stimolare la produzione di melatonina, inibita come già detto dalla luce (qualunque luce). Se possibile abbassare le persiane il giorno prima per ritrovare un ambiente buio e che favorisca il sonno.
Non usare tv, computer, smartphone, tablet e altri dispositivi elettronici (la luce, ricorda la luce 😉 ).
Crea le condizioni di assoluto silenzio
Chiedere ai famigliari di collaborare, chiedere di rispettare il silenzio per favorire il sonno.
In caso non si riesca a ridurre il rumore dovuto a fattori esterni (vicini, traffico, famigliari non collaboranti) acquistare ed utilizzare tappi per le orecchie.
Spegni il cellulare per evitare chiamate.
3. Rilassati prima se hai problemi a prendere sonno
Se lo stress accumulato è eccessivo e ti impedisce il riposo, stabilisci una routine piacevole che implichi per il tuo cervello un’associazione mentale con il sonno: leggere un libro, ascoltare musica o farsi un bagno caldo. Il cervello assocerà quella particolare attività ad un comando di innesco del sonno, in concreto è una specie di auto-ipnosi.
Seppur nella più assoluta irregolarità del turno, cerca di trovare e mantenere uno schema preciso di riposo. Ogni volta che torni dalla notte rispetta sempre gli orari di riposo che hai pianificato (sempre dalle 8:00 alle 15:00, sempre dalle 7:30 alle 15:30).
Prova a fare dei brevi sonnellini il pomeriggio prima della notte.
Il giorno che precede il turno notturno, vai a dormire un po’ più tardi e svegliati un po’ più tardi.
La IARC ha selezionato un gran numero di studi effettuati in tutto il mondo che hanno valutato gli effetti cancerogeni dei turni di lavoro notturni sull’uomo e sull’animale.
Gli studi caso-controllo più ampi e di più alta qualità hanno evidenziato associazioni positive tra il lavoro notturno e tumori della mammella, della prostata, del colon e del retto. Anche sulla base degli studi effettuati sugli animali, la IARC ha classificato i turni di notte come probabili cancerogeni per l’uomo (Gruppo2A). I meccanismi di cancerogenesi possono essere diversi e andranno studiati meglio ma coinvolgono certamente gli squilibri ormonali; l’alterazione dei naturali cicli circadiani può aumentare lo stress, indebolire l’organismo, favorire infiammazioni croniche e diminuire l’efficienza del sistema immunitario.
Non è pensabile l’eliminazione dei turni di notte ma è auspicabile un loro attento utilizzo limitandolo ad esempio a non più di 2 turni a settimana e per non più di qualche anno consecutivo.

contatti L’aumento dei turni notturni rispetto alla programmazione ordinaria,un ulteriore minaccia per la salute cardiovascolare,oncologica e degenerativi cognitivi.
Come affrontare il turno di notte.
la letteratura riguardante i danni riportati da medici e infermieri, di cui citiamo i riferimenti più significativi.
Per Czeisler e collaboratori, del dipartimento di medicina del sonno della Harward Medical School, i turni notturni prolungati sono associati ad un evidente e significativo aumento del rischio di procurarsi lesioni percutanee.
(6) Brown, dell’Università del Michigan, ha posto in evidenza un incremento percentuale del 4% di rischio di ictus ischemico ogni 5 anni di lavoro a turni con turni notturni (7).
Schernhammer e Laden dell’Università di Harvard sul Journal of the National Cancer Institute ci fanno scoprire come l’attività a turni con almeno tre turni notturni mensili per un periodo di 15 o più anni sia collegata ad una maggiore probabilità percentuale di sviluppare tumori del colon-retto del 35% rispetto ai lavoratori diurni.
Sempre nella stessa pubblicazione si evidenzia il il drammatico calo della produzione di
melatonina a partire dalla seconda settimana di innaturale esposizione a stimoli luminosi notturni e correlano a ciò l’aumentato rischio (8).
