Oggi, chi fa un trapianto d’organo (di rene, cuore o fegato) ha il 90% di probabilità di stare bene a un anno dall’intervento chirurgico. I risultati a lungo termine (10/15 anni) non sono però così buoni.
Questo perché i farmaci antirigetto usati adesso hanno eliminato quasi del tutto il rigetto acuto (quello che si verifica entro un mese dal trapianto). Tuttavia questo tipo di farmaci non è in grado di contrastare quello che i medici chiamano rigetto cronico, ovvero una forma di danno progressivo all’organo che si manifesta negli anni e porta pian piano alla perdita della funzione del rene (o del cuore o del fegato). E così si deve fare un altro trapianto o, nel caso del rene, tornare alla dialisi.
I risultati delle ricerche condotte all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo, hanno dimostrato che è possibile evitare la crisi di rigetto dell’organo trapiantato senza dover somministrare farmaci. Si utilizza una terapia a base di cellule staminali, cioè cellule del midollo osseo capaci di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula di qualsiasi organo o tessuto.
Negli animali è stato, infatti, dimostrato che una singola iniezione di cellule staminali è in grado di evitare il rigetto del trapianto di cuore o di rene.
I promettenti risultati degli studi preclinici hanno aperto la strada alla sperimentazione nell’uomo. Il paziente protagonista è un ragazzo cremonese di trent’anni, primo paziente al mondo che abbia subito un trapianto di rene ben nove anni fa. All’interno del Dipartimento di Medicina Molecolare, nel Laboratorio di Immunologia del Trapianto, dove la Dr.ssa Federica Casiraghi sta conducendo studi clinici pilota basati sull’utilizzo di cellule mesenchimali stromali (MSC) in modelli sperimentali. Il suo team ha, infatti, scoperto che una sola infusione di MSC induce sopravvivenza indefinita del trapianto di cuore e di rene.
Questi studi, ancora in fase di sperimentazione, sono condotti in pazienti con trapianto di rene da donatore vivente o da donatore deceduto ed in pazienti con trapianto di fegato. L’iniezione riduce l’attività delle cellule del sistema immunitario, responsabili delle crisi di rigetto. La procedura è sicura, non comporta rischi per il paziente e ha sinora permesso di ridurre e in alcuni casi addirittura di sospendere le terapie con i farmaci antirigetto. Inizialmente lo studio prevedeva di trattare pochissimi pazienti per volta. Oggi sono in corso studi clinici di terapia cellulare con cellule staminali su un maggiore numero di pazienti con trapianto di rene e/o di fegato.
Lo scopo di questo studio è di ridurre l’uso dei farmaci antirigetto mediante:
nza assumere farmaci antirigetto grazie all’iniezione di cellule staminali.4
identificazione dei meccanismi d’azione delle cellule staminali
identificazione dei parametri immunologici
Solo in questo modo si riuscirà a stabilire se si è stati capaci di raggiungere uno stato di “tolleranza” al trapianto, cioè una buona funzione dell’organo trapiantato senza la necessità di assumere farmaci antirigetto.