Il lavoratore che invecchia viene definito dall’OMS con il termine ageing se ha superato i 45 anni e aged come lavoratore anziano se ha superato i 55 anni. I dati relativi agli ultimi anni dimostrano che i lavoratori in età avanzata costituiscono una parte crescente della forza lavoro, e di conseguenza la gestione della sicurezza sulla salute dei lavoratori è diventata prioritaria.
Tutti i contesti lavorativi necessitano di un’adeguata valutazione dei rischi, ma alcuni settori come agricoltura, edilizia e sanità, hanno bisogno di un rinnovo continuo: la sorveglianza sanitaria del medico competente e l’attenta stesura del piano di prevenzione sono fondamentali.
La struttura del mercato del lavoro dell’Unione Europea è cambiata significativamente dal 2010 al 2021. Uno degli aspetti rilevanti è la quota crescente di occupati di età compresa tra 55 e 64 anni, gruppo che nel 2010 rappresentava il 12,5% del totale degli occupati (15 – 64 anni), salendo al 19,0% nel 2021. Questi dati, dettati dalla difficoltà dei giovani di insediarsi nel mondo del lavoro, non vanno trascurati.
L’“Invecchiamento della popolazione attiva”, rappresenta un problema sulla sicurezza se gestita in modo improprio; infatti con l’avanzare dell’età si riducono alcune capacità individuali, principalmente fisiche e sensoriali, e si vedono aumentare le malattie croniche, come i tumori e i disturbi muscolo-scheletrici, spesso favoriti dalla pregressa esposizione.
Le malattie correlate all’attività lavorativa, aumentano progressivamente con l’aumentare dell’età e naturalmente i lavoratori anziani diventano più vulnerabili. Tali dati possono essere contrastati solo con un’accurata analisi delle problematiche lavorative e con la valutazione dell’efficacia di tutte quelle attività atte a prevenire e contribuire ad identificare i rischi, che richiedono particolare attenzione in termini di sorveglianza sanitaria e vigilanza.
Occorre anche evidenziare che circa un terzo dei soggetti di età 62-67 anni, riferisce di avere limitazioni funzionali e di soffrire di almeno una patologia fisica o mentale. Quindi da una parte i rischi lavorativi sono più o meno analoghi in ogni lavoratore adulto, dall’altra si modificano gradualmente le condizioni psico-fisiche, anche se non in eguale misura tra persone e generi in modo soggettivo
Tutto ciò, espone i lavoratori maturi a due effetti: l’aumento dell’esposizione ai rischi lavorativi e alle conseguenze ad essi connessi e ad una riduzione del proprio livello di produttività con conseguente esposizione a pressioni per anticipare la pensione, ridurre l’orario lavorativo, assentarsi e così via. Un altro problema riguarda le capacità aziendali Anche perché è stato stimato che la maggior parte delle imprese non avranno sufficienti risorse finanziarie per adattare le condizioni di lavoro ad un gran numero di lavoratori con limitazioni funzionali o con malattie croniche.
L’unica soluzione su cui si può procedere verso l’effettiva costruzione di “posti di lavoro salutari per ogni età”, è la valutazione dei rischi specifica per età tramite interventi di promozione, incentivazione e controllo; vanno gestite le “diverse età” sul lavoro individuando mansioni e condizioni atte in generale ai lavoratori più anziani – affrontando concretamente ed efficacemente i problemi dell’anziano che risulti parzialmente idoneo o non più idoneo alla sua mansione in età precedente il pensionamento. Tutto ciò è fondamentale per ridurre i fattori di rischio, come indicato anche dal D.lgs. 81/2008.
Tutto questo deve mirare ad assicurare un equilibrio tra la prestazione lavorativa richiesta e le capacità individuali del lavoratore. Gli studi di questi anni dimostrano che, se viene mantenuto tale equilibrio, i lavoratori più anziani non hanno maggiori assenze per malattia o maggiori infortuni rispetto ai giovani.
Redazione NurseNews.eu