Olson ed Ambrogetti in una review sul Medical Journal of Australia hanno accentrato la loro attenzione sulle modificazioni ormonali e metaboliche, dipendenti dalla alterazione del ritmo circadiano conseguente alla turnistica notturna, ed hanno rilevato un sensibile aumento del rischio di sviluppare diabete mellito, obesità e cardiopatia ischemica. L’arretrato di sonno accumulato in casi di turni prolungati, secondo gli stessi autori, necessita di un riposo di almeno 48 ore per essere recuperato. In particolare vengono definiti come pericolosi quei turni che comprendano oltre la notte anche il mattino successivo od il pomeriggio senza alcun adeguato riposo intermedio. La review prosegue citando lo studio Helsinki Heart Study in cui veniva descritto un incremento del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari compreso tra il 40 ed il 50% rispetto ai lavoratori diurni (9).
Questo dato è sovrapponibile sia a quello ottenuto dal Nurse’s Health Study statunitense, che indica nel 51% la maggiorazione del rischio dopo soli 6 anni di lavoro con turni notturni. L’analisi elaborata da Kawaki e pubblicata su Circulation rileva un rischio maggiore del 21% entro i 6 anni di attività anche notturna e del 51% quando sia superato questo limite (10). Zheng e collaboratori della Yale University School of Medicine hanno dimostrato in medici che lavorano in terapie intensive, sottoposti a turni di lavoro prolungati e a lavoro notturno, un incremento di IL6 e della PCR che sono considerati markers biologici di infiammazione vascolare correlati ad eventi ischemici cerebrali e cardiaci (11).
Scheer del Dipartimento di Medicina del Sonno della Harvard Medical School ha posto in risalto la presenza di notevoli disturbi del sonno, con riduzione delle fasi REM, nei lavoratori a turni, con turni di notte, disturbi che tuttavia regredivano ritornando al lavoro diurno (12). Sempre associate ai disturbi, le mialgie talora anche molto importanti. In una review di Sleep sono riportati dati interessanti sui lavoratori coinvolti nei dipartimenti di emergenza, costretti spesso a dover prendere difficili decisioni terapeutiche con pazienti a rischio per la vita, relativi a disturbi della vita di relazione ed in specifico con i propri familiari sia per la “turnistica” in sé sia per una sorta di “deformazione professionale del pensiero” che sminuisce tutto ciò che non sia di “vitale importanza”. Sono sintomi caratteristici uno stato di affaticamento “cronico” comportante irritabilità, calo delle prestazioni e diminuita agilità mentale (16,17,18). La maggioranza degli studi evidenzia come, e qui il rimando specifico è al personale del comparto, spesso i lavoratori preferiscano settimane lavorative più brevi incrementando di conseguenza l’attività quotidiana sino a 12 e più ore. I test effettuati su questi stessi lavoratori rilevano, senza ombra di dubbio, che il “prezzo pagato” è assai alto ed è caratterizzato da un eccessivo affaticamento, specie nelle ore finali dei turni, e da un’attenzione notevolmente diminuita. La distribuzione statistica degli errori notturni ha un picco catastrofico nelle ore comprese tra le 4 e le 8 del mattino (14). Diversi studi mettono in risalto una probabilità circa 3 volte maggiore (rispetto ai lavoratori diurni) di sviluppare disturbi che appaiono meno gravi, ma sono sicuramente fastidiosi, quali diarrea, dolori addominali, epigastralgie ed eccessiva flatulenza. Tali fenomeni vengono messi in correlazione prevalentemente con l’inadeguata ed irregolare alimentazione dei soggetti che lavorino a turni (9). La Dottoressa Schernhammer sul Journal of the National Cancer Institute riporta i dati relativi a circa 80.000 lavoratrici osservate nel Nurses’ Health Study (15) Questi evidenziano un significativo incremento delle probabilità di sviluppare tumore al seno che appare proporzionale al periodo di “esposizione” ai turni di notte ( 1-15 anni, 16-29 anni, oltre i 30 anni) correlandolo alla perdita dell’azione oncostatica della melatonina (ridotta nei lavoratori a turni). Un recente dato che proviene dal sistema assicurativo danese ODC (Occupational Diseases Committee) pone in evidenza la rilevanza di studi che ritengono il turno di notte un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di tumori al seno.
Complessivamente circa un infermiere su 10 è vittima dell’aumento di mortalità dovuta al lavoro notturno.
Le donne che hanno lavorato fino a 14 anni hanno un rischio di morte del 19%.
Fino al 23% per chi ha lavorato con turni notturni per periodi maggiori di 15 anni.
La causa è dovuta ad una riduzione della produzione dell’ormone della melatonina. Nelle parole dei ricercatori si evidenzia che :“Alterare il ritmo circadiano riduce i livelli di melatonina secreti dall’organismo, la cui funzione oncoprotettrice è confermata da decenni di studi sull’uomo e sull’animale; la melatonina è un antiossidante che contrasta quei fenomeni di danneggiamento del DNA che possono portare allo sviluppo dei tumori»
EVITARE TURNI CHE INIZIANO ECCESSIVAMENTE PRESTO,
In caso di turni lunghi cercare di concedersi quante più pause ristoratrici per smaltire l’eccessivo stress e la fatica accumulata.
Mantenere i turni più regolari possibili CON UN ORGANIZZAZIONE del personale adeguata,
Smettere di fumare, mangiare meglio e fare attività fisica oltre a ridurre il rischio cardiologico e oncologico migliorano la qualità di vita e aiutano a gestire meglio i danni del lavoro notturno.
Non fare attività fisica prima di dormire.
Non mangiare prima di dormire, in caso si avverta fame durante il fine turno meglio assumere spuntini leggeri ed evitare di dormire a stomaco pieno, riduce la qualità del sonno.
Crea le condizioni di assoluto buio
Al rientro da un turno notturno, non esporsi alla luce del sole (inibisce la produzione di melatonina che oltre al rischio patologico regola il sonno) ma indossare occhiali da sole fino al raggiungimento del proprio domicilio.
Nella stanza da letto ci dovrebbe essere buio. L’intento è quella di stimolare la produzione di melatonina, inibita come già detto dalla luce (qualunque luce). Se possibile abbassare le persiane il giorno prima per ritrovare un ambiente buio e che favorisca il sonno.
Non usare tv, computer, smartphone, tablet e altri dispositivi elettronici (la luce, ricorda la luce 😉 ).
Crea le condizioni di assoluto silenzio
Chiedere ai famigliari di collaborare, chiedere di rispettare il silenzio per favorire il sonno.
In caso non si riesca a ridurre il rumore dovuto a fattori esterni (vicini, traffico, famigliari non collaboranti) acquistare ed utilizzare tappi per le orecchie.
Spegni il cellulare per evitare chiamate.
3. Rilassati prima se hai problemi a prendere sonno
Se lo stress accumulato è eccessivo e ti impedisce il riposo, stabilisci una routine piacevole che implichi per il tuo cervello un’associazione mentale con il sonno: leggere un libro, ascoltare musica o farsi un bagno caldo. Il cervello assocerà quella particolare attività ad un comando di innesco del sonno, in concreto è una specie di auto-ipnosi.
Seppur nella più assoluta irregolarità del turno, cerca di trovare e mantenere uno schema preciso di riposo. Ogni volta che torni dalla notte rispetta sempre gli orari di riposo che hai pianificato (sempre dalle 8:00 alle 15:00, sempre dalle 7:30 alle 15:30).
Prova a fare dei brevi sonnellini il pomeriggio prima della notte.
Il giorno che precede il turno notturno, vai a dormire un po’ più tardi e svegliati un po’ più tardi.
La IARC ha selezionato un gran numero di studi effettuati in tutto il mondo che hanno valutato gli effetti cancerogeni dei turni di lavoro notturni sull’uomo e sull’animale.
Gli studi caso-controllo più ampi e di più alta qualità hanno evidenziato associazioni positive tra il lavoro notturno e tumori della mammella, della prostata, del colon e del retto. Anche sulla base degli studi effettuati sugli animali, la IARC ha classificato i turni di notte come probabili cancerogeni per l’uomo (Gruppo2A). I meccanismi di cancerogenesi possono essere diversi e andranno studiati meglio ma coinvolgono certamente gli squilibri ormonali; l’alterazione dei naturali cicli circadiani può aumentare lo stress, indebolire l’organismo, favorire infiammazioni croniche e diminuire l’efficienza del sistema immunitario.
Non è pensabile l’eliminazione dei turni di notte ma è auspicabile un loro attento utilizzo limitandolo ad esempio a non più di 2 turni a settimana e per non più di qualche anno consecutivo.
Bibliografia
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American journal of